La carta inedita della settimana è dedicata all’energia, in particolare ai gasdotti verso l’Europa Occidentale e l’Italia.
Il tema, tornato alla ribalta nel nostro paese per vie delle proteste contro il Gasdotto transadriatico (Tap), è da tempo presente nell’agenda dei governi europei e della Russia.
Le poste in gioco sono eminentemente geopolitiche.
Le valutazioni strategiche dietro ai rischi legati (per l’Europa) alla dipendenza energetica da Mosca e (per Mosca) alla dipendenza dall’Ucraina per l’export del gas coinvolgono i paesi dell’area, ma anche quelli mediorientali – potenziali rivali della Russia – e naturalmente gli Stati Uniti.
Gli Usa sono interessati al paniere energetico del Vecchio Continente non solo per motivi commerciali, ma anche in chiave strategica anti-russa.
Spiega Marco Giuli:
La Trans-Adriatic Pipeline (Tap) è un gasdotto in costruzione che percorre 870 km dal confine greco-turco alle coste pugliesi, attraverso Grecia, Albania e mare Adriatico. A partire da fine 2020 trasporterà circa 10 miliardi di metri cubi annui di gas azero proveniente dal giacimento caspico di Shah Deniz 2 . La Tap costituisce il tratto finale, in territorio comunitario, di una rotta che include la South Caucasus Pipeline (Scpx) e la Trans-Anatolian Pipeline (Tanap).
Tale rotta inaugura il Corridoio Sud, piano infrastrutturale volto a garantire all’Europa l’accesso al gas caspico e mediorientale. Fin dagli anni Novanta il Corridoio Sud è stato sostenuto dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea con l’obiettivo di liberare le risorse caspiche dalla dipendenza dal panorama infrastrutturale post-sovietico, contribuendo a ridurre l’influenza russa nell’area e la dipendenza europea dal gas di Mosca.
Negli anni queste ambizioni si sono articolate intorno ai progetti concorrenti Nabucco (che avrebbe dovuto portare il gas caspico verso l’Austria) e Tap, più economico e meno ambizioso. Nel 2013, il consorzio Shah Deniz 2 guidato da British Petroleum e Socar ha infine selezionato il Tap. Fra i fattori decisivi nella scelta, le dispute per lo status legale del Caspio – un ostacolo per la partecipazione del gas turkmeno al corridoio, il cui contributo avrebbe giustificato le dimensioni del Nabucco – e il crescente scetticismo degli investitori sulla domanda europea.
Nella sua attuale configurazione il Corridoio Sud – e con esso il Tap – ha perso parte della sua rilevanza geopolitica per due motivi: le dimensioni al momento modeste e le dinamiche dei mercati del gas. I 10 miliardi di metri cubi che entrerebbero in Europa rappresentano solo il 2,4% del consumo continentale di gas: certo non un game changer rispetto ai 133 miliardi di metri cubi venduti da Gazprom in Europa nel 2015.
Il Tap servirà più a coprire il gap di produzione europeo che a contendere quote di mercato ad altri esportatori in futuro, e servirà un outlet già ben diversificato come quello italiano rispetto alla regione balcanica, considerata vulnerabile dagli stress test effettuati dall’Ue nel 2014.
Se il progetto russo Turkish Stream dovesse svilupparsi con una capacità superiore a quella necessaria per servire il mercato turco, il Tap potrebbe in futuro addirittura trasportare anche il gas russo. Infatti, una volta scaduto il regime di eccezione che garantisce al gas azero l’uso esclusivo del gasdotto per 25 anni, la capacità di questo sarà liberamente contendibile sul mercato in base alle regole del terzo pacchetto energia approvato da Bruxelles nel 2009.
L’accresciuta flessibilità infrastrutturale nell’Ue, l’evoluzione del quadro regolamentare e l’abbondanza di gas sui mercati mondiali hanno significativamente ridotto le rigidità fisiche e contrattuali alla base della vulnerabilità europea rispetto agli abusi di mercato di Gazprom. Per anni il Corridoio Sud è stato visto come l’unica possibilità di diversificare gli approvvigionamenti; ora è solo una possibilità fra le tante.
Per l’Italia, il Tap si inserisce in un piano di sviluppo di un hub mediterraneo del gas delineato dalla Strategia Energetica Nazionale del 2013, che aumenterebbe la rilevanza geopolitica del paese per i partner europei.
Roma è in una buona posizione per acquisire tale centralità, grazie alla sua capacità di importazione attraverso pipeline multiple e rigassificatori e di riesportazione verso l’Europa attraverso i recenti investimenti in reverse flow nei gasdotti che attraversano le Alpi. In questo senso vanno letti anche i piani di ampliamento della rete domestica e delle capacità di stoccaggio e il sostegno italiano a EastMed. Questo gasdotto, che porterebbe il gas israeliano e cipriota verso l’Europa, è stato inserito da Bruxelles fra i progetti di interesse comune (come il Tap).
Fra le maggiori incognite per la futura espansione del Tap rimangono le possibilità, al momento magre, che le grandi risorse di Iran e/o Turkmenistan possano confluire nel Corridoio Sud; la possibile recrudescenza della violenza nelle provincie orientali turche, in cui attori non statuali hanno spesso attaccato le infrastrutture energetiche; e la dinamica della domanda europea di gas, alla luce dei piani veterocontinentali di decarbonizzazione e della potenziale saturazione del mercato da parte della sovracapacità russa.
Carta inedita di Laura Canali in esclusiva per Limesonline
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