Lunedì 30, alle 18 alla Stazione Marittima di Trieste
"Italia, Porto di Trieste e sogno cinese: le nuove vie della seta"
Relatori:
LUCIO CARACCIOLO direttore della rivista di geopolitica Limes
ZENO D’AGOSTINO presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale
Interviene:
STEFANO VISINTIN presidente dell’Associazione Spedizionieri del Porto di Trieste.
Modera:
LUCIANO LARIVERA S.I. direttore del Centro Culturale Veritas
In collaborazione con la Libreria Einaudi di Trieste.
INGRESSO LIBERO
L' intervista a Lucio Caracciolo (Piccolo 29/1/17):
«Cina, Usa e Russia
nella partita dei Balcani
L’Ue tema se stessa»
Il direttore di Limes Caracciolo: «Lo scontro tra sistemi economici
passa sul piano geopolitico. L’Europa e le nuove “Vie della seta”»
di Mauro Manzin
A Trieste per discutere domani
delle “Vie della seta”, alle 18, alla
Stazione Marittima, ospite
del Limes Club assieme al presidente
dell’Autorità portuale,
Zeno D’Agostino e al presidente
degli spedizionieri, Stefano
Visintin, il direttore di Limes,
Lucio Caracciolo, traccia il futuro
geopolitico e commerciale
dell’Europa centro orientale
alla luce del bipolarismo
Usa-Cina. Tante opportunità,
nuovi assetti ma, purtroppo,
un’Europa e un’Italia assolutamente
impreparate.
Stati Uniti e Cina, la sfida economica e finanziaria del futuro passa anche attraverso l’Europa centro orientale?
Certamente, in particolare il progetto delle cosiddette “Vie della seta” lanciato dal premier Xi Jinping è un progetto quasi di globalizzazione altrenativa a quella americana.
Stati Uniti e Cina, la sfida economica e finanziaria del futuro passa anche attraverso l’Europa centro orientale?
Certamente, in particolare il progetto delle cosiddette “Vie della seta” lanciato dal premier Xi Jinping è un progetto quasi di globalizzazione altrenativa a quella americana.
Una globalizzazione alla cinese
dunque?
Sì, che passa attraverso grandiosi
progetti infrastrutturali e
non solo che dovrebbero collegare
sempre più la Cina, quindi
l’Estremo oriente, al mercato
europeo.
Quali sono i parametri europei
di questi nuovi tragitti?
I riferimenti europei di questi
tragitti, che sono in parte
terrestri, ferroviari essenzialmente,
e marittimi sono l’Europa
centro orientale e l’Europa
sud orientale, in particolare il
porto del Pireo.
E per quanto riguarda l’Europa
centro orientale?
Per ora si parla solo di vie ferroviarie.
Resta però aperta la
partita degli sbocchi mediterranei
settentrionali, quindi adriatici
nel caso specifico e mi pare
che ci sia una discreta confusione
tra Venezia, Trieste e i
porti sloveni e croati.
Qual è il rischio di questa
confusione?
È quello di una riconferma,
dal punto di vista italiano, della
centralità degli scali del
Nord Europa anche se i cinesi
preferirebbero trovare uno
sbocco qui da noi.
Tra i due litiganti sulla globalizzazione,
ossia Cina e
Usa, soprattutto sul quadrante
dell’Europa balcanica c’è il
terzo incomodo che si chiama
Russia...
La Russia è sicuramente un
protagonista sul fronte balcanico
e anche su quello adriatico,
ma non ha ancora la stazza cinese
o americana, quindi in
qualche modo giocherà di
sponda. Certamente la partita
russa dal punto di vista energetico
sarà, soprattutto per il futuro,
quella di costruire un
qualche canale meridionale
del commercio di gas verso
l’Europa, il famoso South Stream
rivisitato. Sembrerebbe
che Mosca stia trovando un accordo
con la Turchia che porterebbe
poi una notevole quantità
di gas dalla Russia in Turchia
e dalla Turchia all’Europa.
E questo che cosa significa?
Significa di fatto riaprire la
partita delle rotte balcaniche
dove il ruolo della Serbia sarà
piuttosto centrale.
La Cina è molto interessata
al mercato europeo. Alibaba,
il colosso della vendita on-line,
punta su Zara in Croazia
per costruire il suo centro di
smistamento europeo, potrebbe
essere un primo passo
di penetrazione? Un segnale
importante?
Certo, Alibaba è un colosso
ormai all’altezza, se non oltre, i
suoi concorrenti americani e,
tra l’altro, il capo di Alibaba è
in ottimi rapporti con Trump,
quindi giocano un po’ su tutti i
tavoli. Ho l’impressione che
questi progetti di espansione
cinese siano una parte rilevante
dell’iniziativa delle “Vie della
seta” anche perché riguardano
le nuove industrie strategiche
con anche delle ricadute di
tipo culturale. La Cina ha un
estremo bisogno di migliorare
il suo marchio in Europa e in
Occidente e certamente queste
sono iniziative che dovrebbero
pesare favorevolmente
verso il marchio Cina.
L’Europa deve temere di
più la Cina o gli Stati Uniti?
Dovrebbe avere paura più
che altro di se stessa. Quando
l’Europa, come in questa fase,
è sostanzialmente abbandonata
ai suoi istinti primordiali rischia
di farsi del male da sola,
tende a ritornare a quella che è
la sua configurazione classica
ovvero quella di scaricare i problemi
dei tedeschi sugli italiani
e viceversa, ciascuno impegnato
a difendere il proprio particolare,
quindi per tornare alle
“Vie della seta” penso che siano
una grande opportunità per
l’Europa, non dovrebbero essere
viste, almeno in linea di principio,
con grande timore da
parte americana, se gli americani
vi partecipassero sarebbe
una cosa più che positiva, dobbiamo
però essere all’altezza
della sfida.
Lasciando stare l’Europa
noi italiani come siamo messi?
Siamo molto indietro, non
abbiamo spesso nemmeno gli
strumenti informativi e quando
li abbiamo evidentemente
non siamo in grado di attivarli.
Sono anni che i cinesi stanno
cercando un porto italiano che
sia utile alle vie marittime ma
noi ancora siamo fermi e nel
frattempo è arrivato il Pireo.
Il sistema portuale italiano,
quello sloveno e croato
nell’Alto Adriatico, al di là dei
proclami di maniera, conserva
un altissima litigiosità e
quand’anche si riuscisse a
operare unito non riuscirebbe
a scalfire la preminenza
dei porti del Nord Europa...
Sì, ma dato che da un punto
di vista economico se uno si risparmia
otto giorni di viaggio,
se trovasse uno sbocco ottimale
sull’Adriatico non per sostituire
Rotterdam o Amburgo
ma semplicemente per avere
un’alternativa. Come si raddoppia
Panama o Suez non vede
perché noi dobbiamo auto
escluderci.
Perché ci siamo autoesclusi?
Perché non siamo un sistema.
Dallo sbocco di Suez, per
esempio, il porto di Taranto sarebbe
l’ideale, ma evidentemente
per chi lo amministra e
amministra le ferrovie in Italia
questo non viene ritenuta una
possibilità da concretizzare.
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