Il Messaggero di Roma ha pubblicato un interessante articolo che riproduciamo per intero.
Sintesi: LA CINA MUOVE LE NAVI PER SCHIERARSI CON PUTIN: PECHINO E’ PRONTA A INTERVENIRE IN CASO DI OFFENSIVA AMERICANA - XI JINPING HA INVIATO A TARTUS UNA PORTAEREI, UNA FREGATA, MILLE SOLDATI E DUE CACCIATORPEDINIERE - NEI GIORNI SCORSI ALCUNI DRONI STATUNITENSI SONO STATI MANDATI IN TILT DA CYBERATTACCHI RUSSI MENTRE STAVANO SORVOLANDO LA SIRIA
Siria, anche la Cina muove le navi alleanza in mare con Mosca
di Cristina Mangani
L'ordine è arrivato da Pechino, e non
stupisce affatto: in caso di attacco, le navi cinesi presenti nel Mediterraneo
dovranno appoggiare la Russia. Che la guerra scoppi o meno, quello che conta
sono gli schieramenti, il deterrente più forte per allentare la tensione nelle
acque antistanti la Siria. Nel risiko che si sta giocando tra super potenze, il
piccolo stato mediorientale finisce accerchiato, con le navi che si stanno
riposizionando. Dalla base di Tartus, roccaforte russa, hanno preso il largo le
portaerei, che hanno cominciato a fare esercitazioni a fuoco in mezzo al mare.
Tutte le rampe
antimissile delle 4 basi aeree, compresa quella iraniana alle porte di Damasco,
di Jabal Ash Sharqi, sono state armate. Mentre nel pomeriggio una
lanciamissili, una fregata, due cacciatorpediniere e una nave di rifornimento
cinesi si sono dirette sempre in zona Tartus, con a bordo mille marines.
LE TASK FORCE
Oltre alla task
force russa, dunque, composta da quindici navi da guerra di stazza nel
Mediterraneo, tra cui due fregate, due cacciatorpedinieri lanciamissili e
almeno un sottomarino classe Varshavyanka, c'è ora la 29 flotta della Marina
cinese, ufficialmente in quelle acque per contrastare la pirateria. Un fatto
non nuovo, visto che, proprio lo scorso anno, le due forze hanno effettuato
esercitazioni congiunte nel Mar Baltico. Attualmente, comunque, l'ammiraglia
russa davanti alla Siria è la fregata lanciamissili capofila della classe
Admiral Grigorovich.
Nello stesso
tempo, e nello stesso tratto di mare, gli americani, gli inglesi e i francesi,
stanno prendendo posizione. Il Pentagono, al momento, non ha portaerei nel
Mediterraneo, perché la Truman è appena salpata e non sarà in zona prima di
dieci giorni.
Restano le
installazioni presenti attualmente in Italia, che sono - così come ricostruisce
Pietro Batacchi, direttore di Rid, la Rivista italiana difesa - Camp Ederle, a
Vicenza, sede della 173/a Brigata Aerotrasportata e dell'United States Army
Africa (Usaraf); Aviano, dove sono di stanza caccia F-16 dell'Usaf e dove sono
stoccate pure le bombe nucleari B-61 (parte del dispositivo di deterrenza della
Nato), e la Naval Support acvitiy di Napoli, sede della Sesta Flotta dell' Us
Navy (che al momento ha assegnato in maniera permanente una solo unità).
«In un'ottica
siriana - osserva ancora l'esperto - le strutture più importanti sono però la
base di Camp Darby (Pisa) e la Naval air station di Sigonella. La prima è una
delle principali basi logistiche delle Forze armate americane fuori dagli Usa e
ospita milioni di munizioni e bombe-ordigni di vario tipo. È direttamente
collegata al porto di Livorno attraverso un sistema di canali. La Nas
Sigonella, invece, è il principale hub per le operazioni americane nel
Mediterraneo».
LE FORZE
SPECIALI
Inoltre, nel
Nord della Siria operano forze speciali inglesi e americane: una cinquantina di
uomini che si trovano in quell' area per dare supporto ai curdi e alle forze
ribelli che combattono Assad. Il loro ruolo potrebbe essere quello dei
segnalatori. Anche se, il 30 marzo scorso, due di questi soldati super
addestrati, John Dumbar e Mad Torrac, sono morti saltando per aria su una mina
a Manbij.
Come si
muoveranno, dunque, le varie forze in campo? A giudicare dagli abbracci tra
delegati Usa e russi, ma anche dalla confusione dei tweet lanciati dal
presidente Trump, la situazione sembra molto più sotto controllo di qualche
giorno fa. I rischi di una simile guerra sono troppo elevati. Soprattutto, nel
caso in cui per dare una lezione al presidente siriano, gli Usa finissero con
il colpire casualmente un soldato di Putin.
Nei giorni
scorsi, poi, secondo il racconto di quattro funzionari americani alla Nbc News,
alcuni droni statunitensi sono stati mandati in tilt da attacchi cyber russi
mentre stavano sorvolando la Siria. Piccoli droni, non i grandi Reaper e
Predator che hanno decimato la catena di comando del Califfato, colpiti da
sabotaggi da remoto dopo che si erano sollevati in volo per aggirarsi intorno a
Ghouta, alla ricerca di tracce degli attacchi chimici.
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