Articolo di Paolo Deganutti originariamente pubblicato su Pluralia in italiano, inglese, cinese e russo
(clicca QUI)
Dalla proposta del presidente Putin di un’amministrazione temporanea ONU in Ucraina alla storia dimenticata del Porto Franco di Trieste: perché il controllo internazionale dei porti strategici potrebbe tornare d'attualità nelle trattative sulla pace in Ucraina e sull’architettura di sicurezza in Europa.
Esaminiamo un’ipotesi di scenario nel
contesto di rapidissima evoluzione (secondo alcuni di rivoluzione) geopolitica
in atto mentre si
realizzano situazioni impensabili solo pochi mesi prima: dalle rivendicazioni
territoriali americane su Groenlandia e Panama alla guerra commerciale dei dazi
interna all’ “Occidente Collettivo”,
fino alla Germania che improvvisamente toglie dalla Costituzione il dogma
totemico del “pareggio di bilancio”
per potersi riarmare a debito...
In realtà si tratta di una
posizione coerente con l’intenzione di rilanciare e valorizzare le istituzioni
di regolazione internazionale multilaterale espressa anche dalla Cina e dai
Paesi del Sud Globale, mentre gli
Stati Uniti e Israele hanno notoriamente assunto posizioni delegittimanti nei
confronti dell’ONU e di altri organismi internazionali.
La proposta del leader russo ha dei
precedenti storici non remoti: la Nuova Guinea nel 1962, la Cambogia nel 1992,
Timor Est nel 1999.
Nei Balcani Occidentali a noi molto vicini, dopo gli accordi di
Dayton e l'accordo di Erdut tra il governo croato e la minoranza serba, le
regioni di Slavonia, Baranja e Sirmia vennero poste nel 1996 sotto la sovranità
dell'ONU per poi essere reintegrate nella Croazia il 15 gennaio 1998.
Far riferimento a un ripotenziamento del ruolo dell’ONU per arrivare non solo alla pace in Ucraina ma anche a una nuova architettura della sicurezza del continente che la possa mantenere, è vista positivamente in una città portuale strategica come Trieste. Qui spesso si vedono iniziative e manifestazioni popolari dove viene sventolato il vessillo blu dell’ ONU. E’ un esito del fatto che la città è stata dal 1945 al 1954 Territorio Libero di Trieste sotto l’egida dell’ONU, mentre fin dal Trattato di Pace di Parigi del 1947 il suo porto ha lo status di “Porto Franco Internazionale” essendo snodo logistico tra l'Europa centrale e orientale e il Mediterraneo e le coste orientali dell’Eurasia.
In questa situazione particolare è nato l’auspicio che la trattativa in corso tra Stati Uniti e Russia consideri l’opportunità offerta dall’ internazionalizzazione dei porti strategici, anche per superare le difficoltà negoziali che possono presentarsi discutendo di queste infrastrutture.
L'internazionalizzazione dei porti strategici è un'opzione che
può essere considerata in contesti di conflitto e di forte riassestamento
geopolitico globale come quello attuale.
L'ONU
potrebbe svolgere un ruolo chiave nel garantire la stabilità e la libertà di
navigazione e di commercio. E nel garantire che infrastrutture indispensabili
per il commercio globale continuino a svolgere la loro funzione a favore
dell’intera comunità internazionale senza discriminazioni.
Internazionalizzazione di Odessa, porto gemello di Trieste
Il pensiero va a Odessa, essenziale per l’approvvigionamento alimentare di vaste aree del globo. La sua posizione nel Mar Nero la rende un porto strategico dal punto di vista geopolitico e militare. E’ difficile pensare che la flotta russa nel Mar Nero possa dirsi sicura nella sua storica base di Sebastopoli fintanto che Odessa resta sotto l’esclusivo controllo ucraino e occidentale.
La storia di Odessa la lega al Porto Franco di Trieste: fondata nel 1794, per volere della zarina Caterina la Grande, in un territorio sottratto dall’Impero Russo agli Ottomani due anni prima, Odessa divenne un porto franco nel 1819.
Ebbe subito intensi scambi con Trieste che era già Porto Franco da un secolo per decreto dell’Imperatore Carlo VI d’Asburgo.
Ne scriveva Karl Marx in un articolo del 1848
sul New York Tribune: “Trieste allacciava il suo destino con la stella sorgente
di Odessa, e al principio del secolo XIX, escludeva la rivale Venezia dal
commercio mediterraneo dei cereali.”
“ La prosperità di Trieste deriva dalle
energie produttive e dei trasporti in quel gran complesso di paesi che sta nel
dominio dell’Austria”.
Infatti il Porto Franco di Trieste si
sviluppò per merito di Maria Teresa d’Austria sino a divenire il Porto
dell’Impero Austroungarico che rappresentava il più grande mercato unificato
europeo dell’ epoca e cui, fin dal 1855, era collegato con un’ avanguardistica
ed efficiente rete ferroviaria.
Tanto stretti erano i rapporti tra Trieste e Odessa che la splendida scalinata monumentale della città sul Mar Nero era stata realizzata con i “masegni” di pietra arenaria provenienti dalle cave triestine.
Su queste pietre furono girate nel 1925 le scene più famose del
film "La corazzata Potëmkin" di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn: quelle dell'attacco alla folla inerme da parte dei cosacchi dello zar.
Preservare il ruolo commerciale internazionale di Trieste
Infatti il porto di Trieste lavora
al 90% con l’estero, essendo un gateway dei traffici da e per
l’Europa centrale e
orientale che utilizza largamente le ferrovie, grazie ai vecchi collegamenti
ereditati dalle ferrovie austriache.
L’Ungheria vi
sta costruendo un importante terminal che dal 2028 diventerà il suo sbocco al
mare. Il terminal utilizza lo speciale status di extraterritorialità doganale
che lo pone fuori dalla “giurisdizione” doganale dell’UE e dell’ Italia. La Guardia
di Finanza non può entrare: caratteristica unica del Porto Franco triestino. Di questo gli ungheresi
sono entusiasti e parlano di “evento
storico perché riporta l’Ungheria sul mare dopo 100 anni” (Clicca QUI).
Dal porto giuliano parte anche l’oleodotto transalpino Tal/Siot che
da cinquant’anni pompa petrolio greggio dalle petroliere fino a Ingolstadt in
Baviera, fornendo il 40% del fabbisogno petrolifero della Germania (il
100% della Baviera e del Baden-Württemberg), il 90% dell’Austria e il 100%
della Repubblica Ceca.
La strategicità anche militare di Trieste è fuori discussione ed è confermata dalla grande attenzione che una rivista di geopolitica come Limes le dedica ripetutamente (Clicca QUI1 e QUI2) insieme alle riviste americane Atlantic Council (QUI) e The National Interest (QUI)
Clicca QUI per il Video
Il suo stato giuridico attuale è molto particolare e poco noto in Italia e deriva dal Memorandum di Londra del 1954 (clicca QUI) che non aveva rango di Trattato Internazionale. Firmato da UK, USA, Jugoslavia e Italia, vi si conveniva che l’Amministrazione Civile del Territorio Libero di Trieste (TLT) venisse trasferita dal Governo Militare Alleato (GMA) al Governo Italiano. Il successivo Trattato di Osimo del 1975 (clicca QUI) era solo bilaterale, tra Italia e la defunta Jugoslavia, e serviva solo alla reciproca definizione dei confini.
Tuttavia il governo Italiano non ha mai
dimostrato interesse allo sviluppo del Porto Franco giuliano di cui anzi in 70
anni non ha implementato tutte le potenzialità, in particolare quelle
riguardanti la produzione industriale in regime di extradoganalità.
Il TLT,
demilitarizzato e neutrale sotto controllo dell’ONU, fu istituito dall’art.21 del Trattato di Pace con l'Italia, firmato a
Parigi il 10 febbraio 1947 (clicca QUI) sottoscritto da 21 potenze
tra cui Russia e Cina, che stabiliva:
-riconoscimento
del TLT da parte delle Potenze Alleate e Associate e dell'Italia;
-garanzia
dell'integrità e dell'indipendenza del TLT da parte del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite;
- cessazione
della sovranità italiana sul territorio designato, in quanto paese sconfitto;
- istituzione
di un regime provvisorio di governo (GMA), in attesa della nomina di un Governatore da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove la
questione restò nell’ Ordine del Giorno ufficiale fino all'8 gennaio 1978. (NOTA
1)
Di conseguenza, la situazione giuridica di Trieste può evolvere, nel
pieno rispetto del diritto internazionale, in una nuova internazionalizzazione
sotto l’egida ONU. Teoricamente basterebbe che la nomina del Governatore del Territorio Libero
venisse posta nuovamente all’Ordine del Giorno del Consiglio di Sicurezza per iniziativa di uno stato membro del
medesimo. Facendo così valere il fatto incontrovertibile che un Trattato di
Pace firmato da numerose potenze è fonte primaria di diritto internazionale,
prevalente su eventuali accordi successivi tra solo due parti.
Sono cose che possono succedere nell’ambito di ribaltoni geopolitici come quello in atto e di ridefinizione degli assetti mondiali. Certamente preferibili all’instabilità dovuta allo sviluppo di infrastrutture militari, gestite dalla Nato o da coalizioni di “volenterosi” velleitari, come quella che vorrebbe Trieste in funzione di sostegno logistico e operativo al fianco Est ella Nato, o Scudo Europeo per la Democrazia che dir si voglia.
Diversi paesi, per non parlare della popolazione locale, avrebbero interesse a che la situazione del Porto Franco Internazionale di Trieste fosse sottratta a rischi militari e che le prerogative anche industriali del Porto Franco venissero finalmente sviluppate: dai paesi mitteleuropei a quelli eurasiatici, alla Cina (che progettava di dotarlo di un terminal della Via della Seta poi bloccato per intervento americano), alla Turchia che utilizza i vantaggi del Porto Franco per indirizzarvi il 70% delle sue esportazioni.
In particolare ne sarebbero tutelate la funzione di Porto Franco aperto all’intera comunità internazionale, senza ingerenze militari, e la funzione storica di collegamento marittimo / ferroviario fra la parte orientale e occidentale del grande continente eurasiatico, come previsto dai Trattati internazionali.
Internazionalizzazione dei porti strategici come strumento di stabilità e
pace.
In un’architettura di sicurezza
europea volta alla pace e alla stabilità sarebbe un vantaggio porre sotto
controllo internazionale queste infrastrutture strategiche, o quantomeno
discuterne apertamente ad alto livello e senza pregiudizi.
Del resto è proprio in epoche di
dazi, guerre guerreggiate o commerciali che si manifesta la necessità di Porti
e Zone Franche, utili a tutti e dove poter continuare gli scambi per tutelare il
commercio globale.
Anche se questo scenario oggi può sembrare remoto, in un
contesto di radicale riassetto geopolitico ricco di imprevisti come quello
attuale è necessario elaborare scenari e nulla può essere escluso a priori.
Lo stesso caso di internazionalizzazione
del territorio e del porto di Trieste dopo la 2° Guerra Mondiale dimostra che durante
transizioni sistemiche simili soluzioni possono riemergere con il consenso
delle grandi potenze e diventare un utile strumento di risoluzione dei
conflitti.
Paolo Deganutti
NOTA 1)
Mentre la stampa italiana nell’ottobre 1954 aveva generalmente toni trionfalisti sul “Ritorno di Trieste all’Italia” la stampa estera era invece esplicita sul fatto che non si trattava di piena sovranità italiana su Trieste:
A) Le Monde (Parigi, 9 ottobre 1954)
Titolo: "Trieste: un règlement provisoire sous l'égide de l'ONU" -“Trieste: una soluzione provvisoria sotto l'egida dell'Onu”
Sorrotitolo:"Le Statut international de 1947 n'est pas abrogé. L'Italie administre, mais ne possède pas."
-"Il trattato internazionale del 1947 non è abrogato. L'Italia amministra ma non possiede."
B) The New York Times (6 ottobre 1954)
Titolo: "Italy Gets Trieste, But UN Role Remains"
-“L'Italia ottiene Trieste, ma il ruolo dell'ONU resta”
Sottotitolo:"The transfer of Zone A to Italy does not repeal the UN Security Council's
primary responsibility under Resolution 16. Legal ambiguities persist."
-“Il trasferimento della Zona A all'Italia non abroga la responsabilità primaria del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite ai sensi della risoluzione 16. Persistono ambiguità giuridiche."
Qualche rara eccezione si trova anche sui giornali italiani:
C) Il Giorno (Milano, 26 ottobre 1954)
Titolo: "Trieste è italiana, ma l'ONU resta garante"
Sottotitolo:"Il Memorandum di Londra non cancella le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza del 1947. La sovranità piena dovrà attendere un trattato di pace definitivo."
Però successivamente non ci sono stati trattati di pace definitivi ma solo un accordo confinario bilaterale con la Jugoslavia. Il Trattato di Pace del 1947 non è stato mai abrogato o sostituito da un altro del medesimo rango giuridico.
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