DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

mercoledì 1 marzo 2017

SUL MESSAGGERO VENETO DI UDINE IMPORTANTE INTERVISTA A ZENO D' AGOSTINO PRESIDENTE DELL' AUTORITA' PORTUALE DI TRIESTE, CON UNA RISPOSTA AGLI ATTACCHI VENEZIANI



Oggi sul Messaggero Veneto di Udine leggiamo un' intervista a Zeno D' Agostino che contiene, tra l' altro, una indiretta risposta ai furibondi attacchi al Porto di Trieste da parte dei Paolo Costa il Presidente uscente dell' Autorità Portuale di Venezia che protestava contro l' esistenza dei nostri Punti Franchi che sono secolari e derivano da trattati internazionali.
Spiace di non aver trovato quest' intervista sul quotidiano di Trieste ma su quello di Udine, così come nulla si è letto sul Piccolo degli importanti retroscena della visita di Mattarella in Cina e della candidatura di Trieste a terminal della Nuova Via della Seta.


Ecco il testo:

Messaggero Veneto 1 marzo 2017 Il presidente Zeno D’Agostino: «Traffici e vocazioni diverse, basta guerre» Il futuro: nuova industria nelle zone franche, diversificazione e più treni «Venezia e Trieste siano due Porti complementari» di Eleonora Vallin. PADOVA. Aumentano i traffici al Porto di Trieste: +27% i treni per 7.631 convogli nel 2016 ma cresce anche l'occupazione: 225 assunti in due anni. Perché, spiega il presidente dell’Autorità Zeno D’Agostino, il driver deve essere la «qualità, non solo la quantità». Veronese, classe 1968, D’Agostino ha festeggiato due anni di mandato lo scorso 24 febbraio. «Dobbiamo portare a casa la polpa, non possiamo valutare un porto solo in base ai container che entrano ed escono: non c’è crescita se non c’è produttività - spiega -. Servono logistica e industria. Per questo il nostro obiettivo è di utilizzare meglio i 2,3 milioni di metri quadri di zona franca del porto». Cosa significa, presidente? «Grazie a un emendamento della Finanziaria 2015, l’Autorità può trasferire e ampliare 700 mila metri quadri fuori da Porto Vecchio in altre zone della provincia. Sono già partite le trattative commerciali con diversi soggetti industriali perché qui possiamo creare nuova manifattura». Un esempio? «Pensate se un’azienda automobilistica decidesse di portare a Trieste la sua fabbrica di auto per servire l’Europa con almeno un 40% di consegne in Ue: può realizzarla sapendo che, su quello che produce lì e sui componenti, non paga un euro alla dogana finchè non esce dal punto franco. Ci siamo dimenticati che anche i porti in Italia sono state aree industriali, e che possono tornare a esserlo». Il master plan approvato che investimenti prevede? «Un miliardo di euro e il piano regolatore è già stato approvato nel 2016. Significa che se arriva un investitore e vuole mettere soldi e costruire ha l'ok a procedere. Stiamo già trattando con vari interlocutori. L'obiettivo, tolte le infrastrutture a servizio comune che sono le ferrovie e la stazione di Campo Marzio, è che il 60% sia a carico e resti in mano ai privati. Un quinto di questo investimento per 188 milioni è tutto sul molo VII, finanziato dalla società Tmt del gruppo Maneschi-Msc». Intermodalità e diversificazione, sono queste le parole chiave del suo mandato? «Oggi da Trieste le merci arrivano via treno fino a Kiel con servizio diretto, siamo collegati da Bettembourg a Budapest con un ventaglio di offerta Ovest-Est non da poco. Abbiamo rivoluzionato la manovra ferroviaria che è il movimento che dalla stazione porta il treno sui terminal marittimi e viceversa: oggi ci costa il 40% in meno e abbiamo giocato la nostra competitività qui». E la rete ferroviaria? «Di infrastrutture ne abbiamo tante ma spesso non le usiamo. Noi abbiamo valorizzato l'esistente prima di costruire altro. Trieste ha un’accessibilità marittima perfetta con 18 metri di pescaggio e non esiste nave che non possa entrarvi, ma la competitività oggi si gioca a terra. Sulla ferrovia Trieste-Tarvisio abbiamo pochi adeguamenti e sono già stati previsti da Rfi. L'investimento maggiore è nella stazione di Campo Marzio dove Rfi investirà 50 milioni per adeguare i binari a 750 metri di lunghezza che ci permetteranno di allungare i treni su standard europei. L'Autorità portuale aggiungerà altri 20 milioni per le infrastrutture lato porto e riattivare un tunnel versoSud dove stiamo costruendo la piattaforma logistica». L'accessibilità terrestre è altrettanto perfetta? «Stiamo utilizzando una storica galleria ferroviaria degli anni ’60 che permette di bypassare la città dalla stazione di Campo Marzio con uscita a Barcola e poi verso la rete, senza incrociare la viabilità cittadina». E così il traffico treni è cresciuto esponenzialmente. «Più 68% in due anni grazie anche agli interventi sull'organizzazione ferroviaria. Dietro il Porto abbiamo 4 interporti: Fernetti, Gorizia, Cervignano e Pordenone che non hanno oggi traffici ferroviari esaltanti. La logica è di collegarli, metterli in rete e far sì che siano governati da un soggetto unico che pianifichi l'attività del porto e anche dei suoi satelliti». Cosa c’è in rete adesso? «Al momento solo l’interporto di Trieste (Fernetti) ma abbiamo aperto un tavolo romano per nuovi adeguamenti a Cervignano ad opera di Rfi. Stiamo ragionando sulla messa a sistema di Opicina, senza dimenticare che a giorni, con l'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale, arriverà il decreto che inserirà dentro l'Autorità anche Monfalcone». E con gli interporti veneti? «Con Padova lavoriamo con due-tre treni a settimana, operiamo anche su Milano, Bologna, Novara e Cremona; abbiamo una buonissima capacità ferroviara sull'asse Nord e a Est ma quando andiamo verso Ovest troviamo centri intasati e diventa problematico. Sarebbe da trovare una complementarierà tra il ruolo di Trieste e Venezia». Ma Venezia e Trieste sono concorrenti sul traffico merci? «Se guardiamo al settore container che oggi va di moda e sembra l'unica misura per indicare il valore di un porto (metro che non condivido), vedo oggi due porti che fanno due mestieri diversi senza alcun conflitto. Venezia è il porto di riferimento per import-export del Triveneto mentre Trieste ha un ruolo di import-export verso mercati extra nazionali: per l'80% sono infatti tutte merci che vanno e vengono oltre confine. Venezia poi lavora nell'infra-Mediterraneo con navi adeguate al suo pescaggio, noi lavoriamo molto con il Far Est e navi ben più grandi da 14 mila teu ma ci stiamo già attrezzando per le 18 mila». Cosa potrebbe cambiare con l'offshore di Venezia? «L’offshore non ci porta via neanche un container. Ma sarò tranchant: se si tratta di una bella idea ci scommetta un privato che dia prova della sostenibilità del business. Ma temo non arriverà nessuno, se non le casse dello stato. E il tema lo evidenzio non da presidente del Porto ma da cittadino italiano». Sulla crocieristica che obiettivi ha Trieste? «Nessuno vuole toccare il ruolo predominante di Venezia che è città leader e anche la più bella del mondo. Ma siccome vedo navi da crociera fino a Capodistria, penso che anche Trieste valga la pena di una toccata. Quest'anno facciamo 140 mila passeggeri e credo che, anche se arrivassimo a 500 mila, nulla toglieremo a Venezia. Ma ripeto: bisogna iniziare a ragionare per complementarietà». Spieghi meglio…. «Visto che il mestiere che fa Trieste per il 35% è legato al transhipment (scarico e ricarico in porto di container, ndr), mi chiedo perché se lo facciamo noi anche Venezia debba attrezzarsi per questo mercato con l'off shore. Mi chiedo anche perché una nave dovrebbe scegliere di approdare su un'isola, con poi una rottura di carico per arrivare a terra e forse costi in più, rispetto all'entrata diretta in porto. Specie ora che il container lavora sotto costo. Tutti hanno navi ma bisogna riempirle. Noi su 486 mila contanier ne abbiamo fatti 436 mila pieni: il 90%, ma di norma il dato statistico è di un terzo». Quanto può ancora aumentare il traffico da Trieste? «Sulla linea ferroviaria fino al Tarvisio facciamo 126 treni al giorno (passeggeri e merci) ma la capacità è di 240: abbiamo quindi un residuo di 114 e in pratica possiamo trasportare via ferro 2 milioni di teu l’anno». La linea è adeguata? «Non solo è adeguata ma qui a Nordest abbiamo storicamente una sagoma dei tunnel a 4,15 metri di altezza che ci permette caricare i semirimorchi ed è questa la ragione per cui abbiamo intercettato il traffico turco che è tutto su semirimorchi».


Gli attacchi a Trieste di Paolo Costa sul Corriere.


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