L’elezione di Macron e la sintonia tra il nuovo presidente francese e Angela Merkel al Consiglio Europeo di giugno non alterano l’equilibrio di potenza nel Vecchio Continente.
Si è concluso venerdì 23 giugno un Consiglio europeo particolarmente ricco di spunti, nonostante a conti fatti non si sia deciso molto.
Il bilancio resta positivo, considerando anche la conferma dell’impegno Ue sul clima alla vigilia del G20 di Amburgo e il passo in avanti sulla difesa comune. Quello della cooperazione rafforzata in materia di difesa (Pesco) è un meccanismo dormiente ma già previsto dal Trattato di Lisbona, che sostanzialmente permette a chi lo voglia di assumere impegni più ambiziosi nel settore. L’accordo rappresenta dunque la prima applicazione pratica del nuovo metodo a più velocità che i paesi membri si sono dati nella dichiarazione di Roma.
L’attivazione della Pesco rende possibili ipotesi suggestive come quella del dispiegamento di una forza multinazionale in particolari scenari di crisi che interessano l’Unione – ad esempio i Balcani.
La conferenza stampa congiunta di Francia e Germania ha chiuso il summit. Una tradizione che Merkel ha iniziato con Sarkozy, sospeso con Hollande e ripresa adesso con Macron proprio per rilanciare l’asse franco-tedesco.
Resta però la sensazione che il rafforzamento di questo legame non sposti il baricentro, ma renda Berlino sempre più il cuore pulsante della volontà politica europea. Non è detto che questo idillio non possa concludersi in un nulla di fatto, come ai tempi della luna di miele tra Merkel e Sarkozy. Certamente potrebbe contribuire alla formazione di un’unica voce in Europa.
Una voce che, a scanso di equivoci, continuerà a parlare tedesco. Lo dimostra il capitolo delle conclusioni dedicato al commercio. La Francia ha spinto per, e in parte ottenuto, il riconoscimento di una limitazione agli investimenti diretti esteri e all’accesso agli appalti pubblici per Stati terzi che non assicurano forme di reciprocità (Cina su tutte). La Germania ha fatto assumere al Consiglio una posizione più cauta: ha accettato l’iniziativa francese, ma ne ha modificato la traiettoria.
L’Italia ha provato a giocarsi le proprie carte sul tema delle migrazioni. Roma sta provando ad avviare un discorso di regionalizzazione dei salvataggi, una sorta di condivisione degli sbarchi che permetta di portare migranti e rifugiati anche sulle coste di altri paesi Ue rivieraschi.
Italia e Grecia incassano il mea culpa di Germania e Francia, che hanno ammesso di non aver fatto abbastanza di fronte alle prime richieste di aiuto.
Tuttavia l’intesa sulla dimensione interna della gestione migratoria, vale a dire la riforma del sistema di Dublino, non solo non c’è stata, ma non si vede neanche all’orizzonte.
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