Trieste nuovamente sotto il riflettore internazionale
L’Huffinghton Post Italia ci ha dedicato due articoli esaltando la” Via del Cotone” e spiegando i dettagli
delle manovre in atto e informando della venuta a Trieste non solo di esponenti
dell’ Atlantic Council americano ma
anche del potentissimo Heritage Foundation.
Inside Over, specializzato in questioni
militari, ha annunciato che il primo
accordo appena siglato da Francesco
Maria Talò come inviato speciale per l’ Imec “Via del
Cotone” è di natura militare: la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio,
la Difesa e la Sicurezza e la Society of Indian Defence Manufacturers hanno
firmato a Roma un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione nel settore
Difesa. L’obiettivo del memorandum è quello di rafforzare la collaborazione tra le industrie della difesa d’ Italia e India. Se si tratta di commercio è solo commercio di ARMI,
confermando quanto sosteniamo da tempo: Via
del Cotone e Trimarium sono
progetti di natura strategico militare spacciati per iniziative economiche per tranquillizzare
l’opinione pubblica.
Questo è l’ unico accordo concreto
della fantasticata Via del Cotone, che qualcuno chiama “Via dell’ Oro” per
mistificare ulteriormente, visto che NON ci sono né finanziamenti, né progetti
concreti ma solo suggestioni confezionate a Washington.
L’Huffinghton
Post ha pubblicato anche un intervista a Kaush Arha che è il funzionario degli
apparati securitari americani che ha dato l’avvio al coinvolgimento triestino
venendo nella nostra città il giugno scorso. Arha, è “senior fellow” dell’ Atlantic Council, “senior advisor” per l'impegno strategico dell’USAID, l’agenzia d’influenza americana, appena
sospesa perchè balzata in questi giorni agli onori della cronaca internazionale
per le azioni di condizionamento all’estero, dove ha guidato il quadro globale
dell'agenzia per contrastare le “azioni maligne” degli avversari degli Stati
Uniti.
Sgomenta apprendere che, insieme al
suo accompagnatore Roa del National Interest, entrambi americani che non
parlano una parola d’ italiano, siede nel board del Trieste Summit, organizzazione
formata da 12 imprenditori portuali di Trieste. Arha , ha presieduto il loro convegno "Trieste
gateway of Imec (Via del Cotone)" alla Stazione Marittima di Trieste.
Riportiamo sotto
gli articoli citati che confermano in pieno quelli già pubblicati da noi fin
dall’ agosto 2024.
Per non dover ripetere i medesimi
contenuti invitiamo chi volesse approfondire la complessa tematica a consultare
i due libri di Paolo Deganutti:“Trieste porto franco
internazionale o bastione militare della Nato?” e “Trieste e la guerra per le rotte commerciali
mediorientali e per l’Istmo d’Europa” le cui tesi sono pienamente confermate dallo
sviluppo degli eventi.
1) HUFFINGTON POST
Trieste caput mundi. Trump, Cina e India: le mani
delle potenze sul porto. Una business spy story
di Giulio Ucciero
Attorno allo scalo giuliano si gioca un
bel pezzo di leadership commerciale. Trump e i suoi lo vogliono come terminale
della via del Cotone, che porta merci da Mumbai fino alla mittel-Europa
passando per i paesi arabi. Pechino lo voleva per la sua via della Seta mentre
Orbàn se n'è preso un pezzo. La pressione dei trumpiani su FdI e Tajani.
Intrighi e cordate nella città di frontiera
18 Aprile
2025 Aggiornato alle 19:00
·
Ai tavolini del caffè degli Specchi in piazza dell’Unità a Trieste il
dialetto locale, lo sloveno e il tedesco spesso si intrecciano. In questi
ultimi mesi, però, un accento rumoreggia più di altri: quello americano:
potreste tranquillamente inciampare in emissari di Washington impegnati a
dialogare con politici locali e analisti geopolitici di fama internazionale.
Siete nel punto d’arrivo della via del Cotone, il corridoio economico tra
India, Medio Oriente ed Europa (IMEC), di cui anche Giorgia Meloni e Donald
Trump hanno discusso ieri alla Casa Bianca. Non stupitevi dell’interesse
statunitense per quella che talvolta bolliamo come città di confine: Trieste e
il suo porto sono al centro non di una spy story, ma di tensioni geopolitiche
tra grandi potenze. Le mire cinesi con la Belt and Road initiative, l’impegno
di think tank americani come l’Heritage e l’Atlantic council, l’ingresso in città
degli ungheresi, il traffico commerciale verso la Germania e i parlamentari
italiani che volano in India: il via-vai triestino è incessante.
Un paio di mesi fa James Carafano era nel capoluogo giuliano. E’ il
vicepresidente dell’ Heritage Foundation, potentissimo centro studi
conservatore, nonché ispiratore del discusso Project 2025. Carafano prima è
stato a Roma nel gennaio scorso per un evento in Senato e anche lì aveva
ricordato di avere “tanti amici a Trieste”. Un interesse non isolato, che
ritroviamo nell’intervista rilasciata ad HuffPost da Kaush Arha,
in cui ha suggerito a Meloni di dire a Trump: “Presidente, voglio che lei venga
in Italia, a Trieste, e inauguri la nuova Golden Road che da qui raggiunge
l'India”.
Arha fa parte dell’Atlantic Council, ascoltatissimo think tank
repubblicano, ma è stato anche membro della prima amministrazione Trump. Il suo
riferimento a Trieste non è scontato. E’ un martellante richiamo ai movimenti
commerciali e geopolitici che si muovono sottotraccia. E che vedono una rete di
organizzazioni internazionali e italiane alla finestra. Un paio di mesi fa
Carafano e Arha hanno partecipato a un convegno del centro studi Machiavelli
sul tema dell’IMEC. Il Machiavelli orbita in area leghista; un referente
importante di quel mondo è Guglielmo Picchi, ex sottosegretario agli esteri
durante il governo Conte I. Come del Carroccio è Marco Dreosto, senatore
friulano e responsabile della Lega in regione. Non è un caso quindi che lo
stesso Dreosto nel novembre del 2024 sia volato a New Delhi per prendere
contatti con le controparti indiane.
Dreosto, Arha e altre personalità come Carlos Roa del Danube Institute di
Budapest, siedono nel board del Trieste Summit, l’organizzazione degli
imprenditori della città. Un mix di esperienze locali e internazionali, che
sotto l’ala statunitense da qualche mese stanno spingendo sul dossier IMEC e
quindi su Trieste.
La squadra, però, non sarebbe completa senza quello che molti definiscono
come il più strenuo e autorevole sostenitore dell’iniziativa all’interno del
parlamento italiano. L’ex ministro degli Esteri e ambasciatore Giulio Terzi di
Sant’Agata, tra le altre cose, è presidente del gruppo di amicizia parlamentare
Italia-India e più volte ha ribadito la centralità di Trieste nell’impianto
commerciale che partirà, nei piani, dall’harbour di Mumbai. “Il timing c’è, la
stabilità e la credibilità politica del governo Meloni possono fare la
differenza in questa partita”, ha scritto il senatore di Fratelli d'Italia sul
Messaggero, sostenendo che Trieste è “la nostra carta vincente”.
Con Terzi, la “squadra triestina” è quasi al completo. Non va infatti
dimenticata l’attenzione posta da un altro attento think tank italiano: Nazione
Futura di Francesco Giubilei. Giubilei, oltre ad aver rapporti con l’Heritage,
oggi ha scritto dell’IMEC sul Giornale e nel suo articolo, ha citato Vas
Shenoy, chief representative per l’Italia della Camera di commercio indiana:
“Le merci impiegheranno il 40% in meno e costeranno il 30% in meno”, spiega il
rappresentante. Shenoy, ci viene spiegato, ha tessuto ottimi rapporti a Roma e
a Trieste; anche lui gioca da protagonista in questo intreccio geopolitico.
La massima certificazione della rinnovata spinta al progetto, iniziato da
Joe Biden e confermato da Donald Trump, è arrivata oggi dall’amministrazione
americana. Alla Casa Bianca, Trump ha confermato di aver discusso con la
premier Giorgia Meloni dell’IMEC, come spiega la dichiarazione congiunta dei
due leader: "Gli Stati Uniti e l'Italia lavoreranno insieme per sviluppare
il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, uno dei più grandi progetti
di integrazione economica e connettività di questo secolo, che collegherà i
partner tramite porti, ferrovie e cavi sottomarini e stimolerà lo sviluppo
economico e l'integrazione dall'India, al Golfo, a Israele, all'Italia e fino
agli Stati Uniti. Seguendo l'esempio del successo dell'approccio degli Accordi
di Abramo del presidente Trump, gli Stati Uniti e l'Italia coopereranno su
progetti infrastrutturali cruciali e valuteranno la possibilità di sfruttare il
potenziale del Piano Mattei".
Non una sorpresa, visto che dopo la visita di Giorgia Meloni a Washington,
la premier ha appena incontrato a Roma il vicepresidente americano J.D. Vance.
E proprio Vance, dopo la Pasqua italiana, volerà a New Delhi per incontrare il
governo indiano. Sul tavolo, non c’è dubbio, sarà ingombrante il dossier sulla
via dell’Oro che proprio nell’India ha il suo punto d’inizio, anche e
soprattutto in funzione anti-cinese.
Per capire l’eccezionalità di tutti questi movimenti, occorre tornare
indietro di qualche anno. Il dossier IMEC è sul tavolo di Palazzo Chigi da un
po’ di tempo. Almeno dal 9 settembre 2023, quando al G20 guidato dall’India
alcuni Paesi hanno firmato un memorandum d’intesa ufficiale. Parliamo dei
governi di Francia, Germania, Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita,
la Commissione europea, ovviamente l’India e l’Italia. Il contenuto dell’intesa
recupera la “Partnership for global infrastructure and investment” che già nel
2022 immaginava una spesa da 600 miliardi di dollari. Risorse per strade,
ponti, ferrovie. Un gigantesco piano che oggi prende il nome appunto di IMEC o,
nella vulgata mediatica, di via del Cotone o nuova via dell’Oro.
L’IMEC nasce per scopi commerciali ma soprattutto geopolitici. È la
risposta dell’amministrazione Biden e ora Trump alla Belt and Road Initiative,
la via della Seta cinese. Il soft (e hard) power cinese comprensibilmente
terrorizza l’Occidente: i governi africani, asiatici ed europei subiscono il
fascino (economico) del Dragone, l’America non può stare a guardare.
Il governo italiano ha accettato la complicata sfida. Così, prima della visita
di Antonio Tajani in India, dove si è discusso anche di IMEC, il ministro ha
nominato l’inviato dell’esecutivo per l’IMEC: un paio di settimane fa il Tajani
ha annunciato in Parlamento la nomina di Francesco Talo’, ambasciatore ed ex
consigliere diplomatico di Giorgia Meloni, come emissario italiano per la nuova
via del Conte. Talo’ dovrà far da spola tra l’India e gli altri partner
dell’iniziativa, tra cui gli Stati Uniti. Un compito non facile, quanto
necessario. Anche perché già la Francia, che vuole giocare un ruolo da
protagonista con il porto di Marsiglia, quanto la Grecia, che con il Pireo
sotto le mire cinese e Salonicco è alla finestra, avevano già indicato un loro
referente.
Questo il progetto: la rotta parte dai terminal di Mumbai, la megalopoli
che si affaccia sul Mar Arabico. Non sono i sacri tempi di Shiva a incuriosire
Washington, ma la capacità dell’harbour e la vicinanza con Dubai, seconda tappa
dell’IMEC. Quindi, Abu Dhabi e via ferro dritti a Riad, capitale dell’Arabia
Saudita. La ferrovia attraverserà il deserto, tagliando il Regno di Giordania,
fino a Israele: dal porto di Haifa le merci asiatiche salperanno in direzione
Europa. Senza dilungarsi sulle difficoltà infrastrutturali, come costruire
tanti chilometri di binari nel deserto saudita, l’intoppo geopolitico è
evidente: lo scoppio della guerra a Gaza dopo il 7 ottobre 2023 ha raffreddato
anche gli animi più entusiasti. Per questo è prevista anche la tratta via mare,
dal canale di Suez, bypassando Israele ma non certo gli attacchi Houthi dello
Yemen.
Il groviglio geopolitico obbliga chi lavora sul dossier a “non pensare
attraverso tracciati obbligati”. Che sia tramite Israele o via mare, la via del
Cotone passerà sicuramente nel Mediterraneo, fino ad inserirsi nell’Adriatico.
Il porto di Gioia Tauro è sempre un utile punto di sosta per il transhipping,
il trasbordo e lo smembramento dei container, ma la destinazione finale è
Trieste. Da qui, nel crocevia tra le due Europe, il trasporto delle merci è
favorito da un sistema ferroviario avanzatissimo (più di Genova, principale
porto italiano): un’eredità asburgica che permetterà ai prodotti di Mumbai di
raggiungere la Germania, fino ad Amburgo, ma soprattutto l’Est Europa. Le
economie “crescenti” di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e persino Estonia
sono così raggiungibili su ferro.
Senza nostalgie imperiali, Trieste tornerebbe così ad essere uno snodo
imprescindibile nel commercio globale. Intanto, per la struttura del suo porto:
molto profondo e con scarsa necessità di dragaggio, dispone di vari terminal,
con tanto di piattaforma multimodale inaugurata qualche anno fa con i
terminalisti di Amburgo e la partecipazione minoritaria cinese sempre in
agguato. Poi, da Trieste parte l’oleodotto transaplino SIOT, che dal porto
raggiunge l’Europa centrale. Infine, gli ungheresi hanno acquistato una zona
abbandonata dello scalo portuale nel 2019 e puntano ad aumentare la loro
presenza in Italia.
Un dettaglio non da poco visto che l’Ungheria di Viktor Orban è coinvolta
in un altro progetto commerciale di ispirazione americana, ma in ottica
anti-russa: il Trimarium. L’iniziativa dei Tre Mari è sostenuta soprattuto
dalla Polonia, ma mette insieme 12 Stati: una rete capace di collegare il mar
Baltico al Mar Nero, fino al Mediterraneo. “Inizialmente, si pensava di passare
dalla Slovenia ma ora Trieste può essere la congiuntura perfetta tra questo
progetto e l’IMEC”, spiega una fonte autorevole.
Lo scenario descritto è tanto imponente quanto ancora embrionale. Parlando
con il lato italiano, gli entusiasmi vengono sopiti: i 600 miliardi indicati
dal memorandum siglato anche dall’Italia esistono solo su carta, i progetti
infrastrutturali vanno ancora definiti e non c’è una data di inizio e fine
lavori. L’asset principale dell’Italia però rimane: la geografia, vera
benedizione di Trieste.
Anche se il progetto per ora esiste solo su carta, in città si respira già
un’aria diversa. Lo confermano fonti triestine. La spinta politica è
“fortissima” e gli imprenditori “sono molto attenti ai nuovi investimenti di
MSC su Trieste”. Se non bastasse l’entusiasmo, un segnale politico è arrivato
da Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri, da poco tornato da una missione in
India, ha annunciato un vertice ministeriale a Trieste entro l’anno. Per capire
il futuro della città e del suo porto bisognerà stare lì, passeggiando sui moli
del porto della città. L’India, forse, sarà più vicina.
2) INSIDE OVER
ITALIA E INDIA, COLLABORAZIONE SEMPRE PIÙ STRETTA
ANCHE NELLA DIFESA
Difesa, Economia /
Davide Bartoccini
17 Aprile 2025
I rapporti tra il nostro Paese e
l’India, potenza in ascesa che guarda a Occidente, si fanno sempre più forti.
Dopo la nomina dell’ambasciatore Francesco Maria Talò come inviato speciale per il progetto del Corridoio economico India-Medio
Oriente-Europa (Imec- Via del Cotone), un’importante iniziativa per favorire l’espansione
delle esportazioni lungo la direttrice
indo-mediterranea della Via del Cotone, giunge la notizia che la Federazione
Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza e la Society of
Indian Defence Manufacturers hanno firmato a Roma un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione nel settore Difesa. L’obiettivo
del memorandum è quello di rafforzare
la collaborazione
tra le industrie della difesa di Italia e India, e promuovere una partnership duratura che permetta di
sviluppare iniziative comuni e condividere opportunità industriali nei
rispettivi mercati.
La firma del documento d’intesa è
avvenuta a margine dell’11° Comitato Bilaterale Italia–India, organizzato
dalla Direzione Nazionale degli Armament presso Palazzo
Guidoni a Roma, alla presenza del Defence Secretary indiano, Rajesh Kumar Singh, e dell’Ambasciatore dell’India in Italia, S.E. Hon’ble Vani Rao. Per
l’Italia ha partecipato il Direttore Nazionale degli Armamenti vicario, la
dott.ssa Luisa Riccardi. Il documento fa seguito alla
considerazione delle “dieci priorità strategiche di
collaborazione tra Italia e India nel comparto Difesa” già definite nell’Italy-India Joint Strategic Action Plan 2025–2029,
sottoscritto in occasione del G20 di Rio de Janeiro lo
scorso novembre.
Tra i principali punti dell’accordo, come reso noto dalle fonti, vi è l’istituzione di un “gruppo di lavoro congiunto” che si riunirà annualmente per
individuare le aree di cooperazione strategica su cui
focalizzare l’impegno comune, avviare una stretta collaborazione tra i rispettivi Governi e contribuire a creare un ecosistema “favorevole al commercio bilaterale“, nonché
facilitare il dialogo tra le imprese operanti nel settore. Questo dimostra
ancora una volta come l’Italia sia un interlocutore apprezzato dal governo di
New Delhi.
Le nuove opportunità
Oltre alla firma del memorandum,
i rappresentanti della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa
e la Sicurezza hanno svolto anche il ruolo di coordinatori per una serie di
incontri Business-to-Business tra 12 aziende italiane e altrettante controparti indiane. L’obiettivo, anche in questo
caso, è stato quello di esplorare opportunità di collaborazione concrete
nei settori
più strategici del comparto Difesa.
“La firma del memorandum d’intesa con i rappresentanti della Society of
Indian Defence Manufacturers rappresenta un passo significativo nel percorso di
rafforzamento della cooperazione bilaterale nel settore della difesa e della
sicurezza“, ha dichiarato Carlo Festucci, Segretario Generale della
Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza.
Ricordando come l’India sia per l’Italia “un partner solido e affidabile”.
La firma del memorandum
rappresenta l’ennesima tappa fondamentale per rafforzare
l’interoperabilità e la cooperazione internazionale nell’area Indo-pacifica, elementi imprescindibili per garantire pace, stabilità e prosperità.
Dopo i progressi dell’iniziativa Imec, quindi, anche in materia di Difesa, Roma
e Nuova Delhi procedono di comune intesa.
3) HUFFINGTON POST
Kaush Arha: "Meloni sia il perno della Via dell'oro
indo-mediterranea che vuole Trump"
di Giulio Ucciero
Intervista al senior fellow
dell’Atlantic Council di Washington, think tank del mondo Repubblicano, che ha
lavorato nella prima amministrazione Trump: "Il presidente ha promesso
insieme a Modi la creazione di una rotta commerciale dall'India a Israele, fino
all'Italia. Meloni gli chieda di venire a Trieste a inaugurarla. Dazi? È la
leader europea più credibile per trattare con lui"
17 Aprile 2025 alle 10:42
“Il tempismo di Meloni è ottimo, Trump vuole chiudere un accordo con
tutti e anche con l’Europa”. Kaush Arha è senior fellow dell’Atlantic Council
di Washington, think tank del mondo Repubblicano, e ha lavorato nella prima
amministrazione Trump. Esperto di Cina, è molto attento anche all’Italia:
"Usa e Ue uniscano le forze contro la minaccia più grande: la distorsione
del mercato cinese". A poche ore dall’incontro tra la premier e il
presidente americano, Arha, che è stato un membro della prima amministrazione
Trump, parla con HuffPost: “Se fossi Meloni, rassicurerei Trump sul ruolo
dell'Italia come partner indispensabile degli Usa nel Mediterraneo". Poi
Arha insiste sulla "nuova via dell'Oro indo-mediterranea" che va
dall'India all'Italia: "Deve chiedere a Trump di venire a inaugurarla in
Italia, ma dovete spendere di più in difesa".
Oggi Giorgia Meloni sarà alla Casa
Bianca. Cosa dobbiamo aspettarci dall'incontro con il presidente americano
Donald Trump?
L'incontro tra la premier Meloni e il Presidente Trump cade nel momento giusto.
Sia gli Stati Uniti che l'Europa hanno sospeso l'aumento dei dazi per trovare
un terreno comune. Sembra esserci un forte interesse nazionale su entrambe le
sponde dell'Atlantico per arrivare a un accordo commerciale.
Crede davvero che sia così?
Stiamo parlando delle due maggiori
economie integrate. Il loro livello di integrazione è sostanzialmente superiore
a quello di entrambe le economie rispetto alla Cina. È nell'interesse nazionale
di Stati Uniti ed Europa lasciarsi alle spalle la disputa commerciale,
arrivando a un'armonizzazione tariffaria e unendo le forze per affrontare
collettivamente una minaccia molto più grande: la distorsione del mercato
cinese e il mancato rispetto delle regole.
Come può avvenire questa
armonizzazione tariffaria?
Non si parla solo di tariffe, ma anche di barriere non tariffarie che sono
intrinsecamente normative. Bisogna considerare anche questo aspetto.
Possiamo raggiungere l'accordo
"zero per zero"?
Questo è ciò che ha detto Elon Musk. Non lo so, ma credo che oggi i
segnali da entrambe le parti siano molto migliori. Per la Meloni è meglio
venire oggi che qualche mese fa. C'è molto spazio per un buon accordo prima di
arrivare a zero tariffe.
Trump vuole davvero concludere un
accordo con l'Europa?
Il presidente Trump è uno che fa affari, a cui piace chiudere accordi con
tutti. Vuole firmare un deal con la Russia, con l'Iran, con
Hamas, con tutti. Quindi gli piacerebbe molto farne uno anche con l'Europa.
Meloni è nella posizione di facilitatrice, può far sì che ciò accada. Potrebbe
trovarsi in una posizione unica: la leader nazionale europeo più adatta a
ricoprire questo ruolo.
Perché Trump ha iniziato questa
battaglia con l'Europa?
L'Ue e gli Stati Uniti rispettano le stesse regole economiche internazionali,
ma hanno opinioni diverse su come queste regole vengono interpretate e
applicate. Si tratta di un disaccordo sostanzialmente molto diverso da quello
che l'America ha con la Cina e che anche l'Europa ha con la Cina.
Quindi, ritorniamo all'obiettivo
principale: la Cina.
Gli Stati Uniti e l'Europa sono seduti alla stessa parte del tavolo quando
discutono delle differenze che hanno con la Cina sulle questioni commerciali.
Anche Ursula von der Leyen lo capisce.
Un mancato accordo con l'Ue può
aprire la strada a un avvicinamento tra Europa e Cina? C'è questo rischio?
Potrebbe trattarsi di una reazione emotiva di alcuni europei, ma qualsiasi
valutazione a sangue freddo degli interessi nazionali e dell'autonomia
strategica europea la precluderebbe. Se l'Europa non ha imparato nulla dai suoi
stretti rapporti economici con la Russia e vuole ripetere lo stesso errore con
la Cina, allora si troverà in una posizione molto peggiore.
Crede che Meloni possa essere
l'interprete giusto? Che possa trasmettere questo messaggio?
Sì, può farlo. Ha un buon rapporto di lavoro con la Commissione europea e si
spera che abbiano parlato prima che lei venisse a questo incontro. Meloni
comunicherà un messaggio credibile, pragmatico e realista per assicurarsi che
il comportamento distorsivo del mercato cinese venga fermato.
Quindi, non si tratta solo di un
incontro bilaterale tra Italia e Stati Uniti, ma uno tra Europa e Stati Uniti?
Può portare entrambe le questioni. Del messaggio europeo abbiamo detto. Per
quanto riguarda quello nazionale, dovrebbe ribadire che l'Italia è il partner
strategico indispensabile dell'America nel Mediterraneo.
Cosa intende?
Se fossi la Meloni, rassicurerei Trump sul ruolo dell'Italia come partner
strategico indispensabile degli Usa nel Mediterraneo e come ancora europea per
la nuova via dell'Oro indo-mediterranea.
Ci dica di più.
Trump ha annunciato di voler inaugurare una nuova Età dell'oro per l'America.
Ha anche promesso, insieme al premier indiano Modi, la creazione di una rotta
commerciale dall'India a Israele, fino all'Italia. Il primo ministro Meloni
potrebbe dire: “Presidente, voglio che lei venga in Italia, a Trieste, e inauguri
la nuova Golden Road che da qui raggiunge l'India”.
L'Italia dovrebbe spendere di più soldi in
America?
Gli affari dell'Italia con l'America sono già in crescita. Investite molto qui,
ma si può sempre fare di più. L’Italia dovrebbe anche sollevare la questione di
un’Europa libera. Quindi, parlare dell'apertura del Mediterraneo orientale e di
un mar Nero libero e aperto. Un accordo di pace con l'Ucraina che trasformi il
Mar Nero un lago russo sarebbe dannoso per la regione e per gli interessi
americani.
Parliamo di spese militari.
L'Italia, è ancora ferma all'1,5% della spesa per la difesa sul PIL. Il governo
ha promesso di arrivare al 2% entro il prossimo vertice NATO di giugno. Sarà
sufficiente? Dobbiamo crescere ancora di più? Forse al 3%, al 3,5% o addirittura
al 5%, come chiede Trump agli alleati europei?
L'1,5% non è sufficiente, il 2% non è più sufficiente. Deve essere di più.
L’Italia ha chiesto alla Commissione europea di allentare le regole affinché i
Paesi possano investire di più in i militari. La Commissione sembra impegnarsi
a farlo e quindi l'Italia dovrebbe agire di conseguenza. Questo anche perché
possiate svolgere il ruolo spiegato prima nel Mediterraneo e anche a sud per la
Nato.
E serviranno più investimenti
nella marina, giusto?
Esattamente. L'Italia ha bisogno di una marina molto più potente, non solo
mezzi con equipaggio ma anche senza equipaggio, per proteggere le
infrastrutture critiche nel Mediterraneo. Anche perché l'aumento della spesa in
aziende come Fincantieri avrà un impatto positivo sull'economia italiana,
sull'occupazione e sulla crescita del territorio.
Lei ha lavorato nella prima
amministrazione Trump, in USAID. Perché il presidente ha deciso di tagliare i
fondi a questa agenzia? E questa decisione apre spazi al soft power cinese?
Innanzitutto, l'USAID rappresentava il meglio dell'America. Le persone che
lavoravano per l'USAID erano patrioti straordinari e molti di loro hanno perso
la vita servendo il Paese. L'impegno degli Stati Uniti nei confronti delle
nazioni partner deve adattarsi ai tempi che viviamo. È il momento di passare
dall'assistenza allo sviluppo alle partnership economiche. I paesi in via di
sviluppo di un tempo ora sono economie emergenti e vanno trattati come tali.
USAID, in stretto coordinamento con il Dipartimento di Stato, sta attuando
questo cambiamento di paradigma. Non è molto chiaro quale sarà la nuova
versione dell'USAID, ma vedremo. Se tutto andrà bene, ci sarà meno spazio per
Cina, Russia e altre potenze avversarie.
Qual è la sua opinione su Giorgia Meloni
e il governo Meloni?
Ci sono due aspetti che saltano all'occhio quando si esamina il governo Meloni.
Uno è la stabilità politica che ha portato all’Italia, garantendo al Paese la
flessibilità e la statura per svolgere un ruolo strategico in Europa e nelle
relazioni transatlantiche.
Il secondo?
Dall'esterno vediamo che i media di sinistra ritraggono Meloni in un certo
modo, ma quando si considerano le sue politiche si scopre che è una leader
realista e molto pragmatica.
__________
Chi volesse approfondire la complessa tematica può consultare i due libri di Paolo Deganutti:
“Trieste porto franco internazionale o bastione militare della Nato?”
e
“Trieste e la guerra per le rotte commerciali mediorientali e per l’Istmo d’Europa”