domenica 29 gennaio 2017

LUCIO CARACCIOLO A TRIESTE - LUNEDI ORE 18 STAZIONE MARITTIMA - L' INTERVISTA

Sotto il testo dell' intervista pubblicata sul Piccolo di oggi.


Lunedì 30, alle 18 alla Stazione Marittima di Trieste
"Italia, Porto di Trieste e sogno cinese: le nuove vie della seta"
Relatori:
LUCIO CARACCIOLO direttore della rivista di geopolitica Limes
ZENO D’AGOSTINO presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale
Interviene:
STEFANO VISINTIN presidente dell’Associazione Spedizionieri del Porto di Trieste.
Modera:
LUCIANO LARIVERA S.I. direttore del Centro Culturale Veritas
In collaborazione con la Libreria Einaudi di Trieste.
INGRESSO LIBERO

L' intervista a Lucio Caracciolo (Piccolo 29/1/17):
«Cina, Usa e Russia nella partita dei Balcani L’Ue tema se stessa» Il direttore di Limes Caracciolo: «Lo scontro tra sistemi economici passa sul piano geopolitico. L’Europa e le nuove “Vie della seta”»
di Mauro Manzin
A Trieste per discutere domani delle “Vie della seta”, alle 18, alla Stazione Marittima, ospite del Limes Club assieme al presidente dell’Autorità portuale, Zeno D’Agostino e al presidente degli spedizionieri, Stefano Visintin, il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, traccia il futuro geopolitico e commerciale dell’Europa centro orientale alla luce del bipolarismo Usa-Cina. Tante opportunità, nuovi assetti ma, purtroppo, un’Europa e un’Italia assolutamente impreparate.
Stati Uniti e Cina, la sfida economica e finanziaria del futuro passa anche attraverso l’Europa centro orientale? 
Certamente, in particolare il progetto delle cosiddette “Vie della seta” lanciato dal premier Xi Jinping è un progetto quasi di globalizzazione altrenativa a quella americana.
Una globalizzazione alla cinese dunque? 
Sì, che passa attraverso grandiosi progetti infrastrutturali e non solo che dovrebbero collegare sempre più la Cina, quindi l’Estremo oriente, al mercato europeo. 
Quali sono i parametri europei di questi nuovi tragitti? 
I riferimenti europei di questi tragitti, che sono in parte terrestri, ferroviari essenzialmente, e marittimi sono l’Europa centro orientale e l’Europa sud orientale, in particolare il porto del Pireo.
E per quanto riguarda l’Europa centro orientale?
Per ora si parla solo di vie ferroviarie. Resta però aperta la partita degli sbocchi mediterranei settentrionali, quindi adriatici nel caso specifico e mi pare che ci sia una discreta confusione tra Venezia, Trieste e i porti sloveni e croati. 
Qual è il rischio di questa confusione?
È quello di una riconferma, dal punto di vista italiano, della centralità degli scali del Nord Europa anche se i cinesi preferirebbero trovare uno sbocco qui da noi. 
Tra i due litiganti sulla globalizzazione, ossia Cina e Usa, soprattutto sul quadrante dell’Europa balcanica c’è il terzo incomodo che si chiama Russia... 
La Russia è sicuramente un protagonista sul fronte balcanico e anche su quello adriatico, ma non ha ancora la stazza cinese o americana, quindi in qualche modo giocherà di sponda. Certamente la partita russa dal punto di vista energetico sarà, soprattutto per il futuro, quella di costruire un qualche canale meridionale del commercio di gas verso l’Europa, il famoso South Stream rivisitato. Sembrerebbe che Mosca stia trovando un accordo con la Turchia che porterebbe poi una notevole quantità di gas dalla Russia in Turchia e dalla Turchia all’Europa. 
E questo che cosa significa? 
Significa di fatto riaprire la partita delle rotte balcaniche dove il ruolo della Serbia sarà piuttosto centrale. 
La Cina è molto interessata al mercato europeo. Alibaba, il colosso della vendita on-line, punta su Zara in Croazia per costruire il suo centro di smistamento europeo, potrebbe essere un primo passo di penetrazione? Un segnale importante?
Certo, Alibaba è un colosso ormai all’altezza, se non oltre, i suoi concorrenti americani e, tra l’altro, il capo di Alibaba è in ottimi rapporti con Trump, quindi giocano un po’ su tutti i tavoli. Ho l’impressione che questi progetti di espansione cinese siano una parte rilevante dell’iniziativa delle “Vie della seta” anche perché riguardano le nuove industrie strategiche con anche delle ricadute di tipo culturale. La Cina ha un estremo bisogno di migliorare il suo marchio in Europa e in Occidente e certamente queste sono iniziative che dovrebbero pesare favorevolmente verso il marchio Cina. 
L’Europa deve temere di più la Cina o gli Stati Uniti? 
Dovrebbe avere paura più che altro di se stessa. Quando l’Europa, come in questa fase, è sostanzialmente abbandonata ai suoi istinti primordiali rischia di farsi del male da sola, tende a ritornare a quella che è la sua configurazione classica ovvero quella di scaricare i problemi dei tedeschi sugli italiani e viceversa, ciascuno impegnato a difendere il proprio particolare, quindi per tornare alle “Vie della seta” penso che siano una grande opportunità per l’Europa, non dovrebbero essere viste, almeno in linea di principio, con grande timore da parte americana, se gli americani vi partecipassero sarebbe una cosa più che positiva, dobbiamo però essere all’altezza della sfida. 
Lasciando stare l’Europa noi italiani come siamo messi? 
Siamo molto indietro, non abbiamo spesso nemmeno gli strumenti informativi e quando li abbiamo evidentemente non siamo in grado di attivarli. Sono anni che i cinesi stanno cercando un porto italiano che sia utile alle vie marittime ma noi ancora siamo fermi e nel frattempo è arrivato il Pireo. 
Il sistema portuale italiano, quello sloveno e croato nell’Alto Adriatico, al di là dei proclami di maniera, conserva un altissima litigiosità e quand’anche si riuscisse a operare unito non riuscirebbe a scalfire la preminenza dei porti del Nord Europa... 
Sì, ma dato che da un punto di vista economico se uno si risparmia otto giorni di viaggio, se trovasse uno sbocco ottimale sull’Adriatico non per sostituire Rotterdam o Amburgo ma semplicemente per avere un’alternativa. Come si raddoppia Panama o Suez non vede perché noi dobbiamo auto escluderci. 
Perché ci siamo autoesclusi? 
Perché non siamo un sistema. Dallo sbocco di Suez, per esempio, il porto di Taranto sarebbe l’ideale, ma evidentemente per chi lo amministra e amministra le ferrovie in Italia questo non viene ritenuta una possibilità da concretizzare. 


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