Ha avuto un successo superiore alle migliori aspettative l' incontro di ieri sul Porto di Trieste e le Nuove vie della seta. Grande sala strapiena e moltissime persone in piedi, buona presenza di giovani.
Come ha notato lo stesso Piccolo il punto centrale è stato il vantaggio competitivo che offre a Trieste il "Porto Franco Internazionale" stabilito dall' allegato VIII al trattato di pace del 1947, con i suoi Punti Franchi dove è possibile, in un regime doganale vantaggioso, non solo fare logistica ma ogni tipo di attività produttiva e trasformazione industriale.
E' una svolta dopo che per decenni il Porto Franco era stato non solo messo in ombra ma addirittura denigrato.
Dopo che il Presidente dell' Autorità Portuale D' Agostino aveva sottolineato il vantaggio competitivo offerto dai punti franchi per l' insediamento di attività produttive e la creazione di valore aggiunto e posti di lavoro, Stefano Visintin, presidente degli Spedizionieri, ha citato il caso limite dei Decreti Attuativi per i Punti Franchi di Trieste previsti dalla legge 84 del 1994 e non ancora emanati a 22 anni di distanza, così come l' oscuramento della utilità dello strumento del Punto Franco conseguente ai progetti di urbanizzazione in chiave turistica di Porto Vecchio.
Ma lasciamo parlare il resoconto che ne ha fatto il Piccolo:
Porto di Trieste sulla Via della Seta Caracciolo al convegno di Limes: «La svolta dopo l’ampliamento di Suez. Una sfida da cogliere»‘‘I punti franchi hanno un grande interesse strategico"-
Trieste è in possesso degli strumenti sufficienti per diventare il principale capolinea mediterraneo della nuova Via della seta aperta dal Governo cinese, a incominciare dai suoi Punti franchi che non hanno eguali all’interno dell’Unione europea. È la sostanza dell’incontro “Italia, porto di Trieste e sogno cinese” che si è svolto ieri alla Stazione marittina dinanzi a un pubblico strabocchevole, organizzato da Limes club Trieste in collaborazione con il Centro Veritas e la Libreria Einaudi. L’inquadramento generale è stato fatto da Lucio Caracciolo, direttore di Limes. «Il nuovo piano infrastrutturale e la decisione di aprire nuove Vie della seta - ha spiegato Caracciolo - sono dettati da necessità interne alla Cina e da un’economia in crisi (il Pil cresce di “solo” il 6,5% rispetto al 10% di qualche anno fa) a causa della corruzione presente nelle aziende di Stato e della sovraproduzione. Da qui la necessità di aprire nuovi mercati anche per ridurre la distanze con la Cina più povera collocata soprattutto nella parte a Nord-Ovest, nel tentativo di aprire una globalizzazione mondiale alla cinese. Allo scopo è stata già aperta una Banca dotata di 100 miliardi di dollari assieme a 56 Paesi». Ora Pechino punta al Mediterraneo dopo l’ampliamento di Suez. «Qualche tempo fa i cinesi hanno sondato Taranto - ha riferito Caracciolo - ma il sindaco non li ha nemmeno ricevuti e quando hanno visto lo stato delle infrastrutture hanno corretto il tiro. Le prime carte indicavano Venezia come punto di approdo, ma anche in questo caso si sono resi conti che i progetti di rafforzamento (presumibilmente la piattaforma off shore, ndr,) sono ancora troppo indietro. Dunque anche Venezia è scomparsa dalle carte sulle quali ora appare soltanto il Pireo, porto che i cinesi hanno già acquistato. Sta ora all’Italia - ha concluso il direttore di Limes - decidere cosa offrire loro». A Trieste interessa la sfida? «Se si tratta di diventare un semplice punto di passaggio dei traffici la questione non è molto affascinante - ha risposto Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema portuale - ma se entra in gioco forte valore aggiunto per il territorio ritengo - ha proseguito - che abbiamo qualche arma in più rispetto agli altri porti dell’Adriatico e italiani in genere perché nei nostri Punti franchi si possono svolgere con una serie di vantaggi attività logistiche, ma anche manifatturiere e industriali in genere». Trattative in questo senso, ha accennato D’Agostino sono in corso non soltanto con player cinesi, ma anche americani, tedeschi, austriaci e altri ancora. «Ai cinesi stiamo spiegando e loro lo stanno comprendendo forse già meglio di noi - ha specificato - che venire a produrre merci a Trieste può portare non solo vantaggi doganali, ma anche l’opportunità di “brandizzare” in modo qualificante i prodotti dei settori in cui l’Italia ha un ruolo importante». «È lo stesso governo cinese - ha aggiunto Roberto Visintin, presidente degli spedizionieri del porto - a invocare una standardizzazione delle procedure doganali lungo tutte le Vie della seta e in attesa che ciò avvenga la costituzione di free zone all’interno dei principali porti. A Trieste oltre alle varie agevolazioni che già esistono nei nostri Punti franchi sono ora possibili anche le lavorazioni industriali». E il nuovo modo di considerare i dati del porto è insito anche nelle ultime note di Trieste marine terminal che gestisce il terminal container: i teu, 449.481, crescono solo dell’1,6%, ma quelli pieni aumentano dell’8,9% e il traffico in import, dopo anni di segno avverso, ha superato le esportazioni. I servizi ferroviari sono aumentati del 26,5% relativamente ai volumi trasportati
Bel convegno sul futuro economico perseguibile a Trieste. La sala era strapiena di un pubblico di tutte le età e interessato ad informarsi per sapere come la città può giocare la sua vitale partita economica. Le condizioni ci sono tutte per sperare che Trieste ritrovi la sua vitale linfa economica...Speriamo bene...
RispondiEliminase lavora il porto Trieste si salva . nata per il porto solo che allo stato italiano non interessa ma solo con il porto potrà ritornare com' era.
RispondiElimina