L’IMPORTANZA DI BAUMGARTEN
Sono più di uno i motivi per cui l’incidente occorso nell’austriaca Baumgarten ha rilevanza geopolitica.
Innanzitutto, l’interruzione delle forniture di gas dal principale snodo europeo verso l’Italia conferma non tanto la ben nota dipendenza dagli approvvigionamenti russi. Quanto il potenziale di ricatto in mano all’Europa tedesca, dalla quale transitano due terzi del gas importato dal nostro paese da Russia e Mar del Nord, immettendosi nella rete nazionale presso Tarvisio e Passo Gries. Forma di dipendenza non abitualmente sottolineata, mentre è ampia la discussione sul vincolo dell’euro e sulle intrinsechezze industriali con il mondo germanico.
Non è sfuggito tale aspetto al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che ha sottolineato la necessità per Roma di diversificare non tanto le fonti quanto le rotte dell’approvvigionamento gasiero. E di realizzare il Tap, gasdotto proveniente da Grecia e Albania che entro il 2020 dovrebbe portare in Puglia – e da lì nel resto del paese e oltre – energia dai giacimenti azeri. Ma non solo, poiché se il Turkish Stream dovesse superare il fabbisogno anatolico, allora anche il gas russo potrebbe finire nei tubi del Tap.
Dal 2014 quasi l’85% del capitale del sito esploso e del gasdotto appartiene all’italiana Snam, che lo ha ereditato dall’Eni. Il restante 15,5% è della società austriaca Gas Connect Austria Srl, i cui azionisti sono al 51% l’Omv Gas & Power (società petrolifera analoga all’Eni italiana, proprietaria tra l’altro di una rete di distributori di carburanti, tra cui l’ultimo lungo l’autostrada prima di Tarvisio, in località Malborghetto) e di nuovo la Snam al 49%. In altre parole, il gasdotto della Tag, compresa la stazione di compressione di Baumgarten, dove è avvenuto lo scoppio, è quasi completamente italiano. La società ha 265 dipendenti e un fatturato annuo di 309,5 milioni.
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