DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

domenica 17 settembre 2017

IL CONFLITTO TRA SLOVENIA E CROAZIA PER LA "BAIA DI PIRANO" RIGUARDA L' ACCESSO ALLE ACQUE INTERNAZIONALI ED HA CONSEGUENZE ANCHE SU TRIESTE - IL RIFIUTO CROATO DI APPLICARE LA SENTENZA ARBITRALE DELLA CORTE DELL' AJA -

 https://drive.google.com/file/d/0B8ImzMl2gpVwVjRsR2dTVlgzSzQ/view?usp=sharing

Sono di questi giorni le notizie di un acuirsi del conflitto tra Slovenia e Croazia riguardo i confini nella Baia di Pirano, addirittura con allusioni da ambo le parti a possibili usi della forza militare (clicca QUI).
La questione non è banale perché riguarda l’ accesso diretto alle acque internazionali del porto di Koper-Capodistria e se vogliamo anche del Porto Franco Internazionale di Trieste.
Queste nostre terre non trovano pace da quando il sorgere successivo di Stati Nazione ha smembrato il "Litorale Austriaco  - 
Österreichisch-illirisches küstenland creando innumerevoli problemi confinari e di navigazione.
Vediamo di esaminare la vicenda che, vista la vicinanza e gli specchi di mare interessati, ha implicazioni anche per Trieste.

Lo scorso 29 giugno la 
Corte permanente di arbitrato (CPA) del L’Aja si è pronunciata riguardo al “Caso nº 2012-04”, ossia l’arbitrato tra la Croazia e la Slovenia.

SCARICA QUI LA SENTENZA COMPLETA


 La disputa riguardo ai confini tra i due paesi iniziò con la loro indipendenza dalla Jugoslavia nel giugno del 1991. L’argomento più spinoso riguardava il confine marittimo tra i due stati. La sentenza è stata molto vantaggiosa per la Slovenia, ma ripercorriamo le varie tappe di questo contenzioso.
La cosiddetta “questione confinaria” (mejni spor in sloveno) dura da più di un quarto di secolo. Durante tutto questo tempo ci sono stati vari tentativi per risolverla, anche in sedi internazionali, ma tutte le occasioni si sono rivelate finora insufficienti. Il primo passo verso un confine “ufficiale” tra Slovenia e Croazia fu fatto dalla Commissione Badinter, ossia “La commissione arbitrale della conferenza sulla Jugoslavia“, che era presieduta dal giurista francese Robert Badinter. Dal 1991 al 1993 la Commisione formulò 15 consigli sui più grandi temi giuridici che si erano creati con la dissoluzione della Jugoslavia. Tra le altre, propose anche il riconoscimento internazionale dell’indipendenza della Slovenia, cosa che la Comunità europea fece il 15 gennaio del 1992.
Pochi giorni prima, l’11 gennaio, la Commissione aveva deciso che i confini tra gli stati indipendenti dovevano essere quelli delle vecchie repubbliche jugoslave. Badinter scrisse che i confini tra “gli stati indipendenti non devono essere cambiati, tranne che con accordi conclusi volontariamente” e che “tranne in caso di diverso accordo, i vecchi confini diventano confini che vengono tutelati dal diritto internazionale”.
Dopo due mesi, il 18 marzo del 1992, fu creato il gruppo di lavoro specializzato per il problema del confine tra Croazia e Slovenia. Il capo della commissione croata per i confini statali, specializzato in diritto marittimo, Davorin Rudolf, fece sapere alle agenzie di stampa slovene che la Croazia non aveva nessuna pretesa territoriale nei confronti della Slovenia.
La Commissione individuò come uno dei punti di partenza per il futuro lavoro 53 separazioni catastali, maggiori di 50 metri. Successivamente preparò la proposta per la risoluzione dei confini terrestri e marittimi.
La definizione dei confini marittimi rappresentava e rappresenta tuttora il più annoso dei problemi, poiché prima della caduta della Jugoslavia non ne esistevano tra le repubbliche della SFRJ e dunque neanche tra Croazia e Slovenia. Il parlamento sloveno approvò nel 1993 un memorandum sul golfo di Pirano, che prescriveva il suo completo mantenimento con l’accesso al mare aperto. La Croazia invece, dal canto suo insisteva nella sua posizione, sottolineando che la linea di confine dovesse passare attraverso la metà del golfo.

La Slovenia reclamava anche il possesso di 113 ettari di terreni a sud del fiume Dragogna, appellandosi al confine dei comuni catastali. La Croazia invece sosteneva che questo scorresse attraverso il vecchio letto del fiume, come era stato deciso con il Memorandum del 1947. Il fiume Dragogna scorse attraverso il vecchio letto fino agli anni cinquanta, quando fu dirottato nel meridionale canale Svetega Odorika, che sbocca nel golfo di Pirano. Il canale faceva da confine il 25 giugno 1991, data di indipendenza delle due repubbliche.
Nel 1995 i due stati si riconobbero a vicenda la legittimità delle richieste di mantenimento dello status quo del 25 giugno 1991 riguardo ai controversi territori terrestri. Nell’aprile del 1997 firmarono un accordo sul traffico transfrontaliero e sulla collaborazione reciproca, che facilitava il transito del confine per gli abitanti delle zone di frontiera, e decisero che la zona di confine terrestre dovesse comprendere il raggio di 10 km all’interno di ogni stato.
Il parlamento croato (Il Sabor) formulò nell’aprile del 1999 una dichiarazione sullo stato dei rapporti tra la Croazia e la Slovenia, che obbligava il governo croato ad esigere che il confine sul golfo di Pirano passasse esattamente a metà del golfo. Poche settimane più tardi i due governi decisero congiuntamente di nominare come mediatore sulla questione l’ex ministro della difesa statunitense William Perry, che avrebbe formulato un suo parere non vincolante per le parti. Purtroppo anche questo tentativo di mediazione fallì.
Nel 2001 la questione sembrava volgere al termine, infatti i due primi ministri Janez Drnovšek per la Slovenia e Ivica Račan per la Croazia firmarono un accordo congiunto sui confini. Il cosiddetto Accordo Drnovšek-Račan, che poneva finalmente fine al problema e risolveva le controversie sui confini sia marittimi che terrestri (garantendo tra l’altro alla Slovenia il passaggio al mare aperto attraverso un speciale corridoio, la cosiddetta “ciminiera”), non fu però ratificato dal parlamento croato. Così anche questo tentativo fu un buco nell’acqua.
Si dovette aspettare altri sei lunghi anni per qualche nuovo passo in avanti, che arrivò il 26 agosto 2007 con l’accordo di Bled tra Janez Janša ed Ivo Sanader, i quali decisero all’unisono di risolvere la questione confinaria una volta per tutte per via giuridica. La Slovenia propose la Corte permanente di arbitrato del L’Aja oppure di istituire una corte arbitraria ad hoc. Fu istituita una commissione mista di giuristi di notoria competenza, croati e sloveni, che avrebbero dovuto preparare una proposta per un tale accordo. Ma non si arrivò mai ad un compromesso.
Nel 2009 il commissario europeo per l’allargamento Olli Rehn tentò finalmente di risolvere l’annosa questione confinaria tra Slovenia e Croazia, che si trovava nel bel mezzo delle trattative per l’adesione all’Unione europea, proponendo una mediazione, che fu respinta dai croati. In seguito propose un arbitrato, che fu accolto dalla Slovenia con alcune remore, ma di nuovo non dalla Croazia.
Il 22 aprile 2009 Rehn divulgò una prima bozza di accordo, la cosiddetta Prima proposta Rehn (Prvi Rehnov predlog), che fu accolta positivamente dalla Croazia, mentre la Slovenia propose alcune modifiche. La Seconda proposta Rehn fu presentata nel giugno del 2009 con le modifiche proposte dalla Slovenia, con le quali la Croazia non era d’accordo e decise così di ritirarsi da future trattative.
Nonostante il nuovo tentativo fallito, nel luglio del 2009 ci fu un incontro al castello Trakošćan tra i due primi ministri Borut Pahor e Jadranka Kosor che decisero di proseguire con le trattative. La Slovenia ritirò il veto alle trattative di adesione della Croazia all’Ue. Si decise di proseguire le trattative sulla base della Seconda proposta Rehn.
Il 4 novembre 2009 si giunse alla firma dell’accordo di arbitrato, che fu firmato a Stoccolma da Pahor, dalla Kosor e dal premier svedese e allora presidente del Consiglio europeo Fredrik Reinfeldt. L’accordo entrò in vigore il 29 novembre 2010. Il 25 giugno 2011 le due repubbliche lo registrarono congiuntamente presso il Segretariato generale delle Nazioni Unite (conformemente all’articolo 102 della Carta). I due stati si impegnarono a rispettare il verdetto della Cpa del L’Aja.
Tutto sembrò filare liscio fino al 22 luglio 2015, quando il quotidiano serbo Kurir e il quotidiano croato Večernji list pubblicarono la notizia e successivamente anche le registrazioni audio delle telefonate tra l’agente del governo sloveno Simona Drenik e l’arbitro Jernej Sekolec. Il 23 luglio Sekolec si dimise dal ruolo di arbitro e la Cpa chiese alla Slovenia di sostituirlo. La Croazia chiese di sospendere il processo a seguito delle intercettazioni telefoniche, mentre la Commissione europea le chiese di continuarlo e annunciò che esso sarebbe continuato anche in assenza di Zagabria. Il 31 luglio la Croazia abbandonò l’accordo di arbitrato. La Cpa affermò che le intercettazioni telefoniche e le pressioni slovene all’arbitro Sekolec non giustificavano una decisione simile: sembrava che la Croazia aspettasse proprio la pretesa giusta per abbandonare il processo che stava seguendo il suo naturale corso, a vantaggio della Slovenia.
Il 29 giugno 2017 il presidente del tribunale Gilbert Guillaume ha letto il verdetto, stabilendo che il confine tra Slovenia e Croazia segue il corso del Dragogna e finisce nel mezzo del canale Svetega Odorial. Assegnando così alla Slovenia tre quarti del golfo di Pirano e un corridoio che le consente l’accesso alle acque internazionali.
La Croazia ha dichiarato da subito di non voler rispettare la sentenza. Il premier croato Andrej Plenković dell’Accadizeta (HDZ), commentando l’invito della Commissione europea alle due repubbliche ad attuare la decisione della Corte, ha affermato che l’Unione europea dovrebbe restare nella sua giurisdizione, che non include il problema del confine tra Slovenia e Croazia.
La sentenza della Corte dell’ Aja affronta anche la questione dei confini del Territorio Libero di Trieste in cui la Baia di Pirano è compresa ex  articoli 4 e 22 del Trattato di Pace del 1947.
Lo fa al punto 30 a pag. 8  del verdetto:
30. In 1954, the FTT (Free Territory of Triest - TLT - ndr) was dissolved, pursuant to a Memorandum of Understanding between the Governments of Italy, the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, the United States of America and Yugoslavia regarding the Free Territory of Trieste (“London Memorandum”). 30 Most of Zone A of the FTT was thereby transferred to Italy, while the remainder of the FTT was integrated into the FPRY.31 The district of Koper was attributed to Slovenia and the district of Buje to Croatia. This was done in conformity with the FPRY’s “Act of 25 October 1954 on the Applicability of the Constitution, Laws and other Federal Legal Regulations on the Territory, onto which the Civil Administration of the FPRY was extended by Means of an International Agreement”. 32 After these major modifications, the territories of Slovenia and Croatia essentially remained unchanged until independence.”

Cioè afferma che il Memorandum di Londra del 1954 ha di fatto “dissolto” il Territorio Libero di Trieste previsto dal Trattato di Pace del 1947.
E che da allora i confini tra Slovenia e Croazia sono rimasti identici fino alla dissoluzione della Yugoslavia.
Di conseguenza riguardo detti confini è applicabile il principio di “Uti possidetis
recepito nella Convenzione di Vienna del 1978 sui Trattati (punto 256 pag.79 della sentenza).
Non siamo giuristi e malgrado questa sentenza non venga rispettata dalla Croazia, che non intende però contestarla sul punto riguardante il TLT, ed abbia creato polemiche anche a Trieste riguardo le affermazioni sulla dissoluzione del TLT conseguente al Memorandum di Londra interpretato come atto definitivo e non solo provvisorio ("sistemazione provvisoria" quale lo stesso Stato Italiano ufficialmente la considerava fino al Trattato di Osimo del 1975 o semplice "amministrazione" civile come scritto nel Memorandum), non possiamo che rilevare che questo è l’ orientamento prevalente dell’ autorevole Tribunale dell’ Aja e che questa sentenza costituisce un precedente.

Sia corretta giuridicamente o meno, sia conforme alla verità storica o meno, questa sentenza indica evidentemente quale sia l’ attuale interpretazione prevalente in ambito internazionale, conseguenza degli attuali equilibri geopolitici, contro la quale andrebbero inevitabilmente a scontrarsi eventuali istanze simili.


Paolo Deganutti



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