DIBATTITO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI PER UNA CITTA' INTERNAZIONALE

lunedì 15 maggio 2017

TENSIONI E SFERE DI INFLUENZA NEI BALCANI OCCIDENTALI - UN ARTICOLO DI MAURO MANZIN SUL PICCOLO



Oggi il Piccolo pubblica un interessante articolo di Mauro Manzin sulla preoccupante situazione dei Balcani occidentali.
Il 12 luglio si terrà a Trieste l' incontro sul medesimo argomento all' interno del cosiddetto "processo di Berlino" che riguarda in particolare l' infrastrutturazione dell' aerea che mostra sintomi di instabilità visto che è punto di frizione tra sfere d' influenza USA, Russe e tedesche (UE) -

Ecco l'articolo:

La ricetta choc Usa: ridisegnare i confini sbagliati quelli di Tito L’analista Schindler sul New York Observer, quotidiano del genero e consigliere di Trump, vuole cancellare Dayton
di Mauro Manzin


Tirana strizza l’occhio al Kosovo per creare la Grande Albania, la Republika srpska non ha mai nascosto le sue ambizioni di diventare parte integrante della Serbia, in Bosnia-Erzegovina i croati chiedono di diventare entità come i serbi e i bosgnacchi. Insomma, tutti contro tutti. In mezzo un’Unione europea che rischia di fare la fine del vaso di coccio tra i due giganti mondiali d’acciaio: Usa e Russia. Lo scenario balcanico anche in vista del Summit di Trieste, prolungamento naturale del Processo di Berlino è decisamente oscuro e pieno di nubi. A ulteriormente complicare le cose ci mette lo zampino anche la nuova amministrazione a stelle e striscie capitanata da Donald Trump. Il messaggio arriva chiaro dalle righe del New York Observer, il quotidiano è di proprietà di Jared Kushner, genero e consigliere del presidente Usa e reca la firma di John Schindler, esperto di difesa ed ex analista dell’agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa) e riprese dal Delo di Lubiana. Ebbene, secondo Schindler, quanto sta succedendo ora nei Balcani altro non è se non il frutto del peccato mortale messo in atto dall’Occidente, Ue e Nato su tutti, che ha accettato le vecchie frontiere comuniste di Tito quali confini delle repubbliche nate sulle ceneri di quella che fu la Repubblica federativa socialista di Jugoslavia. Non è stato capito che quei confini, tra le repubbliche della Federativa, sostiene Schindler, altro non erano se non un capriccio dei funzionari comunisti e non rispecchiavano la realtà etnica del Paese. Per l’analista americano la Ue e la Nato hanno con cocciutaggine predicato l’illusione di una convivenza interetnica che presupponesse che nella regione fosse possibile vivere nell’unità e nella fratellanza (guarda caso uno dei concetti fondamentali di Tito ndr.). È una triste realtà, invece, obietta Schindler, che Tito ha preservato la Jugoslavia con una combinazione fatta di carisma personale, saggezza politica e di una sgradevole polizia segreta. L’Occidente, ribadisce l’analista Usa, ha con insuccesso cercato di mantenere i confini comunisti. In Bosnia e in Kosovo poi, continua Schindler, le minoranze che sono fuggite di fronte alla guerra non vogliono tornare nei loro luoghi d’origine. Forse per paura o forse per una sorta di particolarismo etnico. Sta di fatto che non tornano. Quindi, e qui c’è veramente da aver paura, l’analista statunitense propone di ridisegnare i confini della ex Jugoslavia. Su tutto va, per Schindler, “rettificata” la Bosnia-Erzegovina permettendo che la Republika srspka si unisca alla Serbia e che l’Erzegovina occidentale si riunisca alla Croazia visto anche in quell’area la stragrande maggioranza dei cttadini ha già oggi il passaporto croato. Schindler definisce l’architettura istituzionale degli Accordi di Dayton del 1995 «grottesca» che impedisce il funzionamento di qualsivoglia istituzione statale, e, in effetti, la crisi politica e lo stallo istituzionale permanente a Sarajevo lo sta ampliamente dimostrando. Ma non finisce qui. Schindler invita la Serbia a riconoscere il Kosovo non prima di aver ottenuto in cambio la regione di settentrionale (serba) e della valle di Preševo. L’analista poi giudica «irrevocabile» la futura unione di Kosovo e Albania nella cosiddetta Grande Albania che comprenderebbe però anche parti della Macedonia. Perché lasciare che ciò avvenga autonomamente e quindi con un conflitto e non pilotare meglio il tutto a livello di mediazione internazionale dando alla Russia lo status di Paese equivalente a quello degli altri attori occidentali? Come contropartita ci sarebbe l’ingresso nell’Ue dei nuovi Balcani occidentali che otterrebbero anche una buona iniezione di finanziamenti. Una compensazione che dovrebbe giungere soprattutto alla Macedonia che in questo processo avrebbe il ruolo di agnello sacrificale. Diverso però è l’approccio russo. Jelena Ponomarjova, una dei principali esperti di Mosca per i Balcani sostiene che la crisi politica inMacedonia e l’idea di Grande Albania sono strumenti degli Usa per destabilizzare l’Europa e, contemporaneamente, per cercare di togliere l’area dall’influenza russa. Ponomarjova non esclude neppure una guerra civile in Macedonia che spezzerebbe il Paese in due. Insomma, dipinto da Washington o da Mosca lo scenario balcanico minaccia nuovamente di grondare sangue. Sangue di innocenti nel nome della nuova Guerra fredda.

Il riquadro
«L’Unione europea stia più attenta»
I presidenti di Slovenia, Croazia e Montenegro hanno sollecitato l'Unione europea a prestare maggiore attenzione alla situazione nei Balcani e a «fare di tutto» affinché la regione non diventi nuovamente un problema per la sicurezza. In una conferenza a Budva (costa adriatica montenegrina) lo sloveno Borut Pahor si è detto del parere che la Macedonia e la Bosnia-Erzegovina debbano «al più presto» entrare a far parte della Nato, mentre fa eccezione la Serbia che «si appoggia sulla politica di sicurezza» di Mosca. Slovenia e Croazia fanno già parte dell'Alleanza atlantica, il Montenegro aderirà in tempi brevi, mentre la Serbia - che aspira a entrare nella Ue ma che ha stretti rapporti con la Russia - ha scelto una politica di neutralità militare. (m.man.)

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