Conversazione con Sergej Karaganov, presidente del Consiglio di difesa e politica estera russo e preside della School of International Economics and Foreign Affairs presso la National Research University-Higher School of Economics di Mosca.
a cura di Orietta Moscatelli
LIMES Oggi in Russia si parla di svolta verso est come fatto compiuto. È davvero così?
KARAGANOV Tutto è cominciato dieci anni fa. In realtà se ne parlava anche prima, ma l’inizio della fase attuale, che vede concretizzata la svolta verso est della Russia, risale al 2008, quando una serie di studi dimostrò che reindirizzarci verso oriente sarebbe convenuto molto alla Russia. E che non bisognava perdere tempo, eravamo già in ritardo rispetto alla possibilità di imporci, riorganizzarsi su un’arena internazionale del tutto nuova e molto più proficua. Non è stato facile far assimilare questo concetto alla nostra burocrazia, alla nostra élite, in buona parte orientata verso l’Europa. Lo era stata per tre secoli. Inoltre, al di là dell’approccio storico, negli anni Novanta la classe dirigente era diventata molto più dipendente dal punto di vista economico e anche spirituale dall’Europa. Non solo erano stati esportati capitali in Europa, ma l’élite aveva puntato sull’Europa, sull’avvicinamento all’Europa: una scommessa che si era rivelata fallimentare, ma era difficile ammetterlo.
LIMES Quando inizia, concretamente, la svolta verso est?
KARAGANOV Nel 2011, quando Putin inizia a parlarne pubblicamente. Già nel 2012-13 c’è un movimento in questo senso, viene creato un ministero per lo Sviluppo del lontano Oriente (Minvostokrazvitija). Il ragionamento alla base di questo «movimento verso est» riguardava i nuovi mercati su cui posizionarsi e implicava lanciare un processo di sviluppo della Siberia e del lontano Oriente, regioni che più di tutte avevano sofferto negli anni Novanta. Questo mentre si stava capendo che l’Europa era in stagnazione e non poteva alimentare sviluppo. Una presa di coscienza associata peraltro al sospetto che sul versante occidentale sarebbero sorti problemi. Le complicazioni politiche arrivarono dopo, come elemento di second’ordine, anche di terzo, nel senso che il percorso verso oriente della Russia assunse carattere geopolitico solo nel 2013, quando fu chiaro che le relazioni con l’Occidente stavano seriamente peggiorando. Fatte queste premesse, possiamo dire che il movimento verso est ottiene nel 2014 un forte impulso, si rafforza nella dimensione sia geopolitica sia economica con l’arrivo delle sanzioni occidentali e delle relative controsanzioni russe. Tutti fattori che si traducono in una spinta verso altri mercati, esteri e interni. Quattro anni dopo la svolta è compiuta, ma allo stesso tempo il processo è ancora in corso.
LIMES Lei sostiene che la Russia è un paese geneticamente autoritario. Quanto ha pesato questo aspetto nella presa di distanza dall’Europa?
KARAGANOV Affermare che la Russia ha l’autoritarismo nei suoi geni non significa che la Russia abbia una vocazione di potenza autoritaria, che questo paese abbia una natura del tutto autoritaria. Anzi, ci sono forti elementi di democrazia nello sviluppo istituzionale russo, anche nella politica attuale. Possiamo dire che siamo più autoritari perché un territorio come quello della Federazione Russa prima è stato frutto di conquiste, poi è diventato necessario conservarlo, cosa che ha richiesto in passato una gestione centralizzata, necessaria ancora oggi, anche se in minor misura. La tendenza autoritaria del potere russo si è rafforzata dal 2012-13 e in buona misura questo è accaduto perché i nostri vicini di casa europei hanno deciso di darsi al messianismo, hanno cominciato a promuovere in Russia valori morali e religiosi che io definirei posteuropei o anche antieuropei. Solo che la Russia è un paese europeo e noi ci siamo ritrovati a difendere valori europei, mentre gli amici europei facevano pressioni per valori che noi non consideravamo affatto europei. Si è aggiunto quindi un fattore ideologico a contribuire all’allontanamento.
LIMES Il riposizionamento verso oriente è stato dunque una scelta obbligata?
KARAGANOV No, nessuna scelta obbligata. È stato concepito quando i rapporti con l’Occidente erano del tutto difendibili. Pietro il Grande aveva puntato praticamente tutto sullo sviluppo di un percorso europeo per il suo paese, mentre oggi non ci sono illusioni in questo senso. La Russia non è Asia, ma non è neppure Europa. È un paese con molti elementi di cultura europea, vicina a modelli economici di tipo europeo, ma in parte ha una mentalità asiatica e un atteggiamento asiatico verso il potere. Io gli orientali cerco di capirli, ma non li capisco, soprattutto la Cina: ci servirebbero eserciti di orientalisti. In generale si tratta di culture davvero differenti dalla nostra e dico «nostra» perché io sono di cultura europea. Anche se, di nuovo, nella cultura russa ci sono comunque elementi asiatici. Tuttavia, in Oriente vedo il futuro. È molto semplice. Lì tutto è in movimento, tutto cresce e quando torni a casa in Europa ti sembra di essere tornato nella tua vecchia casa abbandonata, in rovina. Ma una casa bellissima. L’Oriente oggi è più pragmatico, meno legato a dogmi e, per quanto possa sembrare strano, ha un atteggiamento molto più aperto e liberale nei confronti dei partner. In Asia sono molto meno inclini a utilizzare le sanzioni per scopi politici. A ovest invece si fa un crescente uso di sanzioni, non solo contro la Russia. L’Occidente ha perso la capacità di prevalere in modo militare e le sanzioni hanno preso il posto di questa opzione.
LIMES Cosa risponde a chi sostiene che se la Russia un giorno verrà attaccata da qualcuno quel qualcuno sarà la Cina?
KARAGANOV Stupidaggini, assolutamente. Negli ultimi cinque secoli noi siamo sempre stati attaccati da ovest, e ci siamo abituati. Se vogliamo tracciare prospettive di lungo corso, certo, tutto è possibile, ma è per questo che la Russia sviluppa Forze armate potenti, semplicemente perché a nessuno venga in mente di aggredirci. Non c’è comunque nulla di simile all’orizzonte, proprio no. Poi, chi ricorda la dominazione mongola per evocare spettri nel futuro non si rende conto che l’Orda ha funzionato da vaccino storico, contribuendo a formare il carattere nazionale e la tradizione politica della Russia. Penso che proprio quei due secoli e mezzo di semidipendenza siano alla base dell’aspirazione russa – così chiara, così forte – alla propria sovranità. Forse proprio per questo in seguito noi siamo stati in grado di sconfiggere tutti i conquistatori europei. Purtroppo in Occidente non hanno mai compreso e non hanno tentato di comprendere la nostra genetica aspirazione alla sovranità, alla libertà di scegliere.
LIMES E come commenta la teoria di un futuro, inevitabile avvicinamento tra Russia e Usa in funzione anticinese?
KARAGANOV È il sogno degli americani e dell’entourage di Trump, ma non siamo stupidi: tra dieci anni, se la Cina si comporterà da potenza egemonica, si uniranno tutti e anche noi ci mobiliteremo per bilanciare, se servirà pure in modo radicale, includendo l’India, la Turchia, potenze regionali. Ora c’è un’azione soft di bilanciamento, diciamo un bilanciamento amichevole. Chi pensa che gli Usa possano prendere il posto della Cina nel rapporto con la Russia di geopolitica non capisce proprio nulla. Gli Usa si stanno ripiegando su sé stessi, noi con la Cina abbiamo più di 4 mila chilometri di confine. E dovremmo litigare con la Cina per amore degli Usa? Certo, molto dipende dalla politica cinese: se cercherà di porsi come forza egemone, nella tradizione dell’Impero del Centro, allora un qualche tipo di avvicinamento con l’Occidente è ipotizzabile. Forse per altre vie. Nel senso che gli Usa tra sette, dieci anni si renderanno conto di avere perso lo status di potenza egemonica, nonché il primato militare. Questo li farà molto allarmare. E forse riusciranno a risolvere i loro problemi interni, quelli che li hanno portati a gonfiare questa idea di minaccia russa. Magari diventeranno un paese più normale. Forse non saremo mai amici, ma una collaborazione costruttiva è possibile. Noi lo vogliamo, anche in questo momento. Pensiamo che relazioni come quelle attuali non facciano i nostri interessi, siano negative. Anche con l’Europa nel tempo vogliamo arrivare a un altro tipo di relazioni, ma a tal fine anche l’Europa deve passare attraverso una sua fase rivoluzionaria e diventare più realista. L’Europa deve capire che i valori sono una grande cosa, ma che molti di questi valori promossi dall’élite europea in parte dell’Europa vengono percepiti con orrore.
LIMES Il partenariato tra Russia e Cina può evolvere verso una vera e propria alleanza?
KARAGANOV Tra Cina e Russia al momento c’è un’alleanza de facto, non de iure. La politica russa sta introiettando questo fatto, come fattore politico ed economico. E credo di poter dire che i cinesi fanno anche più affidamento su di noi, in particolare per quanto concerne la sicurezza. Ma un’alleanza de iure non è possibile, perché né Russia né Cina possono accettare un criterio di parità. Questo aspetto è forte in Cina, che si nutre di una sua specifica cultura, e per la Russia è fondante l’aspirazione alla sovranità: impossibile concedere a chicchessia il diritto di dare disposizioni su base paritaria. Invece il partenariato con la Cina si fonda su una relazione di complementarità, basata sul dinamismo economico cinese e sulla potenza militare di un paese che certo è più piccolo e ha una popolazione molto meno significativa di quella dell’Urss, ma d’altra parte non ha più il fardello delle altre repubbliche sovietiche e dei satelliti socialisti da finanziare. Ora la Russia può permettersi di avere un esercito di dimensioni ridotte ma efficiente, con un quinto della spesa rispetto ai tempi sovietici. Lo abbiamo visto in Siria.
LIMES Cosa prevede per le relazioni con l’Europa, con l’Occidente?
KARAGANOV Credo che la Russia rafforzerà la sua posizione nei confronti dell’Occidente, cosa peraltro in parte già avvenuta. Per 10-15 anni l’Occidente, l’Europa ci hanno guardati come l’allievo difficile, ora il rapporto si è invertito. È un bel problema. I russi si comportano con gli europei come si fa con l’ultimo della classe: quando dice qualcosa al massimo si può ridere, non certo ascoltarlo. I rapporti sono cambiati davvero, in modo radicale. L’Occidente ha commesso un errore strategico all’inizio degli anni Novanta, quando ha deciso di non integrare la Russia, che in quel momento era pronta a entrare nella squadra europea, come parte che avrebbe conservato la sua sovranità. Se l’Occidente avesse acconsentito, oggi il mondo sarebbe diverso. L’Occidente non avrebbe perso la superiorità militare, base della sua potenza in passato. Ma sembra che questo sia un esito definitivo, non c’è via di ritorno.
Tuttavia, in linea di massima noi mettiamo in conto che una volta completata la svolta a est potremo tornare a volgere lo sguardo a occidente. Proprio su questo si basa il concetto della Grande Eurasia, che la Russia appoggia. Una concezione che ingloba anche l’Europa, tramite la creazione di un grande spazio unico, economico e di sicurezza, non più da Lisbona a Vladivostok, ma da Shanghai e Giacarta a Lisbona.
Tutto cambierà, anche la Russia cambierà e credo ci sarà un’evoluzione democratica. Quindi, probabilmente, tra 10-15 anni ci incontreremo di nuovo con l’Europa, solo che l’Europa non sarà più quell’area di democrazia che è stata negli ultimi decenni. L’Europa che ha vissuto sul guanciale della sicurezza fornita dagli Usa e dall’Urss pensava che le cose sarebbero continuate così per sempre e invece si ritroverà a dover competere in un contesto in cui l’Occidente non è più egemonico. Dovrà gestirsi in modo diverso. E vi dirò: molti europei di spicco con cui ho parlato sono assolutamente d’accordo con me.
LIMES Come sarà, secondo lei, il mondo tra dieci anni?
KARAGANOV Sono pressoché certo che tra dieci anni nel mondo ci saranno due centri economico-geopolitici: la Grande America e la Grande Eurasia. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’emergere di un centro geoeconomico in Eurasia, sullo sfondo della nuova guerra fredda. Un centro che si sta strutturando attorno a Russia e Cina e che non va visto come una semplice alleanza difensiva, ma piuttosto come un nuovo polo di sviluppo che vuole e può diventare un’alternativa al centro euroatlantico. Per la Russia è inevitabile ritagliarsi il proprio spazio nella grande Eurasia. Al cui centro, certamente, ci sarà la Cina.
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