DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

venerdì 18 agosto 2017

Il ballo del gallo decapitato: lo Stato Islamico a Barcellona -NO TINC POR - Un articolo di LimesOnLine sull' attentato di ieri.


NO TINC POR: non abbiamo paura. E' lo slogan gridato oggi a Barcellona, capitale della Catalogna che il prossimo ottobre voterà il Referendum per l' Indipendenza.
Proponiano l' articolo odierno della edizione on-line di Limes.


Il ballo del gallo decapitato: lo Stato Islamico a Barcellona

Indebolito sul terreno in Siraq e Libia, l’Isis rimane capace di colpire in Europa sfruttando l’ideologia e la sua capacità di veicolarla sui social media.


“Gli esecutori dell’attacco di Barcellona sono soldati dello Stato Islamico”. Così giovedì sera l’agenzia stampa Amaq, megafono ufficiale del sedicente Stato Islamico (Isis), ha rivendicato l’attentato terroristico nel cuore della capitale catalana.

Si legge nel breve comunicato circolato su Telegram e Twitter, prima in lingua araba e poi in spagnolo: “Una fonte di sicurezza all’agenzia Amaq: gli esecutori dell’attacco di Barcellona sono soldati dello Stato Islamico e hanno compiuto questo attacco in risposta agli appelli di colpire i paesi della Coalizione”. Per “coalizione” si intende la Global Coalition against Daesh, cui partecipa anche la Spagna con poco più di 300 soldati impiegati in Iraq in attività di addestramento delle forze irachene che combattono i seguaci di al-Baghdadi.

La rivendicazione ufficiale da parte dell’Isis è giunta alcune ore dopo che il furgone aveva falciato decine di persone su La Rambla, uno tra i luoghi a maggiore densità turistica nella capitale catalana. In passato, e in attacchi simili, l’Isis aveva già pronta la rivendicazione che iniziava a circolare entro un’ora o poco più dall’esecuzione dell’attacco.

Questa volta ci sono volute diverse ore. Un aspetto tecnico, che però mette in evidenza due fattori.

Primo: la macchina propagandistica dell’Isis, il suo ufficio stampa centrale, ha pesantemente risentito delle sconfitte subite sul terreno, in particolare in Iraq, Siria e Libia. In quest’ultimo paese l’attività mediatica dello Stato Islamico si è praticamente fermata dopo l’inizio delle operazioni militari che hanno costretto i seguaci di al-Baghdadi ad abbandonare Sirte, la loro capitale libica de facto.

Secondo: il fatto che siano trascorse diverse ore prima della rivendicazione sembra confermare che azioni come quella di Barcellona sono condotte da soggetti o cellule che si muovono autonomamente rispetto alla scala gerarchica dell’Isis e che compiono l’attacco in nome dell’ideologia e degli appelli lanciati dal cosiddetto Califfato. Il quale, se l’attacco appare utile a fini propagandistici, lo rivendica limitandosi a cambiare la data e il nome della città sul comunicato targato Amaq, divenuto un format. La frase è sempre la stessa: “Una fonte di sicurezza all’agenzia Amaq: gli esecutori dell’attacco a… sono soldati dello Stato Islamico e hanno risposto agli appelli a colpire i paesi della Coalizione”.

Dal punto di vista investigativo, le autorità spagnole, sostenute da quelle marocchine e probabilmente dagli altri apparati occidentali, stanno lavorando in queste ore per comprendere non soltanto i dettagli dell’azione ma chi siano i responsabili. Moussa, uno dei sospettati, sarebbe tornato dal Marocco una decina di giorni fa. Capire cosa abbia fatto in questi giorni e chi abbia incontrato potrà essere rilevante nelle indagini.

A prescindere dall’identità dell’autista del furgone – Driss Oukabir o suo fratello Moussa, entrambi marocchini – è evidente che l’attacco sia di matrice islamista violenta e che sia stato quantomeno ispirato dall’Isis e da precedenti azioni simili compiute in nome dell’Isis, come la strage a Nizza del 14 luglio 2016.

L’attentato di Barcellona è un attacco a tutta l’Europa e a tutto l’Occidente, ma anche ai paesi arabo-musulmani che contribuiscono alla lotta all’Isis. La Rambla è la via di Barcellona più frequentata dai turisti, non soltanto occidentali ma anche arabo-musulmani. Negli ultimi anni le autorità spagnole hanno smantellato diverse cellule jihadiste legate all’Isis, principalmente composte da elementi di origine maghrebina, in particolare marocchini.

Soprattutto negli ultimi mesi, sono state frequenti le visite dei funzionari spagnoli in Marocco, per rafforzare la già ottima cooperazione tra i due Regni nel campo della sicurezza e della lotta al terrorismo. Ciò ha permesso di sventare numerose azioni terroristiche – non quella di ieri.

Dal punto di vista operativo, è molto più complesso impedire a un soggetto alla guida di un veicolodi falciare dei pedoni piuttosto che sventare un’azione che richiede l’utilizzo di esplosivi, in quanto questa seconda opzione espone sicuramente a un maggiore rischio di cadere sotto la lente degli apparati di sicurezza. L’Isis lo sa e nella sua propaganda ha spesso fatto riferimento a operazioni simili. Lo sanno ancora meglio i suoi “lupi” che si muovono sul terreno.

Emulazione? Distorsione e strumentalizzazione della religione? Complotto? Piuttosto, terrorismo. Terrorismo psicologico che si autoalimenta sui social network. L’Isis, con tutte le sfumature, le ambiguità e le contraddizioni che caratterizzano questa organizzazione, sta perdendo la sua battaglia militare sul campo, dalla Libia al Siraq.

Oggi è paragonabile a un gallo decapitato che “danza” ciecamente senza meta, convinto di non poter vivere a lungo senza una testa, dunque pronto a tutto perché sul terreno ha perso (quasi) tutto. Agli osservatori era noto che con le sconfitte militari dell’Isis sarebbe aumentata la minaccia di azioni singole e autonome con date e bersagli difficilmente prevedibili – ma sempre nel cuore dell’Occidente, in particolare nei paesi della Coalizione internazionale anti-Isis.

Indebolito sul terreno, lo Stato Islamico rimane forte nell’ideologia e nella sua veicolazione tramite le reti sociali. L’Isis è per i giovani radicalizzati islamici ciò che per i giovani occidentali sono i giochi di violenza proposti da Play Station o Xbox: un’alternativa alla realtà, in cui l’arma di riscatto è la violenza come espressione della propria forza e superiorità.

Un riscatto sociale che per i musulmani nati in Occidente da genitori emigrati trova spesso la sua naturale dirompenza nella religione, o meglio nell’interpretazione errata o quantomeno a senso unico del jihad, la lotta.

Dunque il nocciolo del problema non era Al-Qaeda ieri, non è l’Isis oggi e non sarà il gruppo che domani sostituirà l’Isis. Il nocciolo è rappresentato da diverse sfaccettature, in primis la convivenza di due sistemi culturali – occidentale e musulmano.

Quando la convivenza fallisce, produce delle bolle come l’Isis. Che strumentalizzano e alimentano questo contrasto rievocando nelle menti facilmente influenzabili di giovani musulmani disorientati l’idea che la loro unica forza e dignità sia nella versione oscurantista e violenta dell’Islam propagandata da una scuola di pensiero che rimane diffusa in ambienti radicalizzati, tanto in Occidente quanto nei paesi arabo-musulmani.

L’autore è direttore di Cosmonitor

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