DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

giovedì 23 luglio 2020

IL BILANCIO DEL CONSIGLIO EUROPEO: IL PROBLEMA PIÙ GRANDE DEI FRUGALI NON È L'ITALIA. È LA GERMANIA - Un articolo di Dario Fabbri per Limes On Line



IL BILANCIO DEL CONSIGLIO EUROPEO [di Dario Fabbri]
Il Consiglio Europeo ha raggiunto un’intesa sul rilancio economico dell’Unione, attraverso un fondo collegato al prossimo bilancio comunitario, composto da 390 miliardi di euro in sussidi e 360 miliardi in prestiti convenzionali.
Perché conta: Al di là dei proclami trionfalistici, della retorica di queste ore, l’accordo ha una sottaciuta valenza geopolitica. In sintesi: la Germania ha inteso spendersi per salvare il mercato comune, garantendo con la propria solidità le obbligazioni con cui la commissione finanzierà il fondo di ripresa – recovery f(o)und, secondo la sgrammaticata dizione in voga in Italia, quasi a segnalarne la percepita natura di risorsa piovuta dal cielo.
Per anni Limes ha spiegato che, contrariamente alla vulgata, non solo Berlino non avrebbe cacciato nessuno dall’eurozona, ma si sarebbe prodigata per puntellare i membri più deboli – superata la fase di bluff. Quanto puntualmente accaduto in questi giorni, in particolare in favore del Nord Italia che vive nella teutonica catena del valore. Troppi i benefici per la Germania dall’esistenza dell’euro in termini di esportazioni, di coinvolgimento delle strutture produttive altrui, sebbene la moneta unica fu inizialmente pensata contro di essa.
Il punto è stabilire se, finalmente capace di porsi al centro di uno spazio commerciale, Berlino vorrà trasformare la propria influenza economica in geopolitica. È quanto temono i satelliti della Repubblica Federale, i cosiddetti “frugali” – perché alcuni paradisi fiscali siano detti frugali rimane mistero – impegnati nei secoli a scongiurare d’essere dominati dal soggetto che temporaneamente incarna il nucleo germanico. Di qui, ben oltre le questioni fiscali, le uniche comprese alle nostre latitudini, la principale ragione dell’opposizione di Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia, preoccupate dalla possibilità che la Germania smetta i panni di stordita potenza commerciale per indossare quelli di consapevole potenza geopolitica, con inevitabili conseguenze sul loro margine di manovra. Terrore alleviato in piena notte da Berlino aumentando gli sconti alla contribuzione del bilancio europeo di cui olandesi e soci già beneficiano.
Potenziale nuovo corso teutonico cui guardano con attenzione gli Stati Uniti, ossessionati da qualsiasi velleità berlinese, da qualsiasi scatto in avanti della cancelleria. Preoccupazioni che da tempo hanno guastato le relazioni bilaterali e che nei prossimi anni potrebbero condurre alla definitiva rottura tra i due paesi. Ciò invece non inquieta minimamente l’Italia, incapace di guardare oltre le questioni economicistiche, troppo impegnata a sopravvivere per interrogarsi su cosa può succedere se la Germania torna a essere uno Stato compiuto, se si intesta il destino del continente. Eppure è l’unica potenziale svolta di lungo periodo, assai più rilevante dei prossimi negoziati comunitari su come il nostro paese (e non solo) dovrà spendere i soldi promessi, sepolta nel clamore di queste ore.

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