Ieri 29 novembre Il Piccolo ha pubblicato un interessante articolo di Mauro Manzin sulla situazione dei Balcani sulla quale non vi è sufficiente attenzione e intervento dell' Europa.
Inutile ricordare quanto le vicende dei Balcani si riverberino su Trieste non solo per motivi di vicinanza ma anche per questioni geopolitiche e infrastrutturali.
Ad esempio la progettata nuova linea ferroviaria veloce che nelle intenzioni della Cina dovrebbe collegare il porto del Pireo, controllato dalla cinese Cosco, a Budapest nel cuore dell' Europa Centrale bypassando i porti l' Alto Adriatico, subirebbe certamente contraccolpi negativi da un riaccendersi delle tensioni balcaniche.
Per chi non avesse potuto leggere l' articolo lo pubblichiamo qui di seguito:
I BALCANI E IL FUOCO CHE COVA SOTTO LA CENERE
di Mauro Manzin
C’è del marcio nei Balcani, di cui l’Europa non avverte il forte odore assolutista che lo permea e di cui gli Stati Uniti hanno solo un vago sentore, ma che il super io di Donald Trump relega al disinteresse vero o tattico che sia.
I PROGETTI UE
Il progetto di Bruxelles di allargamento nei Balcani occidentali sta fortemente traballando perché nella regione si sta diffondendo la certezza che stia collassando il tentativo di creare un ordine basato sulle regole, rinforzando così di fatto la sfaccitaggine delle élite locali nei confronti di Ue e Usa. Una strategia per “impressionare” anche i nuovi interlocutori dell’area come Russia, Cina, Turchia e monarchie del Golfo. Facciamo solo tre casi: dazi doganali in Kosovo, fuga dell’ex premier macedone Gruevski in Ungheria (Paese Ue) e la presidenza del serbo Dodik in Bosnia. E, come scrive anche il politologo Jasmin Mujanović, i tre fatti sopra elencati sono solo in apparenza slegati tra di loro. Fatti che si inseriscono bene nella crisi più ampia del liberalismo occidentale iniziata con l’aggressione di Putin all’Ucraina, proseguita con la Brexit e conclusa dall’unilateralismo reazionario di Trump. I Balcani occidentali, comunque, non sono solo le vittime di tali eventi, ma sono abili manipolatori degli stessi per volgerli a proprio vantaggio. La fuga di Gruevski in Ungheria alla vigilia della sua carcerazione e l’asilo politico concesso all’ex premier di Skopje da Budapest coinvolge direttamente anche Bruxelles che si trova di fronte a una palese violazione dello Stato di diritto della Macedonia. E se Gruevski dovesse restare in Ungheria questo sarà un duro colpo alla credibilità Ue nella regione. Il Kosovo, sull’orlo della disperazione, ha innalzato del 100% i dazi per i prodotti serbi in risposta al blocco del suo ingresso nell’Interpol e contemporaneamente ha spalancato a Sud i confini a Tirana materializzando di fatto lo spettro della Grande Albania. O l’Ue decide di agire in modo equo, preparandosi così a incorrere anche nell’ira di qualcuno che agisce in malafede, oppure fingendo l’ignoranza di quanto sta accadendo vedrà la propria credibilità frantumata nei confronti di tutte le parti coinvolte. L’ultima provocazione è quella del neoeletto presidente Milorad Dodik alla presidenza collegiale bosniaca. Il leader della Republika srpska (entità della Bosnia secondo gli accordi di Dayton del 1995) ha dichiarato che in qualità di presidente di turno del Paese viaggerà col passaporto serbo. Potrebbe sembrare un colpo di teatro, invece altro non è se non l’ulteriore tassello del suo tentativo di instaurare a Banja Luka il governo del partito unico serbo puntando così a una modifica della Costituzione dell’entità, a militarizzare la polizia, a reclutare paramilitari addestrati in Russia, come conferma lo stesso Mujanović, e creare strutture di sicurezza parallele mantenendo forti legami politici e diplomatici con Serbia, Russia ma anche con territori occupati come l’Ossezia del Sud.
NON SOLO GIOCHETTI
Solo giochi? No, semplicemente i prodromi per la secessione. Il tutto mentre l’Ue non vede o non vuole vedere, l’Usa regala armi alla Croazia e lo stesso fa Mosca con la Serbia che vuole, a parole, diventare una stella d’Europa, ma contemporaneamente sbatte la porta in faccia alla Nato predicando un sospetto non-allineamento sulle orme di quello che fu il paradigma della politica internazionale del maresciallo Tito. Quanta Europa c’è in tutto questo? Quanto gli Usa ci sono o ci fanno? 23 anni dopo Dayton i Balcani occidentali tornano a essere carichi di dinamite e basta l’ultranazionalista di turno (ne navigano molti in questi tempi) ad accendere la miccia. –