DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

martedì 31 gennaio 2017

L' INTERVENTO DI STEFANO VISINTIN AL CONVEGNO SUL PORTO DI TRIESTE E LE VIE DELLA SETA - SINTESI





Stefano Visintin, presidente degli Spedizionieri di Trieste, al convegno di ieri, dopo gli interventi degli altri relatori, ha deciso di fare un intervento "a braccio" sulle caratteristiche  del Punto Franco, e ci ha fatto pervenire una sintesi molto utile per la conoscenza del nostro porto, che qui sotto vi proponiamo.

Italia, porto di Trieste e sogno cinese. Le nuove vie della seta”
30.01.2017 Stazione Marittima Trieste
Intervento di Stefano Visintin

Quando posso permettermi una mezz’ora di rigenerazione mi piace andare sulla balconata del Castello di Miramare, meglio se il borino ha reso l’aria tersa. Da lì ho la sensazione del fluire. Fluire del mare che sempre diverso bagna l’estremo nord del Mediterraneo; fluire della storia, che drammaticamente nel secolo scorso ha scavato solchi invalicabili in questa città, il fluire delle civiltà, che da lì si abbracciano in uno sguardo: quella latina dalla laguna di Grado, quella germanica dalle Alpi e quella slava dal Carso, che tutte sembrano confluire nel nostro golfo.
Così come la nostra città è una città di flusso, a volte anche sferzante come la bora, anche il nostro porto è un porto di flusso, così diverso da altri porti adriatici, riparati nei canali o protetti nelle loro lagune.
Un porto ideato come flusso, banchine costruite come unghie della ferrovia sul mare.
Nell’analizzare il progetto globale “belt and road” direttamente sul sito del governo cinese, sfrondato dalla retorica di regime, mi ha colpito soprattutto la mappa. Una mappa che prevede basilarmente due strade, una terrestre e una marittima, dalle quali si diramano strade secondarie e terziarie, in una sorta di rete. Non mi è sfuggita la tecnica reziaria di avvolgimento dell’avversario, che il regno di mezzo intende attuare per catturare la vecchia Europa, camuffata dal concetto “embracing a brighter future together”. Mi ha però soprattutto impressionato la circolarità del flusso, che provocatoriamente non appare nella slide proiettata stasera.
Se i cinesi avessero voluto realizzare solamente una nuova via della seta, avrebbero puntato esclusivamente sulla via terrestre, soprattutto ferroviaria, sicuramente politicamente più stabile e non vincolata dalle sorti del canale di Suez. Ma il progetto non è chiamato “One road”, bensì “one belt one road”. Il concetto di cintura è addirittura al primo posto e prevale anche nella nuova formulazione “belt and road initiative”.
E non a caso! Attualmente le esportazioni dalla Cina all’Europa sopravanzano notevolmente le esportazioni dall’Europa alla Cina. Il flusso di merci che parte dai grandi centri di produzione della Cina interna e raggiunge l’Europa centrale con i treni, non è bilanciato da un flusso di ritorno dall’Europa alla Cina stessa. Ecco perché, pur essendo la performance ferroviaria molto buona in termini di tempo, i costi rimangono ancora molto più elevati in confronto con la spedizione via mare. La mancanza di bilanciamento è un fattore drammatico nel trasporto ferroviario. E’ un fattore che viene in qualche modo mitigato nel trasporto via mare, dal momento che le navi seguono delle rotte che toccano numerosi paesi e quindi possono trovare carico per questi e ridurre quindi le diseconomie di un trasporto vuoto per pieno.
A mio avviso la cintura si chiude idealmente con la congiunzione fra la via della seta terrestre e la via della seta marittima. Le merci che arriveranno in Europa via mare, serviranno a bilanciare almeno parzialmente il rientro dei treni vuoti dall’Europa all’Asia. E la congiunzione fra la via marittima e la via terrestre non può che essere a sua volta il tratto ferroviario più veloce e più capace fra il capolinea marittimo ed il capolinea ferroviario.
I cospicui investimenti previsti dal memorandum d’intesa fra le ferrovie russe e quelle austriache per la realizzazione di un tratto a scartamento misto fra Kosice,Bratislava e Vienna, sembrano far convergere proprio sulla capitale austriaca uno dei buchi della cintura. Il collegamento fra Vienna e Trieste è già ora in grado di sopportare incrementi di traffico e diventerà anche il più veloce con la realizzazione del traforo del Semmering.
Unghie protese verso il mare che grattano via le merci e le portano in flusso.
Il porto di Trieste
Ma basterà questo per rimettere il nostro porto fra i fori di questa cintura ?
Gli auspici della belt and road initiative sono quelli di una riduzione delle barriere doganali fra gli Stati, ma la tendenza sembra proprio quella opposta. Anche senza scomodare il neoimperialismo di Trump, già la vecchia e divisa Europa fa fronte comune contro le importazioni delle materie prime cinesi, attuando delle politiche protezionistiche pesanti (basti pensare all’acciaio per esempio). Il governo cinese chiede che anche in campo doganale ci sia una cooperazione bilaterale e multilaterale per la standardizzazione delle regole doganali e dei controlli, sotto l’egida del WTO. Che vengano promosse le “single windows” doganali al fine di ridurre i costi delle operazioni di importazione ed esportazione. Ma alla fine conclude con la richiesta di creare zone franche di libero scambio, che rimangono ancora una buona soluzione per mitigare le politiche di protezione doganale.
Ecco allora che il regime di porto franco internazionale, assegnato a Trieste dal Trattato di Pace di Parigi ed ereditato dallo Stato italiano quasi come obbligo, può diventare un fattore di vantaggio per noi, essendo unico nell’Unione Europea. Secondo noi così dovrebbe essere valutato dal nostro Paese ed il suo governo dovrebbe approvare immediatamente il decreto interministeriale previsto dalla legge di amministrazione dei porti, che stiamo attendendo ormai da 23 anni !
Valutiamo lo strumento per quello che attualmente è: In sinesi estrema si può dire che il Porto Franco di Trieste è territorio politico dello Stato italiano e dell’Unione Europea, ma è esterno rispetto al territorio doganale dell’Unione Europea. Il porto franco di Trieste è superiore alla zona franca, così come concepita ed ammessa dal codice doganale europeo, ed è quindi fondamentale non confonderlo e non accettare di ridurlo a una zona franca.
Le peculiarità del Porto Franco di Trieste riguardano due regimi:
regime della massima libertà di accesso e transito
regime doganale, derivante dalla sua extraterritorialità
L’Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi configura un regime di libero accesso e di transito a condizioni non discriminatorie
Ne consegue che:
·         navi di qualsiasi bandiera e proprietà possono attraccare al Porto di Trieste, senza discriminazione e senza preferenze.
·         treni di qualsiasi nazionalità, di qualunque vettore ferroviario devono poter accedere al Porto Franco di Trieste ed hanno diritto di essere introdotti senza ritardi e senza preferenzialità in base alla loro nazionalità, provenienza o destinazione. Ne consegue tra l’altro che la manovra ferroviaria debba essere eseguita in modo da non creare tariffe discriminatorie
·         similmente i camion di qualsiasi nazionalità diretti al Porto di Trieste o in partenza dal Porto di Trieste devono poter accedere senza limitazioni. In base a questo principio, i camion di nazionalità non comunitaria in arrivo ed in partenza con le navi traghetto, possono transitare dal Porto di Trieste per gli altri paesi comunitari e viceversa senza bisogno di utilizzare il permesso di transito bilaterale emesso in base agli accordi fra l’Italia e gli altri Stati non comunitari. I camion transitano sul territorio italiano in base ad un permesso particolare emesso dall’Autorità Portuale di Trieste fino al più vicino valico confinario austriaco o sloveno lungo il loro percorso.
Regime doganale del Porto Franco
Trieste è un Porto Franco doganale e questi sono i suoi vantaggi:
Merci in deposito presso magazzini del Porto Franco
Un primo ed immediato beneficio deriva al fatto che le merci possono essere mantenute nel Porto Franco come merci estere:
a) per un tempo indeterminato, fino a quando vengono destinate;
b) senza pagamento di dazi o accise fino al momento dell’eventuale importazione;
c) senza necessità di garantire la Dogana per pari importo del dazio e dell’IVA all’importazione. Questa differenza fondamentale lo caratterizza e lo distingue da qualsiasi altra zona franca o magazzino doganale, non è necessario presentare alla Dogana alcuna dichiarazione fino a quando la merce rimane dentro il Porto Franco e non si devono emettere documenti di transito per il trasferimento dal porto al magazzino doganale.
Il vantaggio è immediato per le merci che sono provenienti da un paese non comunitario e sono destinate ad un altro paese non comunitario o senza una precisa destinazione per le quali non è necessario emettere alcun documento doganale, pagare alcun dazio o diritto d’importazione, né presentare alla Dogana alcuna fidejussione a garanzia del controvalore del dazio e IVA. Nel caso in cui la proprietà delle merci sia ancora del venditore non comunitario, questo mantiene a tutti gli effetti la possibilità di disporne liberamente, fino a poter rispedire la merce senza necessità di alcuna autorizzazione da parte delle autorità doganali. Questo regime doganale è particolarmente favorevole per:
·         Merci in transito da un paese non comunitario ad un altro paese non comunitario
·         Stock di merci a lunga/lunghissima giacenza con elevato valore e per le quali la Comunità Europea ha fissato un dazio all’importazione (per es. borsa metalli, borsa caffè, etc.etc.)
·         Merci in conto vendita di origine non comunitaria, che non hanno ancora una precisa destinazione e che quindi possono essere vendute liberamente in Italia, in un altro paese comunitario o in un paese non comunitario. In quest’ambito si pensi per esempio a merci fatte pervenire per l’esposizione e si compari le norme speciali previste per l’Expo 2015 con le norme vigenti sempre per il porto franco di Trieste.
Anche le merci non comunitarie destinate all’importazione godono di un secondo beneficio del Porto Franco, che dà la possibilità di pagare il dazio e l’IVA all’importazione dopo 180 giorni dalla data dell’importazione ad un tasso passivo d’interesse pari al 50% dell’Euribor a 6 mesi. Questo vantaggio può essere utilizzato anche dagli importatori europei non italiani, che desiderino importare la merce presso il porto di Trieste anziché presso la dogana del proprio Paese. Purtroppo la nostra legge nazionale sull’IVA non ci permette di offrire questo servizio ad importatori comunitari. E’ necessario un intervento politico sul governo italiano per rendere agevole la procedura.
Lavorazioni sulle merci depositate in porto franco
Uno dei principali vantaggi del Porto Franco consiste nella fiscalità delle lavorazioni effettuate sulle merci depositate in porto franco. Un beneficio ben noto ai nostri padri, ma praticamente non utilizzato negli ultimi 30 anni. Ora. Con le nuove disposizioni di servizio introdotte dall’Agenzia delle Dogane si ha finalmente un quadro normativo certo.
Le disposizione di servizio distinguono le lavorazioni industriali in base alla destinazione delle merci:
·         Lavorazioni di prodotti destinati a paesi comunitari (art.52)
·         Lavorazioni di prodotti destinati a paesi non comunitari (art.53)
Se i beni sono destinati a paesi comunitari, la lavorazione viene effettuata sotto vigilanza doganale. Una volta che si sono ottenuti i prodotti finiti questi vengono importati ed il dazio e l’IVA all’importazione vengono calcolati sulle materie prime immesse, in base alla loro origine. Il regime quindi non può essere utilizzato per evitare le politiche di protezione daziaria imposte dall’Unione Europea.
Se i beni sono destinati a paesi non comunitari, le merci lavorate non vengono sottoposte ad alcuna vigilanza doganale e quindi, di fatto, perdono l’origine. Il prodotto ottenuto può essere quindi liberamente rispedito, senza sottostare alle politiche daziarie unionali.
Immaginiamo quale formidabile strumento questo potrebbe nel malaugurato caso in cui ci dovessero essere altre brexit ed i paesi non unionali si dovessero moltiplicare.
Nella corrente situazione possiamo immaginare un’immediata utilità soprattutto per le merci in arrivo dall’Estremo Oriente e destinate in Russia e nei paesi non unionali dell’area.
Ed ecco che la cintura nuovamente si chiude, con la ferrovia tra Vienna e Trieste a fungere da cerniera e le merci che arriverano via mare in flusso dalla Cina verso l’Europa Centrale e Danubiana, ma anche verso la Russia europea, a riequilibrare in modo armonioso il tumultuoso flusso che percorre la via terrestre.

1 commento:

  1. Speriamo che questa sia davvero la volta buona per il rilancio del porto e della città.

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