IL VOTO IN CATALOGNA [di Steven Forti]
Con un’altissima partecipazione (82%), le elezioni regionali in Catalogna sembrano un déjà vu di quelle del 2015: gli indipendentisti mantengono la maggioranza dei seggi in parlamento, ma non ottengono quella assoluta dei voti (47,5%).
Ci sono però delle differenze, che segneranno il futuro catalano e spagnolo.
Innanzitutto, il successo di Ciudadanos (25,3%): mai una forza non nazionalista catalana era stata il primo partito nella regione.
In secondo luogo, il tonfo del Partito popolare (4,2%): un risultato che potrebbe avere delle conseguenze sulla stabilità del governo di Mariano Rajoy. Il commissariamento della regione si è dunque rivelato una vittoria di Pirro per il premier spagnolo.
L’estrema polarizzazione mostra una società fratturata e premia le destre: i socialisti non sfondano e i Comuns della sindaca Colau perdono voti.
E ora? Sono molte le incognite riguardo a un possibile nuovo governo indipendentista, a partire da chi sarà eletto presidente. Se rientrasse in Spagna, Carles Puigdemont verrebbe arrestato: le decisioni della magistratura continueranno a giocare un ruolo chiave. E con quale programma si governerebbe? La via unilaterale non ha futuro. Si tornerà a fare politica? Inizierà finalmente un dialogo tra Barcellona e Madrid?
Convocate nella speranza di rimescolare le carte e rendere più agevole la ricerca di soluzioni politiche, le elezioni non hanno dunque dato i risultati sperati. Ma un solo verdetto: la crisi catalana, per ora, continua.
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