Stefano Visintin, presidente degli Spedizionieri
di Trieste, al convegno di ieri, dopo gli interventi degli altri relatori, ha
deciso di fare un intervento "a braccio" sulle caratteristiche
del Punto Franco, e ci ha fatto pervenire una sintesi molto utile per la
conoscenza del nostro porto, che qui sotto vi proponiamo.
“Italia, porto di Trieste e sogno cinese. Le nuove vie della seta”
Intervento di Stefano Visintin
Quando posso permettermi una mezz’ora di
rigenerazione mi piace andare sulla balconata del Castello di Miramare, meglio
se il borino ha reso l’aria tersa. Da lì ho la sensazione del fluire. Fluire
del mare che sempre diverso bagna l’estremo nord del Mediterraneo; fluire della
storia, che drammaticamente nel secolo scorso ha scavato solchi invalicabili in
questa città, il fluire delle civiltà, che da lì si abbracciano in uno sguardo:
quella latina dalla laguna di Grado, quella germanica dalle Alpi e quella slava
dal Carso, che tutte sembrano confluire nel nostro golfo.
Così come la nostra città è una città di flusso,
a volte anche sferzante come la bora, anche il nostro porto è un porto di
flusso, così diverso da altri porti adriatici, riparati nei canali o
protetti nelle loro lagune.
Un porto ideato come flusso, banchine costruite come unghie
della ferrovia sul mare.
Nell’analizzare il progetto globale “belt and
road” direttamente sul sito del governo cinese, sfrondato dalla retorica di
regime, mi ha colpito soprattutto la mappa. Una mappa che prevede basilarmente
due strade, una terrestre e una marittima, dalle quali si diramano strade
secondarie e terziarie, in una sorta di rete. Non mi è sfuggita la tecnica
reziaria di avvolgimento dell’avversario, che il regno di mezzo intende attuare
per catturare la vecchia Europa, camuffata dal concetto “embracing a brighter
future together”. Mi ha però soprattutto impressionato la circolarità del
flusso, che provocatoriamente non appare nella slide proiettata stasera.
Se i cinesi avessero voluto realizzare solamente una
nuova via della seta, avrebbero puntato esclusivamente sulla via terrestre,
soprattutto ferroviaria, sicuramente politicamente più stabile e non vincolata
dalle sorti del canale di Suez. Ma il progetto non è chiamato “One road”, bensì
“one belt one road”. Il concetto di cintura è addirittura al primo posto e
prevale anche nella nuova formulazione “belt and road initiative”.
E non a caso! Attualmente le esportazioni dalla Cina
all’Europa sopravanzano notevolmente le esportazioni dall’Europa alla Cina. Il
flusso di merci che parte dai grandi centri di produzione della Cina interna e
raggiunge l’Europa centrale con i treni, non è bilanciato da un flusso di
ritorno dall’Europa alla Cina stessa. Ecco perché, pur essendo la performance
ferroviaria molto buona in termini di tempo, i costi rimangono ancora molto più
elevati in confronto con la spedizione via mare. La mancanza di bilanciamento è
un fattore drammatico nel trasporto ferroviario. E’ un fattore che viene in
qualche modo mitigato nel trasporto via mare, dal momento che le navi seguono
delle rotte che toccano numerosi paesi e quindi possono trovare carico per
questi e ridurre quindi le diseconomie di un trasporto vuoto per pieno.
A mio avviso la cintura si chiude idealmente con la
congiunzione fra la via della seta terrestre e la via della seta marittima. Le
merci che arriveranno in Europa via mare, serviranno a bilanciare almeno
parzialmente il rientro dei treni vuoti dall’Europa all’Asia. E la congiunzione
fra la via marittima e la via terrestre non può che essere a sua volta il
tratto ferroviario più veloce e più capace fra il capolinea marittimo ed il
capolinea ferroviario.
I cospicui investimenti previsti dal memorandum
d’intesa fra le ferrovie russe e quelle austriache per la realizzazione di un
tratto a scartamento misto fra Kosice,Bratislava e Vienna, sembrano far
convergere proprio sulla capitale austriaca uno dei buchi della cintura. Il
collegamento fra Vienna e Trieste è già ora in grado di sopportare incrementi
di traffico e diventerà anche il più veloce con la realizzazione del traforo
del Semmering.
Unghie protese verso il mare che grattano via le
merci e le portano in flusso.
Il porto di Trieste
Ma basterà questo per rimettere il nostro porto fra i
fori di questa cintura ?
Gli auspici della belt and road initiative sono
quelli di una riduzione delle barriere doganali fra gli Stati, ma la tendenza
sembra proprio quella opposta. Anche senza scomodare il neoimperialismo di
Trump, già la vecchia e divisa Europa fa fronte comune contro le importazioni
delle materie prime cinesi, attuando delle politiche protezionistiche pesanti
(basti pensare all’acciaio per esempio). Il governo cinese chiede che anche in
campo doganale ci sia una cooperazione bilaterale e multilaterale per la
standardizzazione delle regole doganali e dei controlli, sotto l’egida del WTO.
Che vengano promosse le “single windows” doganali al fine di ridurre i costi
delle operazioni di importazione ed esportazione. Ma alla fine conclude con la
richiesta di creare zone franche di libero scambio, che rimangono ancora una
buona soluzione per mitigare le politiche di protezione doganale.
Ecco allora che il regime di porto franco
internazionale, assegnato a Trieste dal Trattato di Pace di Parigi ed ereditato
dallo Stato italiano quasi come obbligo, può diventare un fattore di vantaggio
per noi, essendo unico nell’Unione Europea. Secondo noi così dovrebbe essere
valutato dal nostro Paese ed il suo governo dovrebbe approvare immediatamente
il decreto interministeriale previsto dalla legge di amministrazione dei porti,
che stiamo attendendo ormai da 23 anni !
Valutiamo lo strumento per quello che attualmente è: In sinesi estrema si può dire che il Porto Franco di
Trieste è territorio politico dello Stato italiano e dell’Unione Europea, ma è
esterno rispetto al territorio doganale dell’Unione Europea. Il porto franco di
Trieste è superiore alla zona franca, così come concepita ed ammessa dal
codice doganale europeo, ed è quindi fondamentale non confonderlo e non
accettare di ridurlo a una zona franca.
Le peculiarità del Porto Franco di
Trieste riguardano due regimi:
regime della massima libertà di accesso e transito
regime doganale, derivante dalla sua extraterritorialità
L’Allegato VIII al Trattato di Pace di
Parigi configura un regime di libero accesso e di transito a condizioni
non discriminatorie
Ne consegue che:
·
navi
di qualsiasi bandiera e proprietà possono attraccare al Porto di Trieste, senza
discriminazione e senza preferenze.
·
treni
di qualsiasi nazionalità, di qualunque vettore ferroviario devono poter
accedere al Porto Franco di Trieste ed hanno diritto di essere introdotti senza
ritardi e senza preferenzialità in base alla loro nazionalità, provenienza o
destinazione. Ne consegue tra l’altro che la manovra ferroviaria debba essere
eseguita in modo da non creare tariffe discriminatorie
·
similmente
i camion di qualsiasi nazionalità diretti al Porto di Trieste o in partenza dal
Porto di Trieste devono poter accedere senza limitazioni. In base a questo
principio, i camion di nazionalità non comunitaria in arrivo ed in
partenza con le navi traghetto, possono transitare dal Porto di Trieste per
gli altri paesi comunitari e viceversa senza bisogno di utilizzare il permesso
di transito bilaterale emesso in base agli accordi fra l’Italia e gli altri
Stati non comunitari. I camion transitano sul territorio italiano in base ad un
permesso particolare emesso dall’Autorità Portuale di Trieste fino al più
vicino valico confinario austriaco o sloveno lungo il loro percorso.
Regime doganale del Porto Franco
Trieste è un Porto Franco doganale
e questi sono i suoi vantaggi:
Merci in deposito presso magazzini del
Porto Franco
Un primo ed immediato beneficio deriva al fatto che le merci possono essere mantenute nel Porto Franco come merci estere:
Un primo ed immediato beneficio deriva al fatto che le merci possono essere mantenute nel Porto Franco come merci estere:
a) per un tempo indeterminato, fino a
quando vengono destinate;
b) senza pagamento di dazi o accise fino
al momento dell’eventuale importazione;
c) senza necessità di garantire la Dogana
per pari importo del dazio e dell’IVA all’importazione. Questa differenza
fondamentale lo caratterizza e lo distingue da qualsiasi altra zona franca o
magazzino doganale, non è necessario presentare alla Dogana alcuna
dichiarazione fino a quando la merce rimane dentro il Porto Franco e non si
devono emettere documenti di transito per il trasferimento dal porto al
magazzino doganale.
Il vantaggio è immediato per le merci
che sono provenienti da un paese non comunitario e sono destinate ad un altro
paese non comunitario o senza una precisa destinazione per le quali non è
necessario emettere alcun documento doganale, pagare alcun dazio o diritto
d’importazione, né presentare alla Dogana alcuna fidejussione a garanzia del
controvalore del dazio e IVA. Nel caso in cui la proprietà delle merci sia
ancora del venditore non comunitario, questo mantiene a tutti gli effetti la
possibilità di disporne liberamente, fino a poter rispedire la merce senza
necessità di alcuna autorizzazione da parte delle autorità doganali. Questo
regime doganale è particolarmente favorevole per:
·
Merci
in transito da un paese non comunitario ad un altro paese non comunitario
·
Stock
di merci a lunga/lunghissima giacenza con elevato valore e per le quali la
Comunità Europea ha fissato un dazio all’importazione (per es. borsa metalli,
borsa caffè, etc.etc.)
·
Merci
in conto vendita di origine non comunitaria, che non hanno ancora una precisa
destinazione e che quindi possono essere vendute liberamente in Italia, in un
altro paese comunitario o in un paese non comunitario. In quest’ambito si pensi
per esempio a merci fatte pervenire per l’esposizione e si compari le norme
speciali previste per l’Expo 2015 con le norme vigenti sempre per il porto
franco di Trieste.
Anche le merci non comunitarie destinate
all’importazione godono di un secondo beneficio del Porto Franco, che dà la
possibilità di pagare il dazio e l’IVA all’importazione dopo 180 giorni
dalla data dell’importazione ad un tasso passivo d’interesse pari al 50%
dell’Euribor a 6 mesi. Questo vantaggio può essere utilizzato anche dagli
importatori europei non italiani, che desiderino importare la merce presso il
porto di Trieste anziché presso la dogana del proprio Paese. Purtroppo la
nostra legge nazionale sull’IVA non ci permette di offrire questo servizio ad
importatori comunitari. E’ necessario un intervento politico sul governo
italiano per rendere agevole la procedura.
Lavorazioni sulle merci depositate in
porto franco
Uno dei principali vantaggi del Porto Franco consiste nella fiscalità delle
lavorazioni effettuate sulle merci depositate in porto franco. Un beneficio ben
noto ai nostri padri, ma praticamente non utilizzato negli ultimi 30 anni. Ora.
Con le nuove disposizioni di servizio introdotte dall’Agenzia delle Dogane si
ha finalmente un quadro normativo certo.
Le disposizione di servizio distinguono
le lavorazioni industriali in base alla destinazione delle merci:
·
Lavorazioni
di prodotti destinati a paesi comunitari (art.52)
·
Lavorazioni
di prodotti destinati a paesi non comunitari (art.53)
Se i beni sono destinati a paesi
comunitari, la lavorazione viene effettuata sotto vigilanza doganale. Una volta
che si sono ottenuti i prodotti finiti questi vengono importati ed il dazio e
l’IVA all’importazione vengono calcolati sulle materie prime immesse, in base
alla loro origine. Il regime quindi non può essere utilizzato per evitare le
politiche di protezione daziaria imposte dall’Unione Europea.
Se i beni sono destinati a paesi non
comunitari, le merci lavorate non vengono sottoposte ad alcuna vigilanza
doganale e quindi, di fatto, perdono l’origine. Il prodotto ottenuto può essere
quindi liberamente rispedito, senza sottostare alle politiche daziarie
unionali.
Immaginiamo quale formidabile strumento
questo potrebbe nel malaugurato caso in cui ci dovessero essere altre brexit ed
i paesi non unionali si dovessero moltiplicare.
Nella corrente situazione possiamo
immaginare un’immediata utilità soprattutto per le merci in arrivo dall’Estremo
Oriente e destinate in Russia e nei paesi non unionali dell’area.
Ed ecco che la cintura nuovamente si
chiude, con la ferrovia tra Vienna e Trieste a fungere da cerniera e le merci
che arriverano via mare in flusso dalla Cina verso l’Europa Centrale e
Danubiana, ma anche verso la Russia europea, a riequilibrare in modo armonioso
il tumultuoso flusso che percorre la via terrestre.
Speriamo che questa sia davvero la volta buona per il rilancio del porto e della città.
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