1/ TRUMPUTIN VISTO DAGLI USA
[di Dario Fabbri]
[di Dario Fabbri]
Al netto degli annunci fantasiosi di queste ore – per cui ieri sarebbe finita la guerra fredda, oppure sarebbe addirittura cominciato un nuovo ordine mondiale – può essere utile analizzare cosa Donald Trump può aver promesso a Vladimir Putin e cosa può aver ottenuto in cambio. Per stabilire che il summit di Helsinki è stato nettamente più favorevole al leader russo.
Convinto che la Russia non costituisca un problema perché economicamente inconsistente, da tempo Trump vorrebbe utilizzare il Cremlino per contrastare l’espansionismo iraniano in Medio Oriente e incrinare le certezze della Germania, dipendente dagli idrocarburi siberiani. Mentre è meno intenzionato a giocare Mosca contro Pechino, perché la Cina non lo preoccupa sul piano strategico.
Per questo ieri ha probabilmente chiesto a Putin di rinnegare la propria intesa con l’Iran e di distanziarsi da Angela Merkel, pur continuando a rifornire i tedeschi di gas. In cambio avrebbe offerto la sospensione delle sanzioni ai danni di Mosca e la promessa di congelare la questione ucraina – con la Crimea ovviamente destinata a rimanere russa.
Richieste che Putin avrebbe facilmente accolto perché funzionali agli interessi del suo paese, che da sempre riconosce l’Iran come nemico strategico (nonostante il confermato sostegno all’accordo nucleare) e che in questa fase non potrebbe stringere un’alleanza con la Germania nemmeno se volesse (considerata la ritrosia di Berlino).
Il capo del Cremlino sa bene che la Casa Bianca non può incidere sulle penalità imposte alla Russia dal Congresso e che nel lungo periodo gli Stati Uniti proveranno a condurre definitivamente l’Ucraina nel campo occidentale. Ma è altrettanto consapevole che non riceverà dagli americani offerte migliori di questa, peraltro a fronte di nessuno sforzo concreto da parte sua.
Mentre Trump torna da Helsinki con la magra soddisfazione d’essersi misurato con un altro uomo forte del panorama internazionale e d’aver apparentemente sconvolto la politica estera statunitense. Risultati utili a corroborare la sua personale narrazione, ma non paragonabili a quanto può aver incassato il suo interlocutore.
2/ TRUMPUTIN VISTO DALLA RUSSIA
[di Mauro De Bonis]
[di Mauro De Bonis]
Su una cosa in Russia sono quasi tutti d’accordo circa l’importanza del vertice di Helsinki tra Putin e Trump: il fatto che ci sia stato. Prova inoppugnabile che Mosca resta attore di prima grandezza nel panorama internazionale, che il suo apporto appare essenziale per lavorare a una stabilità planetaria e che i tentativi di emarginarla per le sue ambizioni e disegni geopolitici sembrano falliti.
Molte le voci caute che, al di là di una vittoria d’immagine assegnata al leader russo durante l’incontro di lunedì, fanno notare come nessun risultato concreto sia stato ottenuto, nessun accordo firmato. Coscienti del peso relativo di cui il leader statunitense dispone in patria per poter decretare l’inizio di una nuova epoca di cooperazione a tutto tondo con la Russia. La quale, per gran parte dell’establishment a stelle e strisce, resta “il” nemico.
Le sanzioni occidentali peseranno sulla Federazione per ancora molto tempo, il Cremlino non rinuncerà al rapporto con una Cina tra le cui braccia è stato spinto da Washington stessa, e non restituirà, come chiarito da Putin, la Crimea. Ma per molta della stampa russa un primo passo è comunque stato fatto. Anche se sarà complicato camminare assieme a un partner mentre questo ti castiga.
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