DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

giovedì 25 giugno 2020

TRA USA E CINA, SINGAPORE PREFERISCE NON SCEGLIERE - La città stato portuale teme le ripercussioni del confronto fra le due potenze. ripercussioni che si sono già viste anche a Trieste - Un articolo di G. Cuscito su Limes



Posizionata sullo strategico Stretto di Malacca e votata al commercio, la città Stato ospita un avamposto militare americano ed è legata economicamente ed etnicamente alla Repubblica Popolare. Perciò teme le ripercussioni del duello tra Washington e Pechino.

di Giorgio Cuscito

Singapore teme il duello tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese.
Tale assunto trova riscontro nelle recenti affermazioni di Lee Hsien Loong, premier singaporiano e figlio del fondatore della città Stato. In un recente articolo su Foreign Affairs, Lee ha affermato che l’Asia “ha prosperato grazie alla Pax Americana” iniziata all’indomani della seconda guerra mondiale, basata sul libero commercio e sull’ombrello di sicurezza per i paesi della regione. Oggi questi ultimi “sono preoccupati in quanto vivono all’incrocio tra gli interessi di diverse grandi potenze, devono evitare di finire nel mezzo o di essere trascinate in scelte spiacevoli”. Secondo Lee, è necessario che la superpotenza e il suo sfidante trovino un modo di convivere, scindendo le aree di cooperazione da quelle di competizione.
Le parole del primo ministro riflettono la geopolitica di Singapore, collocata strategicamente sullo Stretto di Malacca, in cui transitano i principali flussi commerciali ed energetici tra Oriente e Occidente. È uno dei fulcri della finanza globale e il secondo porto al mondo per gestione di container. Ospita un avamposto militare americano e una corposa comunità cinese. E commercia intensamente con la Repubblica Popolare, dalla quale riceve crescenti investimenti nel settore tecnologico.
La guerra dei dazi e l’epidemia di coronavirus hanno pesantemente colpito l’economia di Singapore, che ha registrato una contrazione annuale del 2,2% nel primo trimestre del 2020 e dovrà affrontare nuove elezioni entro aprile 2021. Nel lungo periodo, la rotta di collisione sino-statunitense potrebbe deteriorare ulteriormente il commercio e la finanza globali e – nella peggiore delle ipotesi – generare un conflitto in Estremo Oriente. Tali dinamiche metterebbero in pericolo la stabilità regionale e gli interessi della città Stato, che ha bisogno di preservare le sue connessioni globali politiche ed economiche per proteggere la propria sovranità.
 La Città del Leone

La Repubblica di Singapore, essenzialmente priva di risorse naturali, si trova sulla punta meridionale della penisola malese, tra la Malaysia a nord e l’Indonesia a sud. Il suo territorio comprende 64 isole, di cui la più grande è quella omonima.

Nel XIV secolo, il principe malese Sang Nila Utama approda sull’allora isola di Temasek e fonda il regno di Singapuracioè Città del Leone, dopo aver visto un grande animale aggirarsi nella foresta. Probabilmente si trattava di una tigre malaysiana, ma da quel momento l’isola conserva il nome e il leone diventa parte dell’iconografia singaporiana.

Grazie alla sua posizione geografica, l’isola assume il ruolo di fondamentale snodo commerciale delle rotte marittime delle antiche vie della seta; un punto di approdo dei pirati; meta della prima ondata migratoria dalla Cina. La seconda avviene nel XIX secolo, dopo le guerre dell’Oppio. Oggi, dei 5,7 milioni di abitanti il 74% è di etnia cinese, mentre il resto è principalmente di origine malese e indiana.

Nel corso dei secoli diverse potenze prendono il controllo dell’isola: il sultanato di Malacca, il regno del Siam, quello di Giava, il Regno Unito, il Giappone e la Malaysia. La moderna Singapore si forma nel 1819, quando il britannico Thomas Stamford Raffles installa nel territorio all’epoca malese una base commerciale per conto della Compagnia delle Indie Orientali in cambio del sostegno allo sviluppo delle infrastrutture locali. È un passo decisivo per Singapore, che gradualmente diventa piattaforma dei traffici commerciali regionali, prima marittimi e poi aerei. Per questa ragione diversi luoghi della città sono tuttora intitolati a Raffles.

Singapore diventa parte della Federazione della Malaysia nel 1963. Ma le divergenze politiche con Kuala Lumpur, legate al trattamento privilegiato attribuito da quest’ultima ai malesi, degenerano in violenza. Al punto che due anni dopo Singapore, espulsa dalla Federazione, diviene indipendente sotto forma di repubblica parlamentare.

Da allora, il Partito d’azione popolare (Pap) fondato da Lee Kuan Yew guida incontrastato Singapore tramite un forte controllo sulla vita sociale del paese. L’opposizione, frammentata, non ha mai battuto il Pap. Negli anni successivi, il governo si concentra sulla formazione dell’identità nazionale, sulla protezione della sovranità singaporiana e sul commercio. Nel 1967, Singapore contribuisce alla fondazione dell’Associazione dei paesi del Sud-Est asiatico (Asean) con Indonesia, Malaysia, Filippine e Thailandia per consolidare la propria statura regionale e internazionale.

Dal 1984, nella città Stato vige il concetto di “difesa totale (militare, civile, economica, sociale, psicologica e digitale), basato sul presupposto che la migliore difesa dalla minacce interne ed esterne è collettiva. Il governo locale ha disposto un sistema legale particolarmente rigoroso, intransigente nei confronti della criminalità e della penetrazione di agenti d’influenza stranieri. E ha plasmato Forze armate all’avanguardia; la Marina singaporiana è tra le migliori del Sud-Est asiatico.

Singapore presta particolare attenzione alla propria identità nazionale, per evitare che i dissidi tra gruppi etnici (ciascuno legato alla rispettiva madrepatria) destabilizzino il piccolo paese. La Città del Leone infatti è dotata di ben quattro lingue ufficiali (malese, mandarino, tamil e inglese). Malgrado l’approccio autoritario, non mancano movimenti socio-politici: gruppi di attivisti cercano di far valere le proprie idee muovendosi lungo i confini posti dalla legge locale.

Singapore tra Usa e Cina

Singapore e Usa non sono ufficialmente alleati, ma la loro cooperazione militare è solida. In base a un accordo stipulato lo scorso settembre, le Forze armate americane preserveranno l’accesso alla base navale di Changi fino al 2035. Qui transitano aerei e navi a stelle e strisce per fare rifornimento in occasione delle operazioni attorno a Taiwan e alle isole cinesi negli arcipelaghi Paracel e Spratly. Anche le perlustrazioni e le esercitazioni bilaterali sono frequenti.

Il fatto che Singapore abbia ospitato lo storico summit tra il presidente Usa Donald Trump e il dittatore nordcoreano Kim Jong-un nel 2018 conferma la sintonia tra Washington e la città Stato. E quanto quest’ultima consideri essenziale ospitare attività politiche di alto livello per affermare i propri interessi nazionali.

La Marina del Regno Unito ha conservato un’installazione logistica a Sembawang (nel Nord dell’isola), retaggio dell’esperienza coloniale. Il personale della struttura è composto solo da otto unità, ma basta a Londra per far approdare a Singapore le proprie navi transitanti per lo Stretto di Malacca. In più, la Città del Leone è membro del Commonwealth e ha siglato un accordo difensivo con Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Malaysia (Five Power Defence Arrangements), il cui scopo è il coordinamento militare.

Sin dai tempi di Deng Xiaoping, Pechino apprezza Singapore per il connubio tra approccio autoritario e modernizzazione economica. L’élite locale, come quella cinese, ritiene che le libertà individuali vengano dopo l’interesse della collettività. Eppure la città Stato è profondamente diversa dalla Repubblica Popolare, per dimensioni geografiche e demografiche. Soprattutto, il suo modello politico non è rigido e centralizzato come quello cinese.

Singapore non disdegna l’interazione con le Forze armate cinesi. Lo confermano il “programma sostanziale” bilaterale sottoscritto nel maggio 2019 e la successiva esercitazione congiunta, focalizzata su attività di antiterrorismo e soccorso.

La tensione tra i due paesi è tuttavia aumentata nel 2016, quando la Cina ha sequestrato veicoli armati singaporiani di ritorno dagli addestramenti bilaterali a Taiwan. La vicenda ha spinto Pechino a non invitare il primo ministro Lee al primo forum sulle nuove vie della seta l’anno successivo. Obiettivo: sottolineare che l’appoggio a Taipei è inammissibile, visto che il governo cinese vuole riconquistarla entro il 2049. La presenza di Lee alla seconda edizione dell’iniziativa svoltasi nel 2019 lascia intendere che le due parti abbiano quantomeno superato l’episodio.

Del resto, il rapporto sino-singaporiano è molto intenso sul piano economico. La Repubblica Popolare è il più importante partner commerciale della Città del Leone e la principale meta dei suoi investimenti. Il primato per quelli elargiti a Singapore spetta invece agli Usa.

Negli ultimi anni, colossi e start-up cinesi hanno accresciuto le proprie operazioni in loco. Huawei ha aperto un laboratorio per l’intelligenza artificiale e lo sviluppo della rete 5G. Baidu ha lanciato da poco il suo servizio cloud locale. Alibaba ha preso il controllo del 50% dell’Axa Tower. Ant Financial, suo braccio finanziario, potrebbe ottenere la licenza per offrire servizi bancari digitali alle imprese nell’ex colonia britannica.

L’obiettivo di queste imprese è eguagliare i rivali americani Facebook, Google e Amazon, già presenti nel Sud-Est asiatico. Inoltre, Pechino vuole integrare la rete 5G made in China con le arterie delle nuove vie della seta in fase di sviluppo in MalaysiaIndonesia, Myanmar e Thailandia. Nel lungo periodo la Repubblica Popolare punta a ridurre la dipendenza delle proprie operazioni marittime militari e commerciali dallo Stretto di Malacca pattugliato dagli Usa e allo stesso tempo smorzare l’influenza americana su questo collo di bottiglia.

Considerata la rilevanza di Singapore a livello regionale, la penetrazione cinese nei suoi gangli digitali si incardina logicamente nella tattica di Pechino. E nei prossimi anni potrebbe acuire la rilevanza della Città del Leone nel duello tra Usa e Cina.



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