Una buona idea di Roberto Curci è stata pubblicata oggi sul Piccolo.
Siamo pienamente d' accordo con lo spirito dell' articolo che riproduciamo sotto, tanto che nel nostro piccolo come Limes Club Trieste abbiamo iniziato a proporre i temi della geopolitica a Trieste che ha risposto molto bene.
Noi ci stiamo !
Il Piccolo 6/10/2017
A Trieste il festival “Geopolis”
Il rilancio dell’identità culturale della città può avvenire grazie alla geografia
di ROBERTO CURCI
Assai raramente i cosiddetti dibattiti giornalistici, specie
in ambito culturale (recente quello sulla presunta eclissi della Trieste
letteraria), non si riducono a una sequenza di “opinioni”, talora
autoreferenziali e spesso purtroppo sterili.
Ma l’intervento di Renzo S. Crivelli (“Strategia culturale per Trieste”, lunedì 30 ottobre), sensatissimo e totalmente condivisibile, mi induce a rompere una tantum un lungo silenzio. Crivelli lamenta e deplora ciò che è sotto gli occhi di tutti coloro che possono e vogliono vedere: che la Trieste attualmente in fase di notevole incremento turistico, è in realtà, al di là delle sue bellezze naturali, architettoniche e urbanistiche, una città priva di autentica identità, di un quid che la rappresenti con forza attrattiva e incrementi quell’effetto-calamita che da un po’ essa indubbiamente esercita.
A mio parere non bastano le etichette di “città della Barcolana”, di “città della scienza” o di “città del caffè” a consentire a Trieste quella “marcia in più” che le compete e che si merita, al netto del fascino persistente e incancellabile di un passato fatto di molte luci (letterarie e artistiche soprattutto) ma anche delle molte ombre di una storia travagliata. Poiché i reiterati appelli a fare squadra, o a fare sistema, affinché la città sappia trovare il colpo d’ala che le manca e a decollare davvero (non ce ne vogliano gli infaticabili organizzatori della Barcolana…) sono sistematicamente destinati all’indifferenza o, peggio, a un’infastidita ostilità; e siccome le esortazioni degli uomini di buona volontà scontano, comunque, la loro genericità e vaghezza, oso formulare una proposta concretissima, certamente opinabile ma quanto meno inedita, ancorché – a ben vedere – facilmente prevedibile (della serie: bastava pensarci).
Ignoro quante persone si siano rese conto, negli ultimi anni, del crescente e spesso travolgente successo (sotto molti aspetti: culturale, sociale, turistico, economico) delle iniziative escogitate dalle amministrazioni di città e cittadine del Belpaese proprio per darsi una ben definita e riconoscibile identità. Parlo dei cosiddetti Festival, che dopo la prima esperienza di Mantovaletteratura, a tutt’oggi fortunatissima, si sono diffusi quasi a macchia d’olio: Festival della scienza a Genova, della mente a Sarzana, della filosofia a Modena, Carpi e Sassuolo, dell’energia a Milano, del giornalismo a Perugia, della comunicazione a Camogli, dei saperi a Pavia, della creatività a Firenze… E ben sappiamo che, a due o a quattro passi da noi, Gorizia ha saputo darsi l’eccellente èStoria e Pordenone l’altrettanto importante Pordenonelegge. Qualcuno già dirà: ma che idea geniale! Un altro Festival! Come non bastasse Next, per dire; o Link; o Olio Capitale… D’accordo, c’è poco di geniale nell’idea, ma forse c’è un pizzico di novità nel tema suggerito.
E questo tema (finora inutilizzato altrove) è la geografia e la geopolitica.
Mi domando, e giro la domanda: quale città più di Trieste può aspirare a diventare una “capitale morale” della geografia?
Per ripetere cose arcinote e perfino troppo spesso sottolineate, questa città situata a un cruciale incrocio tra Nord e Sud (la Mitteleuropa e il Mediterraneo) e tra Est e Ovest (il mondo slavo e l’Europa “neolatina”), è sembrata e continua a sembrare a chi la sappia appena annusare uno snodo di civiltà e di culture, di lingue e di religioni forse senza pari, almeno in Europa.
In tempi di nuove mappe e nuove tecnologie, di confini divenuti flessibili e spesso labili, di conflittualità territoriali capaci di ridisegnare drasticamente le vecchie carte geografiche, una manifestazione annuale che su questi temi (e su tanti altri affini) rifletta e dibatta, approfondendo di volta in volta i molteplici aspetti del problematico ventaglio che il tumultuoso evolversi della storia e della politica del terzo millennio sta producendo, con mutamenti imprevedibili e spesso drammatici sia dei vari assetti nazionali sia del complessivo quadro strategico europeo, mediorientale e dell’Africa centro-settentrionale, costituirebbe un evento di elevato spessore e di altrettanto elevata attualità e potenzialità attrattiva, suscettibile com’è di essere declinato in decine di possibili sfaccettature tematiche.
Col contributo di studiosi di varia estrazione (penso soltanto al coinvolgimento di realtà non solo editoriali quali “Limes” e “National Geographic” e alla lunga lista di esperti già identificabili), sarebbe ciò che a Trieste ancora manca: un marchio identitario, un’occasione di riconoscimento internazionale. «Trieste? Ah sì, quella della geografia».
“Geopolis”, appunto, anche per esorcizzare lo spettro di quella “Necropolis” evocata dai sacrosanti detrattori della città immobilista o dormiente. Un progetto certamente complesso e ambizioso, attorno al quale – stavolta sì – occorrerebbe fare squadra, o sistema.
Ma presto: prima che ci pensi qualcun altro!
Ma l’intervento di Renzo S. Crivelli (“Strategia culturale per Trieste”, lunedì 30 ottobre), sensatissimo e totalmente condivisibile, mi induce a rompere una tantum un lungo silenzio. Crivelli lamenta e deplora ciò che è sotto gli occhi di tutti coloro che possono e vogliono vedere: che la Trieste attualmente in fase di notevole incremento turistico, è in realtà, al di là delle sue bellezze naturali, architettoniche e urbanistiche, una città priva di autentica identità, di un quid che la rappresenti con forza attrattiva e incrementi quell’effetto-calamita che da un po’ essa indubbiamente esercita.
A mio parere non bastano le etichette di “città della Barcolana”, di “città della scienza” o di “città del caffè” a consentire a Trieste quella “marcia in più” che le compete e che si merita, al netto del fascino persistente e incancellabile di un passato fatto di molte luci (letterarie e artistiche soprattutto) ma anche delle molte ombre di una storia travagliata. Poiché i reiterati appelli a fare squadra, o a fare sistema, affinché la città sappia trovare il colpo d’ala che le manca e a decollare davvero (non ce ne vogliano gli infaticabili organizzatori della Barcolana…) sono sistematicamente destinati all’indifferenza o, peggio, a un’infastidita ostilità; e siccome le esortazioni degli uomini di buona volontà scontano, comunque, la loro genericità e vaghezza, oso formulare una proposta concretissima, certamente opinabile ma quanto meno inedita, ancorché – a ben vedere – facilmente prevedibile (della serie: bastava pensarci).
Ignoro quante persone si siano rese conto, negli ultimi anni, del crescente e spesso travolgente successo (sotto molti aspetti: culturale, sociale, turistico, economico) delle iniziative escogitate dalle amministrazioni di città e cittadine del Belpaese proprio per darsi una ben definita e riconoscibile identità. Parlo dei cosiddetti Festival, che dopo la prima esperienza di Mantovaletteratura, a tutt’oggi fortunatissima, si sono diffusi quasi a macchia d’olio: Festival della scienza a Genova, della mente a Sarzana, della filosofia a Modena, Carpi e Sassuolo, dell’energia a Milano, del giornalismo a Perugia, della comunicazione a Camogli, dei saperi a Pavia, della creatività a Firenze… E ben sappiamo che, a due o a quattro passi da noi, Gorizia ha saputo darsi l’eccellente èStoria e Pordenone l’altrettanto importante Pordenonelegge. Qualcuno già dirà: ma che idea geniale! Un altro Festival! Come non bastasse Next, per dire; o Link; o Olio Capitale… D’accordo, c’è poco di geniale nell’idea, ma forse c’è un pizzico di novità nel tema suggerito.
E questo tema (finora inutilizzato altrove) è la geografia e la geopolitica.
Mi domando, e giro la domanda: quale città più di Trieste può aspirare a diventare una “capitale morale” della geografia?
Per ripetere cose arcinote e perfino troppo spesso sottolineate, questa città situata a un cruciale incrocio tra Nord e Sud (la Mitteleuropa e il Mediterraneo) e tra Est e Ovest (il mondo slavo e l’Europa “neolatina”), è sembrata e continua a sembrare a chi la sappia appena annusare uno snodo di civiltà e di culture, di lingue e di religioni forse senza pari, almeno in Europa.
In tempi di nuove mappe e nuove tecnologie, di confini divenuti flessibili e spesso labili, di conflittualità territoriali capaci di ridisegnare drasticamente le vecchie carte geografiche, una manifestazione annuale che su questi temi (e su tanti altri affini) rifletta e dibatta, approfondendo di volta in volta i molteplici aspetti del problematico ventaglio che il tumultuoso evolversi della storia e della politica del terzo millennio sta producendo, con mutamenti imprevedibili e spesso drammatici sia dei vari assetti nazionali sia del complessivo quadro strategico europeo, mediorientale e dell’Africa centro-settentrionale, costituirebbe un evento di elevato spessore e di altrettanto elevata attualità e potenzialità attrattiva, suscettibile com’è di essere declinato in decine di possibili sfaccettature tematiche.
Col contributo di studiosi di varia estrazione (penso soltanto al coinvolgimento di realtà non solo editoriali quali “Limes” e “National Geographic” e alla lunga lista di esperti già identificabili), sarebbe ciò che a Trieste ancora manca: un marchio identitario, un’occasione di riconoscimento internazionale. «Trieste? Ah sì, quella della geografia».
“Geopolis”, appunto, anche per esorcizzare lo spettro di quella “Necropolis” evocata dai sacrosanti detrattori della città immobilista o dormiente. Un progetto certamente complesso e ambizioso, attorno al quale – stavolta sì – occorrerebbe fare squadra, o sistema.
Ma presto: prima che ci pensi qualcun altro!
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