DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

sabato 8 agosto 2020

IL DESTINO DELL' ITALIA E' LEGATO ALLA GERMANIA - Perchè la Germania prova a a salvare l' Italia e a costringerla a costruire uno Stato vero. Articolo di Lucio Caracciolo su Limes On Line

 Con il Recovery Fund possono arrivare a Roma oltre 200 miliardi. Intanto è già arrivato un messaggio chiarissimo da Berlino: vi salviamo, ma è l’ultima volta.

di Lucio Caracciolo

Il destino dell’Italia è legato alla Germania.

Il “vincolo esterno” sancito quasi trent’anni fa a Maastricht, quando Andreotti e Carli stabilirono che l’Italia non era in grado di governarsi da sé e si affidava quindi all’Unione Europea, è oggi vincolo tedesco. Senza virgolette.

La scelta di Angela Merkel a favore del salvataggio dell’Italia via colossale Recovery Fund garantito dalla reputazione tedesca sui mercati è evento di cui non abbiamo pienamente colto il senso. Svolta paragonabile a quella compiuta alla fine degli anni Novanta da Helmut Kohl, quando contro la Bundesbank e la netta maggioranza dei suoi elettori volle l’Italia subito nell’euro. Solo che stavolta non ci sarà appello.

Perché questa decisione tedesca? Quali conseguenze per noi? Alla prima domanda risponde un sillogismo.

L’interesse nazionale tedesco consiste nel salvare ciò che resta dell’architettura europea. Questa oggi non si salva se l’Italia affonda. L’Eurozona concepita dalla Francia e dall’Italia per punire la Germania, colpevole di essersi riunificata, con la cessione del marco e del primato della Bundesbank in Europa, è stata rovesciata da Berlino nel suo opposto: meccanismo per sostenere l’economia germanica – parte integrante della stessa identità tedesco-federale – fondata su una moneta stabile ma non troppo forte e sul formidabile surplus commerciale, subìto dagli eurosoci in omaggio ai rapporti di forza non certo alle “regole”. Per la Germania vestire con i colori europei gli interessi propri resta dogma. Come tutti i dogmi, non eterno. Specie nella patria di Lutero. E in tempi di epidemia virale.

Allo stesso tempo, le dimensioni economiche, geopolitiche e simboliche dell’Italia – più rilevanti di quanto spesso immaginiamo – sono tali da convincere i nostri partner più importanti a non cedere alla tentazione di lasciarci andare alla deriva. Pena la crisi probabilmente finale dell’improbabile costruzione comunitaria, sempre più divisa al suo interno. Si aggiunga che il Nord Italia è allo stesso tempo area nazionale più colpita dal Covid-19 e pregiata parte integrante della catena tedesca del valore, ed ecco spiegata la scelta di Merkel. Disposta per questo a scontrarsi frontalmente con austriaci, olandesi e altri sedicenti (senza vergogna) “frugali”, a loro volta insofferenti del monopolio tedesco – temperato dal socio francese – nella gestione geoeconomica dell’Ue. 

 

Se a Bruxelles lo scontro fosse stato fra Italia e Olanda coperta dai tedeschi, avremmo straperso.Non abbiamo certo stravinto, ma evitato il collasso immediato sì. L’errore più grave sarebbe illuderci di avere ottenuto un salvacondotto senza limiti di tempo. In quel caso il collasso, nemmeno troppo lontano, sarebbe inevitabile. Con grave scorno della Germania. E con effetti imprevedibili su scala europea e mondiale.

Il messaggio di Berlino è chiaro: ci siamo giocati la reputazione per salvarvi, ma è l’ultima volta. Vi abbiamo messo in mano un sacco che può contenere fino a 209 miliardi (forse 5 o 6 in più), ma quanti davvero ne troverete dentro dipende da voi (quindi da noi). Non è pesca miracolosa. In chiaro: a parte qualche anticipo nei prossimi mesi, il grosso non arriverà prima di un anno, salvo spalmarsi per un altro biennio circa. Ma arriverà solo se produrrete progetti credibili e dimostrerete di sapere spendere utilmente tanto denaro. Con i “frugali” e altri pronti a scendere in campo al primo vostro segno di incertezza, per azionare in un modo o nell’altro – anche contro le intese stipulate – tutti i freni d’emergenza disponibili.

Obiettivo finale, dettagliatamente studiato da tempo: espellere l’Italia ed altri “mediterranei” dall’euro. Anche correndo il rischio del collasso sistemico, che comunque avverrebbe per comprovata inaffidabilità degli italiani: meglio una fine orribile (vostra) dell’orrore senza fine (nostro). Noi non vi salveremo più perché dovremo salvare noi stessi.

Sguardo freddo e analisi dei nostri precedenti dovrebbero bastare a convincere tutti gli italiani che nel nostro non esclusivo interesse conviene vedere il gioco aperto dalla Germania e dalla Francia, al quale dobbiamo e possiamo partecipare attivamente. Per servircene. In ultima analisi, si tratta di fare – non riformare – lo Stato efficiente, autorevole e adeguatamente centralizzato di cui il paese non è riuscito a dotarsi. Non inganniamoci: a istituzioni costanti è impossibile qualsiasi politica economica sensata, certo invece l’assalto alla diligenza, salvo presto scoprirla vuota. Ci vorranno molti anni per cambiare sul serio, ma se nei prossimi mesi non faremo i primi, visibili passi, non ci sarà lasciato il tempo di progredire.

Siamo costretti a costruire in corsa lo Stato capace di reggere la scommessa. Consapevoli di quanto valiamo, soprattutto di quanto potremmo valere in caso di successo. Abbiamo un potere di contrattazione alto – a saperlo usare con la necessaria durezza – e un’occasione irripetibile. Emanciparci dall’autoflagellazione e dedicarci alla fattiva ricostruzione del paese grazie a istituzioni sufficientemente funzionali, sapendo che dopo il vincolo tedesco non ce ne saranno altri, è l’ordine del giorno. Uno Stato italiano vero è urgente necessità.

Alternativa? La bancarotta, non solo finanziaria. E nel contesto geopolitico e socioeconomico corrente, difficile che toccando il fondo si possa risalire.