DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

sabato 19 aprile 2025

TRIESTE “CAPUT MUNDI” O BOCCONCINO PER USA E NATO? "VIA DEL COTONE": IL PRIMO ACCORDO SIGLATO E’ MILITARE, NON COMMERCIALE. - Testo degli articoli


 

Trieste nuovamente sotto il riflettore internazionale

   L’Huffinghton Post Italia ci ha dedicato due articoli esaltando la” Via del Cotone” e spiegando i dettagli delle manovre in atto e informando della venuta a Trieste non solo di esponenti dell’ Atlantic Council americano ma anche del potentissimo
Heritage Foundation.

   Inside Over, specializzato in questioni  militari, ha annunciato che il primo accordo appena siglato da Francesco Maria Talò come inviato speciale per l’ Imec “Via del Cotone” è di natura militare: la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza e la Society of Indian Defence Manufacturers hanno firmato a Roma un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione nel settore Difesa. L’obiettivo del memorandum è quello di rafforzare la collaborazione tra le industrie della difesa d’ Italia e India. Se si tratta di commercio è solo commercio di ARMI, confermando quanto sosteniamo da tempo: Via del Cotone e Trimarium sono progetti di natura strategico militare spacciati per iniziative economiche per tranquillizzare l’opinione pubblica.
    Questo è l’ unico accordo concreto della fantasticata Via del Cotone, che qualcuno chiama “Via dell’ Oro” per mistificare ulteriormente, visto che NON ci sono né finanziamenti, né progetti concreti ma solo suggestioni confezionate a Washington.

    L’Huffinghton Post ha pubblicato anche un intervista a Kaush Arha che è il funzionario degli apparati securitari americani che ha dato l’avvio al coinvolgimento triestino venendo nella nostra città il giugno scorso. Arha, è “senior fellow” dell’ Atlantic Council, “senior advisor” per l'impegno strategico dell’USAID, l’agenzia d’influenza americana, appena sospesa perchè balzata in questi giorni agli onori della cronaca internazionale per le azioni di condizionamento all’estero, dove ha guidato il quadro globale dell'agenzia per contrastare le “azioni maligne” degli avversari degli Stati Uniti.
    Sgomenta apprendere che, insieme al suo accompagnatore Roa del National Interest, entrambi americani che non parlano una parola d’ italiano,
siede nel board del Trieste Summit, organizzazione formata da 12 imprenditori portuali di Trieste. Arha , ha presieduto il loro convegno "Trieste gateway of Imec (Via del Cotone)" alla Stazione Marittima di Trieste.

   Riportiamo sotto gli articoli citati che confermano in pieno quelli già pubblicati da noi fin dall’ agosto 2024.

   Per non dover ripetere i medesimi contenuti invitiamo chi volesse approfondire la complessa tematica a consultare i due libri di Paolo Deganutti:
Trieste porto franco internazionale o bastione militare della Nato? e Trieste e la guerra per le rotte commerciali mediorientali e per l’Istmo d’Europa”  le cui tesi sono pienamente confermate dallo sviluppo degli eventi.

 

1) HUFFINGTON POST

Trieste caput mundi. Trump, Cina e India: le mani delle potenze sul porto. Una business spy story

di Giulio Ucciero




Attorno allo scalo giuliano si gioca un bel pezzo di leadership commerciale. Trump e i suoi lo vogliono come terminale della via del Cotone, che porta merci da Mumbai fino alla mittel-Europa passando per i paesi arabi. Pechino lo voleva per la sua via della Seta mentre Orbàn se n'è preso un pezzo. La pressione dei trumpiani su FdI e Tajani. Intrighi e cordate nella città di frontiera

18 Aprile 2025 Aggiornato alle 19:00

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Ai tavolini del caffè degli Specchi in piazza dell’Unità a Trieste il dialetto locale, lo sloveno e il tedesco spesso si intrecciano. In questi ultimi mesi, però, un accento rumoreggia più di altri: quello americano: potreste tranquillamente inciampare in emissari di Washington impegnati a dialogare con politici locali e analisti geopolitici di fama internazionale. Siete nel punto d’arrivo della via del Cotone, il corridoio economico tra India, Medio Oriente ed Europa (IMEC), di cui anche Giorgia Meloni e Donald Trump hanno discusso ieri alla Casa Bianca. Non stupitevi dell’interesse statunitense per quella che talvolta bolliamo come città di confine: Trieste e il suo porto sono al centro non di una spy story, ma di tensioni geopolitiche tra grandi potenze. Le mire cinesi con la Belt and Road initiative, l’impegno di think tank americani come l’Heritage e l’Atlantic council, l’ingresso in città degli ungheresi, il traffico commerciale verso la Germania e i parlamentari italiani che volano in India: il via-vai triestino è incessante. 

Un paio di mesi fa James Carafano era nel capoluogo giuliano. E’ il vicepresidente dell’ Heritage Foundation, potentissimo centro studi conservatore, nonché ispiratore del discusso Project 2025. Carafano prima è stato a Roma nel gennaio scorso per un evento in Senato e anche lì aveva ricordato di avere “tanti amici a Trieste”. Un interesse non isolato, che ritroviamo nell’intervista rilasciata ad HuffPost da Kaush Arha, in cui ha suggerito a Meloni di dire a Trump: “Presidente, voglio che lei venga in Italia, a Trieste, e inauguri la nuova Golden Road che da qui raggiunge l'India”.

Arha fa parte dell’Atlantic Council, ascoltatissimo think tank repubblicano, ma è stato anche membro della prima amministrazione Trump. Il suo riferimento a Trieste non è scontato. E’ un martellante richiamo ai movimenti commerciali e geopolitici che si muovono sottotraccia. E che vedono una rete di organizzazioni internazionali e italiane alla finestra. Un paio di mesi fa Carafano e Arha hanno partecipato a un convegno del centro studi Machiavelli sul tema dell’IMEC. Il Machiavelli orbita in area leghista; un referente importante di quel mondo è Guglielmo Picchi, ex sottosegretario agli esteri durante il governo Conte I. Come del Carroccio è Marco Dreosto, senatore friulano e responsabile della Lega in regione. Non è un caso quindi che lo stesso Dreosto nel novembre del 2024 sia volato a New Delhi per prendere contatti con le controparti indiane.

Dreosto, Arha e altre personalità come Carlos Roa del Danube Institute di Budapest, siedono nel board del Trieste Summit, l’organizzazione degli imprenditori della città. Un mix di esperienze locali e internazionali, che sotto l’ala statunitense da qualche mese stanno spingendo sul dossier IMEC e quindi su Trieste.

La squadra, però, non sarebbe completa senza quello che molti definiscono come il più strenuo e autorevole sostenitore dell’iniziativa all’interno del parlamento italiano. L’ex ministro degli Esteri e ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, tra le altre cose, è presidente del gruppo di amicizia parlamentare Italia-India e più volte ha ribadito la centralità di Trieste nell’impianto commerciale che partirà, nei piani, dall’harbour di Mumbai. “Il timing c’è, la stabilità e la credibilità politica del governo Meloni possono fare la differenza in questa partita”, ha scritto il senatore di Fratelli d'Italia sul Messaggero, sostenendo che Trieste è “la nostra carta vincente”.  

Con Terzi, la “squadra triestina” è quasi al completo. Non va infatti dimenticata l’attenzione posta da un altro attento think tank italiano: Nazione Futura di Francesco Giubilei. Giubilei, oltre ad aver rapporti con l’Heritage, oggi ha scritto dell’IMEC sul Giornale e nel suo articolo, ha citato Vas Shenoy, chief representative per l’Italia della Camera di commercio indiana: “Le merci impiegheranno il 40% in meno e costeranno il 30% in meno”, spiega il rappresentante. Shenoy, ci viene spiegato, ha tessuto ottimi rapporti a Roma e a Trieste; anche lui gioca da protagonista in questo intreccio geopolitico.

La massima certificazione della rinnovata spinta al progetto, iniziato da Joe Biden e confermato da Donald Trump, è arrivata oggi dall’amministrazione americana. Alla Casa Bianca, Trump ha confermato di aver discusso con la premier Giorgia Meloni dell’IMEC, come spiega la dichiarazione congiunta dei due leader: "Gli Stati Uniti e l'Italia lavoreranno insieme per sviluppare il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, uno dei più grandi progetti di integrazione economica e connettività di questo secolo, che collegherà i partner tramite porti, ferrovie e cavi sottomarini e stimolerà lo sviluppo economico e l'integrazione dall'India, al Golfo, a Israele, all'Italia e fino agli Stati Uniti. Seguendo l'esempio del successo dell'approccio degli Accordi di Abramo del presidente Trump, gli Stati Uniti e l'Italia coopereranno su progetti infrastrutturali cruciali e valuteranno la possibilità di sfruttare il potenziale del Piano Mattei".

Non una sorpresa, visto che dopo la visita di Giorgia Meloni a Washington, la premier ha appena incontrato a Roma il vicepresidente americano J.D. Vance. E proprio Vance, dopo la Pasqua italiana, volerà a New Delhi per incontrare il governo indiano. Sul tavolo, non c’è dubbio, sarà ingombrante il dossier sulla via dell’Oro che proprio nell’India ha il suo punto d’inizio, anche e soprattutto in funzione anti-cinese.

Per capire l’eccezionalità di tutti questi movimenti, occorre tornare indietro di qualche anno. Il dossier IMEC è sul tavolo di Palazzo Chigi da un po’ di tempo. Almeno dal 9 settembre 2023, quando al G20 guidato dall’India alcuni Paesi hanno firmato un memorandum d’intesa ufficiale. Parliamo dei governi di Francia, Germania, Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, la Commissione europea, ovviamente l’India e l’Italia. Il contenuto dell’intesa recupera la “Partnership for global infrastructure and investment” che già nel 2022 immaginava una spesa da 600 miliardi di dollari. Risorse per strade, ponti, ferrovie. Un gigantesco piano che oggi prende il nome appunto di IMEC o, nella vulgata mediatica, di via del Cotone o nuova via dell’Oro.

L’IMEC nasce per scopi commerciali ma soprattutto geopolitici. È la risposta dell’amministrazione Biden e ora Trump alla Belt and Road Initiative, la via della Seta cinese. Il soft (e hard) power cinese comprensibilmente terrorizza l’Occidente: i governi africani, asiatici ed europei subiscono il fascino (economico) del Dragone, l’America non può stare a guardare.

Il governo italiano ha accettato la complicata sfida. Così, prima della visita di Antonio Tajani in India, dove si è discusso anche di IMEC, il ministro ha nominato l’inviato dell’esecutivo per l’IMEC: un paio di settimane fa il Tajani ha annunciato in Parlamento la nomina di Francesco Talo’, ambasciatore ed ex consigliere diplomatico di Giorgia Meloni, come emissario italiano per la nuova via del Conte. Talo’ dovrà far da spola tra l’India e gli altri partner dell’iniziativa, tra cui gli Stati Uniti. Un compito non facile, quanto necessario. Anche perché già la Francia, che vuole giocare un ruolo da protagonista con il porto di Marsiglia, quanto la Grecia, che con il Pireo sotto le mire cinese e Salonicco è alla finestra, avevano già indicato un loro referente.

Questo il progetto: la rotta parte dai terminal di Mumbai, la megalopoli che si affaccia sul Mar Arabico. Non sono i sacri tempi di Shiva a incuriosire Washington, ma la capacità dell’harbour e la vicinanza con Dubai, seconda tappa dell’IMEC. Quindi, Abu Dhabi e via ferro dritti a Riad, capitale dell’Arabia Saudita. La ferrovia attraverserà il deserto, tagliando il Regno di Giordania, fino a Israele: dal porto di Haifa le merci asiatiche salperanno in direzione Europa. Senza dilungarsi sulle difficoltà infrastrutturali, come costruire tanti chilometri di binari nel deserto saudita, l’intoppo geopolitico è evidente: lo scoppio della guerra a Gaza dopo il 7 ottobre 2023 ha raffreddato anche gli animi più entusiasti. Per questo è prevista anche la tratta via mare, dal canale di Suez, bypassando Israele ma non certo gli attacchi Houthi dello Yemen.

Il groviglio geopolitico obbliga chi lavora sul dossier a “non pensare attraverso tracciati obbligati”. Che sia tramite Israele o via mare, la via del Cotone passerà sicuramente nel Mediterraneo, fino ad inserirsi nell’Adriatico. Il porto di Gioia Tauro è sempre un utile punto di sosta per il transhipping, il trasbordo e lo smembramento dei container, ma la destinazione finale è Trieste. Da qui, nel crocevia tra le due Europe, il trasporto delle merci è favorito da un sistema ferroviario avanzatissimo (più di Genova, principale porto italiano): un’eredità asburgica che permetterà ai prodotti di Mumbai di raggiungere la Germania, fino ad Amburgo, ma soprattutto l’Est Europa. Le economie “crescenti” di Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e persino Estonia sono così raggiungibili su ferro.

Senza nostalgie imperiali, Trieste tornerebbe così ad essere uno snodo imprescindibile nel commercio globale. Intanto, per la struttura del suo porto: molto profondo e con scarsa necessità di dragaggio, dispone di vari terminal, con tanto di piattaforma multimodale inaugurata qualche anno fa con i terminalisti di Amburgo e la partecipazione minoritaria cinese sempre in agguato. Poi, da Trieste parte l’oleodotto transaplino SIOT, che dal porto raggiunge l’Europa centrale. Infine, gli ungheresi hanno acquistato una zona abbandonata dello scalo portuale nel 2019 e puntano ad aumentare la loro presenza in Italia.

Un dettaglio non da poco visto che l’Ungheria di Viktor Orban è coinvolta in un altro progetto commerciale di ispirazione americana, ma in ottica anti-russa: il Trimarium. L’iniziativa dei Tre Mari è sostenuta soprattuto dalla Polonia, ma mette insieme 12 Stati: una rete capace di collegare il mar Baltico al Mar Nero, fino al Mediterraneo. “Inizialmente, si pensava di passare dalla Slovenia ma ora Trieste può essere la congiuntura perfetta tra questo progetto e l’IMEC”, spiega una fonte autorevole.

Lo scenario descritto è tanto imponente quanto ancora embrionale. Parlando con il lato italiano, gli entusiasmi vengono sopiti: i 600 miliardi indicati dal memorandum siglato anche dall’Italia esistono solo su carta, i progetti infrastrutturali vanno ancora definiti e non c’è una data di inizio e fine lavori. L’asset principale dell’Italia però rimane: la geografia, vera benedizione di Trieste.

Anche se il progetto per ora esiste solo su carta, in città si respira già un’aria diversa. Lo confermano fonti triestine. La spinta politica è “fortissima” e gli imprenditori “sono molto attenti ai nuovi investimenti di MSC su Trieste”. Se non bastasse l’entusiasmo, un segnale politico è arrivato da Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri, da poco tornato da una missione in India, ha annunciato un vertice ministeriale a Trieste entro l’anno. Per capire il futuro della città e del suo porto bisognerà stare lì, passeggiando sui moli del porto della città. L’India, forse, sarà più vicina.

 2) INSIDE OVER


 ITALIA E INDIA, COLLABORAZIONE SEMPRE PIÙ STRETTA ANCHE NELLA DIFESA

DifesaEconomia /

17 Aprile 2025

 I rapporti tra il nostro Paese e l’India, potenza in ascesa che guarda a Occidente, si fanno sempre più forti. Dopo la nomina dell’ambasciatore Francesco Maria Talò come inviato speciale per il progetto del Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec- Via del Cotone), un’importante iniziativa per favorire l’espansione delle esportazioni lungo la direttrice indo-mediterranea della Via del Cotone, giunge la notizia che la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza e la Society of Indian Defence Manufacturers hanno firmato a Roma un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione nel settore Difesa. L’obiettivo del memorandum è quello di rafforzare la collaborazione tra le industrie della difesa di Italia e India, e promuovere una partnership duratura che permetta di sviluppare iniziative comuni e condividere opportunità industriali nei rispettivi mercati.

La firma del documento d’intesa è avvenuta a margine dell’11° Comitato Bilaterale Italia–India, organizzato dalla Direzione Nazionale degli Armament presso Palazzo Guidoni a Roma, alla presenza del Defence Secretary indiano, Rajesh Kumar Singh, e dell’Ambasciatore dell’India in Italia, S.E. Hon’ble Vani Rao. Per l’Italia ha partecipato il Direttore Nazionale degli Armamenti vicario, la dott.ssa Luisa Riccardi. Il documento fa seguito alla considerazione delle “dieci priorità strategiche di collaborazione tra Italia e India nel comparto Difesa” già definite nell’Italy-India Joint Strategic Action Plan 2025–2029, sottoscritto in occasione del G20 di Rio de Janeiro lo scorso novembre.

Tra i principali punti dell’accordo, come reso noto dalle fonti, vi è l’istituzione di un “gruppo di lavoro congiunto” che si riunirà annualmente per individuare le aree di cooperazione strategica su cui focalizzare l’impegno comune, avviare una stretta collaborazione tra i rispettivi Governi e contribuire a creare un ecosistema “favorevole al commercio bilaterale“, nonché facilitare il dialogo tra le imprese operanti nel settore. Questo dimostra ancora una volta come l’Italia sia un interlocutore apprezzato dal governo di New Delhi.

Le nuove opportunità

Oltre alla firma del memorandum, i rappresentanti della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza hanno svolto anche il ruolo di coordinatori per una serie di incontri Business-to-Business tra 12 aziende italiane e altrettante controparti indiane. L’obiettivo, anche in questo caso, è stato quello di esplorare opportunità di collaborazione concrete nei settori più strategici del comparto Difesa.

La firma del memorandum d’intesa con i rappresentanti della Society of Indian Defence Manufacturers rappresenta un passo significativo nel percorso di rafforzamento della cooperazione bilaterale nel settore della difesa e della sicurezza“, ha dichiarato Carlo Festucci, Segretario Generale della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza. Ricordando come l’India sia per l’Italia “un partner solido e affidabile”.

La firma del memorandum rappresenta l’ennesima tappa fondamentale per rafforzare l’interoperabilità e la cooperazione internazionale nell’area Indo-pacifica, elementi imprescindibili per garantire pace, stabilità e prosperità. Dopo i progressi dell’iniziativa Imec, quindi, anche in materia di Difesa, Roma e Nuova Delhi procedono di comune intesa.


3) HUFFINGTON POST



Kaush Arha: "Meloni sia il perno della Via dell'oro indo-mediterranea che vuole Trump"

di Giulio Ucciero

Intervista al senior fellow dell’Atlantic Council di Washington, think tank del mondo Repubblicano, che ha lavorato nella prima amministrazione Trump: "Il presidente ha promesso insieme a Modi la creazione di una rotta commerciale dall'India a Israele, fino all'Italia. Meloni gli chieda di venire a Trieste a inaugurarla. Dazi? È la leader europea più credibile per trattare con lui"

17 Aprile 2025 alle 10:42

“Il tempismo di Meloni è ottimo, Trump vuole chiudere un accordo con tutti e anche con l’Europa”. Kaush Arha è senior fellow dell’Atlantic Council di Washington, think tank del mondo Repubblicano, e ha lavorato nella prima amministrazione Trump. Esperto di Cina, è molto attento anche all’Italia: "Usa e Ue uniscano le forze contro la minaccia più grande: la distorsione del mercato cinese". A poche ore dall’incontro tra la premier e il presidente americano, Arha, che è stato un membro della prima amministrazione Trump, parla con HuffPost: “Se fossi Meloni, rassicurerei Trump sul ruolo dell'Italia come partner indispensabile degli Usa nel Mediterraneo". Poi Arha insiste sulla "nuova via dell'Oro indo-mediterranea" che va dall'India all'Italia: "Deve chiedere a Trump di venire a inaugurarla in Italia, ma dovete spendere di più in difesa".

Oggi Giorgia Meloni sarà alla Casa Bianca. Cosa dobbiamo aspettarci dall'incontro con il presidente americano Donald Trump?
L'incontro tra la premier Meloni e il Presidente Trump cade nel momento giusto. Sia gli Stati Uniti che l'Europa hanno sospeso l'aumento dei dazi per trovare un terreno comune. Sembra esserci un forte interesse nazionale su entrambe le sponde dell'Atlantico per arrivare a un accordo commerciale.

Crede davvero che sia così?
Stiamo parlando delle due maggiori economie integrate. Il loro livello di integrazione è sostanzialmente superiore a quello di entrambe le economie rispetto alla Cina. È nell'interesse nazionale di Stati Uniti ed Europa lasciarsi alle spalle la disputa commerciale, arrivando a un'armonizzazione tariffaria e unendo le forze per affrontare collettivamente una minaccia molto più grande: la distorsione del mercato cinese e il mancato rispetto delle regole.

Come può avvenire questa armonizzazione tariffaria?
Non si parla solo di tariffe, ma anche di barriere non tariffarie che sono intrinsecamente normative. Bisogna considerare anche questo aspetto.

Possiamo raggiungere l'accordo "zero per zero"?
Questo è ciò che ha detto Elon Musk. Non lo so, ma credo che oggi i segnali da entrambe le parti siano molto migliori. Per la Meloni è meglio venire oggi che qualche mese fa. C'è molto spazio per un buon accordo prima di arrivare a zero tariffe. 

Trump vuole davvero concludere un accordo con l'Europa?
Il presidente Trump è uno che fa affari, a cui piace chiudere accordi con tutti. Vuole firmare un 
deal con la Russia, con l'Iran, con Hamas, con tutti. Quindi gli piacerebbe molto farne uno anche con l'Europa. Meloni è nella posizione di facilitatrice, può far sì che ciò accada. Potrebbe trovarsi in una posizione unica: la leader nazionale europeo più adatta a ricoprire questo ruolo.

Perché Trump ha iniziato questa battaglia con l'Europa?
L'Ue e gli Stati Uniti rispettano le stesse regole economiche internazionali, ma hanno opinioni diverse su come queste regole vengono interpretate e applicate. Si tratta di un disaccordo sostanzialmente molto diverso da quello che l'America ha con la Cina e che anche l'Europa ha con la Cina. 

Quindi, ritorniamo all'obiettivo principale: la Cina.
Gli Stati Uniti e l'Europa sono seduti alla stessa parte del tavolo quando discutono delle differenze che hanno con la Cina sulle questioni commerciali. Anche Ursula von der Leyen lo capisce. 

Un mancato accordo con l'Ue può aprire la strada a un avvicinamento tra Europa e Cina? C'è questo rischio?
Potrebbe trattarsi di una reazione emotiva di alcuni europei, ma qualsiasi valutazione a sangue freddo degli interessi nazionali e dell'autonomia strategica europea la precluderebbe. Se l'Europa non ha imparato nulla dai suoi stretti rapporti economici con la Russia e vuole ripetere lo stesso errore con la Cina, allora si troverà in una posizione molto peggiore.

Crede che Meloni possa essere l'interprete giusto? Che possa trasmettere questo messaggio?
Sì, può farlo. Ha un buon rapporto di lavoro con la Commissione europea e si spera che abbiano parlato prima che lei venisse a questo incontro. Meloni comunicherà un messaggio credibile, pragmatico e realista per assicurarsi che il comportamento distorsivo del mercato cinese venga fermato.

Quindi, non si tratta solo di un incontro bilaterale tra Italia e Stati Uniti, ma uno tra Europa e Stati Uniti?
Può portare entrambe le questioni. Del messaggio europeo abbiamo detto. Per quanto riguarda quello nazionale, dovrebbe ribadire che l'Italia è il partner strategico indispensabile dell'America nel Mediterraneo.

Cosa intende?
Se fossi la Meloni, rassicurerei Trump sul ruolo dell'Italia come partner strategico indispensabile degli Usa nel Mediterraneo e come ancora europea per la nuova via dell'Oro indo-mediterranea. 

Ci dica di più.
Trump ha annunciato di voler inaugurare una nuova Età dell'oro per l'America. Ha anche promesso, insieme al premier indiano Modi, la creazione di una rotta commerciale dall'India a Israele, fino all'Italia. Il primo ministro Meloni potrebbe dire: “Presidente, voglio che lei venga in Italia, a Trieste, e inauguri la nuova Golden Road che da qui raggiunge l'India”.

L'Italia dovrebbe spendere di più soldi in America?
Gli affari dell'Italia con l'America sono già in crescita. Investite molto qui, ma si può sempre fare di più. L’Italia dovrebbe anche sollevare la questione di un’Europa libera. Quindi, parlare dell'apertura del Mediterraneo orientale e di un mar Nero libero e aperto. Un accordo di pace con l'Ucraina che trasformi il Mar Nero un lago russo sarebbe dannoso per la regione e per gli interessi americani.

Parliamo di spese militari. L'Italia, è ancora ferma all'1,5% della spesa per la difesa sul PIL. Il governo ha promesso di arrivare al 2% entro il prossimo vertice NATO di giugno. Sarà sufficiente? Dobbiamo crescere ancora di più? Forse al 3%, al 3,5% o addirittura al 5%, come chiede Trump agli alleati europei?
L'1,5% non è sufficiente, il 2% non è più sufficiente. Deve essere di più. L’Italia ha chiesto alla Commissione europea di allentare le regole affinché i Paesi possano investire di più in i militari. La Commissione sembra impegnarsi a farlo e quindi l'Italia dovrebbe agire di conseguenza. Questo anche perché possiate svolgere il ruolo spiegato prima nel Mediterraneo e anche a sud per la Nato.

E serviranno più investimenti nella marina, giusto?
Esattamente. L'Italia ha bisogno di una marina molto più potente, non solo mezzi con equipaggio ma anche senza equipaggio, per proteggere le infrastrutture critiche nel Mediterraneo. Anche perché l'aumento della spesa in aziende come Fincantieri avrà un impatto positivo sull'economia italiana, sull'occupazione e sulla crescita del territorio.

Lei ha lavorato nella prima amministrazione Trump, in USAID. Perché il presidente ha deciso di tagliare i fondi a questa agenzia? E questa decisione apre spazi al soft power cinese?
Innanzitutto, l'USAID rappresentava il meglio dell'America. Le persone che lavoravano per l'USAID erano patrioti straordinari e molti di loro hanno perso la vita servendo il Paese. L'impegno degli Stati Uniti nei confronti delle nazioni partner deve adattarsi ai tempi che viviamo. È il momento di passare dall'assistenza allo sviluppo alle partnership economiche. I paesi in via di sviluppo di un tempo ora sono economie emergenti e vanno trattati come tali. USAID, in stretto coordinamento con il Dipartimento di Stato, sta attuando questo cambiamento di paradigma. Non è molto chiaro quale sarà la nuova versione dell'USAID, ma vedremo. Se tutto andrà bene, ci sarà meno spazio per Cina, Russia e altre potenze avversarie.

Qual è la sua opinione su Giorgia Meloni e il governo Meloni?
Ci sono due aspetti che saltano all'occhio quando si esamina il governo Meloni. Uno è la stabilità politica che ha portato all’Italia, garantendo al Paese la flessibilità e la statura per svolgere un ruolo strategico in Europa e nelle relazioni transatlantiche.

Il secondo?
Dall'esterno vediamo che i media di sinistra ritraggono Meloni in un certo modo, ma quando si considerano le sue politiche si scopre che è una leader realista e molto pragmatica.

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Chi volesse approfondire la complessa tematica può consultare i due libri di Paolo Deganutti:
Trieste porto franco internazionale o bastione militare della Nato? 
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Trieste e la guerra per le rotte commerciali mediorientali e per l’Istmo d’Europa” 



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