MERKEL CONTRO TRUMP da LimesOnLine del 29/5/17
Le parole della cancelliera tedesca sulla necessità degli europei di farsi carico del proprio destino.
“I tempi in cui potevamo contare completamente su altri sono in certo senso finiti. L’ho sperimentato negli ultimi giorni. Ora posso solo dire che noi europei dobbiamo davvero prendere il nostro destino nelle nostre mani, ovviamente in amicizia con gli Stati Uniti, con la Gran Bretagna e intrattenendo i migliori rapporti possibili con i vicini, anche con la Russia. Ma dobbiamo realizzare l’obbligo di combattere da soli per il nostro futuro, per il nostro destino di europei”.
Non è tanto Donald Trump il destinatario delle parole di Angela Merkel a Monaco di Baviera. O di quelle del ministro degli Esteri Sigmar Gabriel, secondo cui The Donald ha “indebolito l’Occidente” e mette a rischio la pace in Europa.
Gli attacchi del presidente Usa al libero scambio, agli accordi sul clima di Parigi, alla Nato e alla Germania stessa hanno certo fornito il casus belli alla cancelliera cristianodemocratica tedesca e al suo ministro degli esteri socialdemocratico (entrambi in campagna elettorale in vista del voto di settembre). Tuttavia, le ragioni che la spingono a ufficializzare l’esortazione agli europei a stringersi – implicitamente attorno a Berlino – prescindono dall’ascesa di Trump alla Casa Bianca.
Gli attacchi del presidente Usa al libero scambio, agli accordi sul clima di Parigi, alla Nato e alla Germania stessa hanno certo fornito il casus belli alla cancelliera cristianodemocratica tedesca e al suo ministro degli esteri socialdemocratico (entrambi in campagna elettorale in vista del voto di settembre). Tuttavia, le ragioni che la spingono a ufficializzare l’esortazione agli europei a stringersi – implicitamente attorno a Berlino – prescindono dall’ascesa di Trump alla Casa Bianca.
La Germania ha necessità di tenere ancorata a sé una parte dell’Ue per provare a salvare l’Europa di cui è guida involontaria e da cui trae ampi benefici. Il punto è quale. Quella che più le è affine (fra austerità e dintorni), quella che fa parte della propria filiera produttiva o dell’Eurozona o quella con cui sta rafforzando la cooperazione militare? A definire questo progetto geopolitico si dedicherà Berlino nei prossimi tempi, provando a smorzare l’impatto del Brexit e a trovare un modus vivendi con la Russia.
Tale obiettivo cozza però con l’imperativo strategico degli Stati Uniti di impedire il consolidamento di un blocco egemonico sul Vecchio continente, come ha scritto Dario Fabbri nel numero del mese di Limes:
Alle prese con un’area di netta impronta germanica al centro del continente, gli Stati Uniti interverrebbero direttamente e surrettiziamente per insidiare il progetto berlinese. Colpendo l’export teutonico e quello dei territori associati (Italia del Nord compresa), attraverso dazi e misure contro la manipolazione di moneta e riducendo la cooperazione militare con la Kerneuropa. Con il sostegno soprattutto di baltici, polacchi e romeni, che avversano ogni compromesso tra Mosca e Berlino.Le avvisaglie di una campagna antitedesca sono già palesi. Nelle scorse settimane l’amministrazione Trump si è scagliata contro la politica monetaria perseguita da Francoforte, accusando la Bce di indebolire scientificamente l’euro, e contro le esportazioni tedesche e italiane. […] Proposito ampiamente condiviso dagli apparati Usa che ne apprezzano la dimensione strumentale […].Viceversa Berlino prova a ergersi a paladina del libero commercio e della società aperta in funzione antiamericana, dotandosi della narrazione necessaria a una battaglia di lungo periodo. Con Volker Kauder, capogruppo dei cristiano-democratici al Bundestag, che promette di rispondere con misure analoghe alle tariffe proposte da Trump e la Merkel che difende la globalizzazione «contro ogni volontà di chiuderci in noi stessi».
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