Sono di questi giorni le notizie di un acuirsi del conflitto tra
Slovenia e Croazia riguardo i confini nella Baia di Pirano, addirittura con
allusioni da ambo le parti a possibili usi della forza militare (clicca QUI).
La questione non è banale perché riguarda l’ accesso diretto alle acque internazionali del porto di Koper-Capodistria e se vogliamo anche del Porto Franco Internazionale di Trieste.
Queste nostre terre non trovano pace da quando il sorgere successivo di Stati Nazione ha smembrato il "Litorale Austriaco - Österreichisch-illirisches küstenland” creando innumerevoli problemi confinari e di navigazione.
Vediamo di esaminare la vicenda che, vista la vicinanza e gli specchi di mare interessati, ha implicazioni anche per Trieste.
Lo scorso 29 giugno la Corte permanente di arbitrato (CPA) del L’Aja si è pronunciata riguardo al “Caso nº 2012-04”, ossia l’arbitrato tra la Croazia e la Slovenia.
SCARICA QUI LA SENTENZA COMPLETA
La disputa riguardo ai confini tra i due paesi iniziò con la loro indipendenza dalla Jugoslavia nel giugno del 1991. L’argomento più spinoso riguardava il confine marittimo tra i due stati. La sentenza è stata molto vantaggiosa per la Slovenia, ma ripercorriamo le varie tappe di questo contenzioso.
La questione non è banale perché riguarda l’ accesso diretto alle acque internazionali del porto di Koper-Capodistria e se vogliamo anche del Porto Franco Internazionale di Trieste.
Queste nostre terre non trovano pace da quando il sorgere successivo di Stati Nazione ha smembrato il "Litorale Austriaco - Österreichisch-illirisches küstenland” creando innumerevoli problemi confinari e di navigazione.
Vediamo di esaminare la vicenda che, vista la vicinanza e gli specchi di mare interessati, ha implicazioni anche per Trieste.
Lo scorso 29 giugno la Corte permanente di arbitrato (CPA) del L’Aja si è pronunciata riguardo al “Caso nº 2012-04”, ossia l’arbitrato tra la Croazia e la Slovenia.
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La disputa riguardo ai confini tra i due paesi iniziò con la loro indipendenza dalla Jugoslavia nel giugno del 1991. L’argomento più spinoso riguardava il confine marittimo tra i due stati. La sentenza è stata molto vantaggiosa per la Slovenia, ma ripercorriamo le varie tappe di questo contenzioso.
La cosiddetta “questione confinaria” (mejni spor in sloveno) dura da più di un quarto di secolo. Durante
tutto questo tempo ci sono stati vari tentativi per risolverla, anche in sedi
internazionali, ma tutte le occasioni si sono rivelate finora insufficienti. Il
primo passo verso un confine “ufficiale” tra Slovenia e Croazia fu fatto dalla Commissione Badinter, ossia “La commissione arbitrale della conferenza sulla Jugoslavia“, che era presieduta dal giurista francese Robert Badinter. Dal
1991 al 1993 la Commisione formulò 15 consigli sui più grandi temi
giuridici che si erano creati con la dissoluzione della Jugoslavia. Tra le
altre, propose anche il riconoscimento internazionale dell’indipendenza della
Slovenia, cosa che la Comunità europea fece il 15 gennaio del 1992.
Pochi giorni prima, l’11 gennaio, la Commissione aveva deciso che i confini tra gli stati
indipendenti dovevano essere quelli delle vecchie repubbliche jugoslave. Badinter scrisse che i confini tra “gli stati indipendenti non
devono essere cambiati, tranne che con accordi conclusi volontariamente” e
che “tranne in caso di diverso accordo, i vecchi confini diventano confini che
vengono tutelati dal diritto internazionale”.
Dopo due mesi, il 18 marzo del 1992, fu creato il gruppo di lavoro
specializzato per il problema del confine tra Croazia e Slovenia. Il capo della commissione croata per i confini statali,
specializzato in diritto marittimo, Davorin Rudolf, fece sapere alle agenzie di
stampa slovene che la Croazia non aveva nessuna pretesa territoriale nei
confronti della Slovenia.
La
Commissione individuò come uno dei punti di partenza per il futuro lavoro 53
separazioni catastali, maggiori di 50 metri. Successivamente preparò la
proposta per la risoluzione dei confini terrestri e marittimi.
La definizione dei confini
marittimi rappresentava e rappresenta tuttora il più annoso dei problemi,
poiché prima della caduta della Jugoslavia non ne esistevano tra le repubbliche
della SFRJ e dunque neanche tra Croazia e Slovenia. Il parlamento sloveno approvò nel 1993 un memorandum sul golfo
di Pirano, che prescriveva il suo completo mantenimento con l’accesso al
mare aperto. La Croazia invece, dal canto suo insisteva nella sua posizione,
sottolineando che la linea di confine dovesse passare attraverso la metà del
golfo.
La
Slovenia reclamava anche il possesso di 113 ettari di terreni a sud del fiume
Dragogna, appellandosi al confine dei comuni catastali. La Croazia invece
sosteneva che questo scorresse attraverso il vecchio letto del fiume, come era
stato deciso con il Memorandum del 1947. Il fiume Dragogna scorse attraverso il
vecchio letto fino agli anni cinquanta, quando fu dirottato nel meridionale
canale Svetega Odorika, che sbocca nel golfo di Pirano. Il canale faceva da confine
il 25 giugno 1991, data di indipendenza delle due repubbliche.
Nel 1995 i due stati si riconobbero a vicenda la legittimità delle
richieste di mantenimento dello status quo del 25 giugno 1991 riguardo ai
controversi territori terrestri. Nell’aprile del 1997 firmarono
un accordo sul traffico transfrontaliero e sulla collaborazione reciproca, che
facilitava il transito del confine per gli abitanti delle zone di frontiera, e decisero che la zona di confine terrestre dovesse comprendere
il raggio di 10 km all’interno di ogni stato.
Il parlamento croato (Il Sabor) formulò nell’aprile del 1999 una dichiarazione sullo stato dei
rapporti tra la Croazia e la Slovenia, che obbligava il governo croato ad
esigere che il confine sul golfo di Pirano passasse esattamente a metà del
golfo. Poche settimane più tardi i due governi decisero congiuntamente di
nominare come mediatore sulla questione l’ex ministro della difesa statunitense
William Perry, che avrebbe formulato un suo parere non vincolante per le parti.
Purtroppo anche questo tentativo di mediazione fallì.
Nel 2001 la questione sembrava volgere al termine, infatti i due
primi ministri Janez Drnovšek per la Slovenia e Ivica Račan per la Croazia
firmarono un accordo congiunto sui confini. Il cosiddetto Accordo Drnovšek-Račan, che poneva finalmente fine al problema e risolveva le
controversie sui confini sia marittimi che terrestri (garantendo tra l’altro
alla Slovenia il passaggio al mare aperto attraverso un speciale corridoio, la
cosiddetta “ciminiera”), non fu però ratificato dal parlamento croato. Così anche
questo tentativo fu un buco nell’acqua.
Si dovette aspettare altri sei lunghi anni per qualche nuovo
passo in avanti, che arrivò il 26 agosto 2007 con l’accordo di Bled tra Janez
Janša ed Ivo Sanader, i quali decisero
all’unisono di risolvere la questione confinaria una volta per tutte per via
giuridica. La Slovenia propose la Corte permanente di arbitrato del L’Aja
oppure di istituire una corte arbitraria ad hoc. Fu istituita una commissione
mista di giuristi di notoria competenza, croati e sloveni, che avrebbero dovuto
preparare una proposta per un tale accordo. Ma non si arrivò mai ad un
compromesso.
Nel
2009 il commissario europeo per l’allargamento Olli Rehn tentò finalmente di
risolvere l’annosa questione confinaria tra Slovenia e Croazia, che si trovava
nel bel mezzo delle trattative per l’adesione all’Unione europea, proponendo
una mediazione, che fu respinta dai croati. In seguito propose un arbitrato,
che fu accolto dalla Slovenia con alcune remore, ma di nuovo non dalla Croazia.
Il 22 aprile 2009 Rehn divulgò una prima bozza di accordo, la cosiddetta Prima proposta Rehn (Prvi
Rehnov predlog), che fu accolta positivamente dalla Croazia, mentre
la Slovenia propose alcune modifiche. La
Seconda proposta Rehn fu presentata nel giugno del 2009 con le modifiche
proposte dalla Slovenia, con le quali la Croazia non era d’accordo e decise
così di ritirarsi da future trattative.
Nonostante il nuovo tentativo fallito, nel luglio del 2009 ci fu un incontro al castello Trakošćan tra i
due primi ministri Borut Pahor e Jadranka Kosor che decisero di proseguire con
le trattative. La Slovenia ritirò il veto
alle trattative di adesione della Croazia all’Ue. Si decise di proseguire le
trattative sulla base della Seconda proposta Rehn.
Il 4 novembre 2009 si giunse alla firma dell’accordo di arbitrato,
che fu firmato a Stoccolma da Pahor, dalla Kosor e dal premier svedese e allora
presidente del Consiglio europeo Fredrik Reinfeldt. L’accordo entrò in vigore il 29 novembre 2010. Il 25 giugno 2011
le due repubbliche lo registrarono congiuntamente presso il Segretariato
generale delle Nazioni Unite (conformemente all’articolo 102 della Carta). I
due stati si impegnarono a rispettare il verdetto della Cpa del L’Aja.
Tutto sembrò filare liscio fino
al 22 luglio 2015, quando il quotidiano serbo Kurir e il quotidiano croato
Večernji list pubblicarono la notizia e successivamente anche le registrazioni
audio delle telefonate tra l’agente del governo sloveno Simona Drenik e
l’arbitro Jernej Sekolec. Il 23
luglio Sekolec si dimise dal ruolo di arbitro e la Cpa chiese alla Slovenia di
sostituirlo. La Croazia chiese di sospendere il processo a seguito delle
intercettazioni telefoniche, mentre la Commissione europea le chiese di
continuarlo e annunciò che esso sarebbe continuato anche in assenza di
Zagabria. Il 31 luglio la Croazia
abbandonò l’accordo di arbitrato. La Cpa
affermò che le intercettazioni telefoniche e le pressioni slovene all’arbitro
Sekolec non giustificavano una decisione simile: sembrava che la Croazia
aspettasse proprio la pretesa giusta per abbandonare il processo che stava
seguendo il suo naturale corso, a vantaggio della Slovenia.
Il 29 giugno 2017 il presidente del tribunale Gilbert Guillaume ha
letto il verdetto, stabilendo che il confine tra Slovenia e Croazia segue il
corso del Dragogna e finisce nel mezzo del canale Svetega Odorial. Assegnando
così alla Slovenia tre quarti del golfo di Pirano e un corridoio che le
consente l’accesso alle acque internazionali.
La
Croazia ha dichiarato da subito di non voler rispettare la sentenza. Il premier
croato Andrej Plenković dell’Accadizeta (HDZ), commentando l’invito della
Commissione europea alle due repubbliche ad attuare la decisione della Corte,
ha affermato che l’Unione europea dovrebbe restare nella sua giurisdizione, che
non include il problema del confine tra Slovenia e Croazia.
La
sentenza della Corte dell’ Aja affronta anche la questione dei confini del
Territorio Libero di Trieste in cui la Baia di Pirano è compresa ex articoli 4 e 22 del Trattato di Pace del 1947.
Lo fa al punto 30 a pag. 8 del verdetto:
“30.
In 1954, the FTT (Free Territory of Triest - TLT - ndr) was dissolved, pursuant to a Memorandum of Understanding
between the Governments of Italy, the United Kingdom of Great Britain and
Northern Ireland, the United States of America and Yugoslavia regarding the
Free Territory of Trieste (“London Memorandum”). 30 Most of Zone A of the FTT
was thereby transferred to Italy, while the remainder of the FTT was integrated
into the FPRY.31 The district of Koper was attributed to Slovenia and the
district of Buje to Croatia. This was done in conformity with the FPRY’s “Act
of 25 October 1954 on the Applicability of the Constitution, Laws and other
Federal Legal Regulations on the Territory, onto which the Civil Administration
of the FPRY was extended by Means of an International Agreement”. 32 After
these major modifications, the territories of Slovenia and Croatia essentially
remained unchanged until independence.”
Cioè afferma che il Memorandum di Londra del 1954 ha di fatto “dissolto” il Territorio Libero di Trieste previsto dal Trattato di Pace del 1947.
E che da allora i confini tra Slovenia e Croazia sono rimasti identici fino alla dissoluzione della Yugoslavia.
Di conseguenza riguardo detti confini è applicabile il principio di “Uti possidetis” recepito nella Convenzione di Vienna del 1978 sui Trattati (punto 256 pag.79 della sentenza).
Cioè afferma che il Memorandum di Londra del 1954 ha di fatto “dissolto” il Territorio Libero di Trieste previsto dal Trattato di Pace del 1947.
E che da allora i confini tra Slovenia e Croazia sono rimasti identici fino alla dissoluzione della Yugoslavia.
Di conseguenza riguardo detti confini è applicabile il principio di “Uti possidetis” recepito nella Convenzione di Vienna del 1978 sui Trattati (punto 256 pag.79 della sentenza).
Non siamo giuristi e malgrado questa sentenza non venga rispettata dalla
Croazia, che non intende però contestarla sul punto riguardante il TLT, ed abbia creato polemiche anche a Trieste riguardo le affermazioni
sulla dissoluzione del TLT conseguente al Memorandum di Londra interpretato
come atto definitivo e non solo provvisorio ("sistemazione provvisoria" quale lo stesso Stato Italiano ufficialmente la considerava fino al Trattato di Osimo del 1975 o semplice "amministrazione" civile come scritto nel Memorandum), non
possiamo che rilevare che questo è l’ orientamento prevalente dell’ autorevole
Tribunale dell’ Aja e che questa sentenza costituisce un precedente.
Sia corretta giuridicamente o meno, sia conforme alla verità storica o meno, questa sentenza indica evidentemente quale sia l’ attuale interpretazione prevalente in ambito internazionale, conseguenza degli attuali equilibri geopolitici, contro la quale andrebbero inevitabilmente a scontrarsi eventuali istanze simili.
Paolo Deganutti
Sia corretta giuridicamente o meno, sia conforme alla verità storica o meno, questa sentenza indica evidentemente quale sia l’ attuale interpretazione prevalente in ambito internazionale, conseguenza degli attuali equilibri geopolitici, contro la quale andrebbero inevitabilmente a scontrarsi eventuali istanze simili.
Paolo Deganutti
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