mercoledì 9 gennaio 2019

ATTUALITA' E BELLEZZA DELL' IDEA DI IMPERO - Conversazione con Sua Altezza Imperiale e Reale Carlo d’Asburgo-Lorena, capo della Casa Asburgo-Lorena - A cura di Laris Gaiser, dal nuovo numero di Limes -


Dall' ultimo numero di Limes.

Conversazione con Sua Altezza Imperiale e Reale Carlo d’Asburgo-Lorena, capo della Casa Asburgo-Lorena.

a cura di Laris Gaiser


LIMES Altezza Imperiale, la sua famiglia incarna l’idea dell’Europa come impero. Che cosa è rimasto, che cosa potrebbe rinascere dell’ideale asburgico nel nostro continente?
CARLO D’ASBURGO LORENA Mi permetta di reimpostare leggermente la domanda poiché la mia Famiglia rappresenta un impero storico, non uno attuale. La nostra Famiglia ha accettato ciò che la storia ha portato all’Europa e ha trasformato tale eredità in un concetto contemporaneo. Ciò che ancora oggi ritengo sia di grande importanza è la comprensione storica dell’idea stessa di impero che in lingua tedesca si esprime col concetto di Reichsidee, che difficilmente riesce a mantenere il suo profondo significato se tradotto in un qualunque altro idioma. In senso storico si deve riconoscere che l’idea asburgica di impero – la Reichsidee per l’appunto – fu un principio legale di portata sovranazionale che favoriva un approccio liberale e includente nei confronti di ogni nazionalità, minoranza, gruppo etnico o religioso. Così assicurando a tutti, senza preconcetti, di vivere insieme protetti da uno Stato di diritto funzionante, di creare un mercato unico e di arricchirsi reciprocamente grazie alla coesistenza di culture diverse. Mi pare un concetto esemplare a cui l’Europa di oggi dovrebbe ispirarsi.
La Reichsidee è talmente moderna che dovrebbe essere applicata a una struttura altrettanto moderna quale l’Unione Europea. La stragrande maggioranza degli oppositori critica l’Ue poiché la ritiene un sistema datato. Opinione assolutamente ridicola. L’Unione Europea è l’istituzione più moderna al mondo. Sminuire tale struttura definendola antiquata senza offrire soluzioni alternative è altamente irresponsabile. Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti, se guardiamo al Regno Unito e alla questione del Brexit. Pertanto il concetto del vivere insieme, delle sinergie tra culture, lingue e religioni differenti, nonché tra i diversi contesti di riferimento di ognuno, è sicuramente un valore storico che andrebbe riscoperto.
LIMES È pensabile una confederazione dei principali paesi europei sul modello del Sacro Romano Impero, con un monarca costituzionale elettivo?
CARLO A questo punto non posso che rifarmi al principio di sussidiarietà che racchiude in sé un approccio dal basso verso l’alto ed è l’esatto contrario di ciò che gli Stati nazionali cercano oggi di proporre. La sussidiarietà è un concetto basato su diversi livelli di responsabilità e pretende che le questioni vengano gestite, risolte il più vicino possibile al cittadino. Purtroppo i politici vedono la sussidiarietà solamente come una divisione dei poteri tra il livello nazionale e quello europeo. Si tratta di un’interpretazione completamente sbagliata. Chi ragiona in questo modo non ha mai capito cosa sia la sussidiarietà. Essa non è un concetto politico, bensì sociale. Al suo interno racchiude la possibilità per alcune parti d’Europa di collaborare anche a livello regionale. Ovviamente, per motivi storici, la zona cui mi permetto di fare direttamente riferimento è quella dell’Europa centrale (Mitteleuropa), regione che per il bene dell’Europa ha bisogno di strutturarsi. Si tratta di un ambiente maturo, con società storicamente capaci di convivere e di crescere insieme. Sono convinto che sarà di fondamentale importanza arrivare a una collaborazione più stretta tra i paesi dell’Europa centrale a livello regionale. E come ribadisco sempre, il Gruppo di Visegrád non è l’Europa centrale. Essa va ben oltre.
LIMESQuindi lei pensa a un’Europa formata da diverse confederazioni macroregionali?
CARLO Io rifuggo dalle categorie politologiche di federazione o confederazione. Chi le usa cerca di inquadrare l’Unione Europea in concetti datati che possono essere efficaci in paesi quali la Svizzera, ma che assolutamente non si adattano all’Europa. La filosofia delle nostre istituzioni va ben oltre. La gente deve comprendere che siamo alla ricerca di un nuovo concetto politico per il nostro continente. Sì, certo, il concetto non si è ancora formato nella sua totalità anche perché dobbiamo perseguire l’idea di un’Unione i cui confini coincidano fisicamente con quelli dell’Europa geografica. Siamo ancora lontani da tale risultato. Solo perseguendo tale strada ritorneremo ad affrontare l’urgenza d’avere un’Europa che sia anche una struttura di sicurezza. Le origini della nostra Unione affondano infatti le radici nella volontà dei padri fondatori di dare vita, dopo la seconda guerra mondiale, a un’entità capace di offrire sicurezza. Tout court. Di qui sarebbero poi dovute derivare le istituzioni economiche e politiche. Spesso ci dimentichiamo di questi inizi e ci spaventiamo nello scoprire che la nostra stabilità è nelle mani degli Stati Uniti d’America. I quali però sempre più spesso hanno priorità assai differenti dalle nostre.
LIMES Lei è uomo d’armi. Ritiene che sia possibile e auspicabile un’Europa emancipata dalla protezione strategica americana?
CARLO Chiunque non si renda conto di ciò o non lo prenda seriamente in considerazione quale traguardo necessario non ha il senso della realtà. Il migliore esempio di come gli interessi statunitensi, anche nel campo della sicurezza, e quelli europei divergano ogni giorno di più è rappresentato dalla questione iraniana. Ritirandosi dall’accordo sul nucleare Washington ha posto l’Europa in una posizione politicamente insostenibile poiché l’Europa è completamente basata sul rispetto dello Stato di diritto cosa che, sono spiacente di doverlo dire, gli Stati Uniti non sono. Ci troviamo di fronte al forte distacco tra le due sponde dell’Atlantico: noi diamo seguito a un trattato che viene rispettato anche da Teheran, mentre gli Usa lo stracciano spingendo un’area già di per sé altamente instabile verso una fase d’ulteriore destabilizzazione geopolitica.
Per comprendere la nostra relazione con gli Stati Uniti non c’è bisogno di riferirsi alla seconda guerra mondiale, è sufficiente pensare a quanto avvenuto durante la creazione dell’euro. Nel decidere le fondamenta della nostra moneta comune abbiamo accettato che parte della gestione dell’euro si basasse sul sistema di comunicazione interbancario Swift. Non abbiamo intravisto la necessità di creare un sistema di comunicazione esclusivamente nostro. Ora con i problemi che abbiamo in Iran ci rendiamo conto che attraverso il sistema Swift Washington è tranquillamente in grado di ricattare l’Europa quanto alla sua relazione con l’Iran. Qualcosa d’assolutamente inaccettabile. Dobbiamo iniziare a pensare in maniera più indipendente, in maniera più europea e non più solo necessariamente in maniera transatlantica.
LIMES Potrebbe disegnare su una mappa i confini della sua Europa ideale, ovvero della Paneuropa?
CARLO So dirle dove sono i confini dell’odierna Unione Europea, ma sinceramente non so dove si trovino i confini dell’Europa. Io ho una visione ampia dell’Europa. Tuttavia sono realista. Non possiamo sorvolare sul fatto che esistono paesi che io vedrei volentieri nell’Unione ma che al momento non sono in condizione di accedervi.
Gli unici confini europei che si possono facilmente tracciare sono quello settentrionale, delimitato dai ghiacci nordici, e quello occidentale, bagnato dall’Atlantico. Gli altri sono di assai più difficile definizione. Non c’è un concetto valido che ci aiuti a tracciarli, in quanto esiste una varietà incredibile di aspetti da prendere in considerazione: aspetti storici, geografici, politici. A seconda delle combinazioni ci si offre un’Europa diversa. Chiunque vada a San Pietroburgo e dica che la Russia non è un paese europeo dovrebbe essere cieco. Ma altrettanto cieco dovrebbe essere colui che andando a Mosca e prendendo in esame la struttura politica delle sue istituzioni affermi di trovarsi in un classico paese europeo. Le strutture moscovite sono fortemente influenzate dalle invasioni mongole e la politica risente dell’eredità dei canati. Ma le persone sono assolutamente europee. Nessun dubbio in merito. Prendiamo poi la Georgia. Anch’essa è un paese completamente europeo. Se passeggiando per Tbilisi o per qualunque altra cittadina chiedete a un georgiano a quale continente senta d’appartenere vi guarderà esterrefatto. Non potrà credere che gli stiate ponendo una domanda tanto stupida. È ovvio che egli si senta europeo. E potremmo fare esempi simili in relazione a tutti i paesi caucasici e a molti transcaucasici. Qui risiede la difficoltà di definire esattamente i confini del nostro continente, ovvero della nostra Unione.
LIMES Che rapporto dovremmo avere con la Russia?
CARLO Dovremmo avere una relazione basata sulla consapevolezza storica. Certi d’aver imparato le lezioni del passato. La Russia è uno Stato egemone, in molti aspetti dittatoriale, che non rispetta nemmeno i propri trattati. Basti pensare solo al fatto che Mosca, nel momento in cui non le conveniva più, ha calpestato le garanzie da essa stessa fornite all’Ucraina quando quest’ultima si fece indipendente. Relazionandoci con la Russia dobbiamo sempre tenere a mente che la sua geopolitica non si basa su un sistema di valori. Pertanto si tratta di un rapporto difficile. Loro sono nostri vicini, con cui abbiamo qualche buona relazione, ma sono vicini complicati con cui è difficile convivere, soprattutto se il vicino ha la tendenza a fagocitarti ogniqualvolta gliene si presenti l’opportunità.
LIMES Cent’anni fa l’impero degli Asburgo è crollato in seguito alla Grande guerra. Quali sono secondo lei le conseguenze ancora vive di quel conflitto?
CARLO Credo sia abbastanza chiaro che le conseguenze della Grande guerra siano oggigiorno assai più presenti e complicate di quelle derivanti dalla seconda guerra mondiale. Le conseguenze del secondo conflitto mondiale sono state accettate, digerite, e i trattati rispettati, mentre è mancato il tempo per implementare i trattati originati dalla Grande guerra. Alcuni di questi trattati comportano ancora oggi conseguenze per noi incredibilmente pericolose. Basti pensare per esempio al trattato di Sèvres, che è all’origine di tante diatribe oggi in Medio Oriente e di numerosi problemi di sicurezza con cui dobbiamo confrontarci.
Molti eventi conseguenti alla Grande guerra non sono stati ancora elaborati. L’Europa ha vissuto in quel periodo alcune delle più incredibili trasformazioni della sua storia e forse sarà necessario ancora molto tempo per approfondire a pieno quanto accaduto. All’epoca sul nostro continente vi erano cinque grandi imperi. Quattro sono stati spazzati via dalla guerra e il quinto, quello britannico, si è sgretolato solo qualche anno più tardi. L’intera struttura del continente è cambiata in maniera drastica. Per comprendere come l’Europa fosse disorientata all’epoca mi permetto sempre di sottolineare che in Austria subito dopo la guerra nessuno credeva che il paese potesse mai tornare a essere uno Stato effettivo, funzionante. Se si studiano i documenti di quel periodo si scopre che in Tirolo le discussioni più importanti erano tutte incentrate su quale strada dovesse intraprendere la regione, poiché nessuno immaginava la possibilità di uno Stato chiamato Austria.
LIMES Se a far crollare tutti quegli imperi è stato il nazionalismo, possiamo sostenere che anche questo appartiene al novero delle conseguenze non elaborate della Grande guerra?
CARLO Certamente. E la questione è relativamente di vecchia data. Il momento distruttivo del nazionalismo ha la sua origine nella rivoluzione francese, che è la radice della stragrande maggioranza dei problemi con cui oggi dobbiamo convivere. Oggi il nazionalismo sta rialzando la testa, ma sono piuttosto fiducioso che i sistemi democratici a cui abbiamo dato vita sappiano gestire il problema. Per il momento non mi sembra che il nazionalismo possa riprendere piede in maniera seria. Alcuni estremisti riescono anche ad entrare nei parlamenti – il che è un bene per la stabilità sociale e politica – senza però poter veramente conquistare il potere.
LIMES In quella guerra l’Italia sconfisse il vostro impero, dopo aver cambiato al volo alleanza. Che sentimenti prova verso il nostro paese?
CARLO Io ho una grandissima ammirazione per l’Italia, per la sua capacità di riuscire a terminare ogni guerra dalla parte dei vincitori. Lo credo seriamente, in tutta onestà. La prego di non interpretare le mie parole in maniera sarcastica.
Io adoro lo stile di vita italiano, se possiamo definirlo così. Si tratta di un modo molto umano di sopravvivere alle avversità, di comprendere la vita e saperne apprezzare le qualità. È questo che veramente, profondamente, ammiro dello spirito italiano.
LIMES Dopo la caduta del Muro si è riscoperta, anche in parti d’Italia, l’idea della Mitteleuropa. Ma mentre prima questa era centrata su Vienna, oggi lo potrebbe forse essere su Berlino. Che differenza c’è?
CARLO È semplicemente questione di punti di vista. Se chiedete cosa sia l’Europa centrale a dei rappresentanti dell’Unione Europea vi risponderanno che si tratta della Germania con qualche appendice nel Sud-Est del continente. Questo è il concetto dominante nelle teste dell’amministrazione europea, che però non ha assolutamente nulla a che fare con il concetto storico di Europa centrale ovvero col concetto di Mitteleuropa come lo vediamo noi da Vienna. Conoscendo la nostra storia e conoscendo i territori in cui si è sviluppata – tendenzialmente quelli che gravitano intorno al bacino del Danubio – sappiamo che si tratta di una regione comprendente diverse popolazioni con tradizioni e princìpi comuni, culturalmente omogenea, in cui tutti hanno sempre saputo lavorare insieme. Pertanto, l’Europa centrale come la vediamo noi, la nostra idea di Mitteleuropa, non ha nulla a che vedere con Berlino. Anzi, dovrebbe essere vista come potenziale contrappeso alla Germania. E non l’intendo in senso negativo. Se assumiamo che Berlino guida al momento la più grande potenza del continente – e fortunatamente una potenza tendenzialmente benevolente ovvero non più aggressiva verso molte parti del continente come in passato – è necessario comprendere che in Europa dobbiamo creare altri centri di potere. Non possiamo dipendere da uno solo.
LIMESRitiene la Germania un gigante benevolo anche dal punto di vista economico?
CARLO Anche. Se consideriamo come diversi paesi del nostro continente siano riusciti a svilupparsi grazie all’economia tedesca, accusarla di non essere benevolente sarebbe davvero inappropriato. Certo, ovvio, ci sono elementi di controllo e di supremazia nel modo in cui la Germania utilizza la propria posizione. Ma è la logica del potere.
LIMES La Germania può guidare l’Europa?
CARLO La Germania sta guidando l’Europa. È un fatto. Mi piace? No, non mi piace. Preferirei di gran lunga un bilanciamento tra diversi interessi che creino un’Europa comune, perché l’Europa è sempre stata forte nei momenti in cui ha saputo dar vita all’equilibrio della potenza invece che essere guidata da una sola persona o da un solo paese. In quei casi le conseguenze non sono mai state piacevoli.
LIMES Lei è stato parlamentare europeo, eletto come indipendente nelle liste del Partito popolare austriaco. Che impressione ebbe di quel parlamento? Insomma, ci si perde tempo o serve a qualcosa?
CARLO Io ho un’impressione molto positiva del Parlamento europeo. Quando ascolto le critiche nei confronti di questa istituzione, sebbene alcune siano effettivamente appropriate, mi rendo conto che nella stragrande maggioranza dei casi sono ingiustificate. Si tratta del parlamento in assoluto più attivo del continente, con il maggior numero di sessioni. Critiche? Spiacevole che non possa approvare leggi direttamente applicabili e che non abbia un diritto d’iniziativa efficiente. Tuttavia, guardando l’altra faccia della medaglia, nei parlamenti nazionali vediamo che la maggior parte del tempo viene dedicata proprio all’implementazione della legislazione europea. Ciò conferma il grande lavoro fatto a Bruxelles e a Strasburgo. Il parlamento europeo ha potere, un potere vero che spesso non vogliamo vedere o a causa di preconcetti negativi o per motivi di opportunità politica.
Purtroppo l’iniziativa legislativa, proprio per la mancanza di un siffatto potere del parlamento, spesso arriva dalla Commissione o dal Consiglio europeo. Questo dovrebbe cambiare. Tra tutte le istituzioni dell’Unione, il parlamento è quella veramente europea! La maggior parte dei suoi membri si considerano sinceramente europei e prendono decisioni in qualità di cittadini europei. Esattamente il contrario di ciò che avviene all’interno del Consiglio, nel quale prevalgono solo le logiche dell’interesse nazionale.
Il Consiglio e la presidenza europea sono le peggiori istituzioni nell’ambito dell’Ue, in quanto non decidono sulla base dell’interesse comune. Certo non voglio generalizzare, ma i fatti parlano chiaro. Secondo la visione dei padri fondatori dell’Europa unita, il Consiglio doveva essere una specie di seconda Camera – per quanto importante – coaudiovante il lavoro del Parlamento. Invece si è appropriato di prerogative legislative ed esecutive che non dovevano appartenergli. Così le cose non possono funzionare.
LIMES L’Europa sta diventando ogni giorno più multietnica, multiculturale, multireligiosa. Fino a che punto possiamo integrare gli stranieri? O dovremmo/potremmo assimilarli?
CARLO Mettiamola in questo modo: chiunque pensi che l’Europa fra vent’anni possa essere uguale a quella di oggi è assolutamente irrealista. Con le immigrazioni in arrivo l’Europa cambierà, ma è compito nostro lavorare affinché l’Europa preservi i suoi valori. Valori che devono rimanere la bussola del futuro sviluppo. Non possiamo permetterci di abbandonare la nostra storia e i nostri princìpi. Dobbiamo realisticamente digerire il fatto che i migranti arriveranno e saranno molti, molti di più di quanto visto fino ad oggi.
Io sono piuttosto sicuro che saremo in grado di gestire il problema. Ma se, e solo se, questo verrà gestito come progetto comune europeo anziché, come fino ad ora, attraverso una miriade di differenti approcci nazionali. Si tratta di un tipico problema che può essere risolto solo all’interno dell’ampio contesto europeo e non in ambiti nazionali. Perfino il caso della Germania ci dimostra che un paese, per quanto preparato, alla fine fatica a gestire tutto da solo. Inoltre, per il bene di tutti e per fare le cose in maniera sensata si deve subito chiarire la differenza tra migranti economici e rifugiati. È nostro dovere, come abbiamo sempre fatto in passato sulla base dei princìpi umanitari che condividiamo, accettare i rifugiati, ma non c’è alcuna necessità umanitaria sulla base della quale si debbano prendere tutti i tipi di migranti economici.
Vede, la direzione nella quale va il mondo oggigiorno mi spaventa un pochino. Credo sia ora di finirla, a causa della dilagante correttezza politica, d’evitare di parlare dei migranti facendoli semplicemente rientrare tutti nella stessa categoria. In tale maniera si arreca danno soprattutto a loro. Dobbiamo distinguere e sulla base delle distinzioni dobbiamo trovare il modo di gestire le varie priorità. Bisogna per esempio chiarire in maniera appropriata cosa significhi o meglio quali siano gli standard minimi per dichiarare sicuro un paese d’origine. In quanto sarà lì che molti migranti dovranno ritornare già solo per il fatto che potrebbe non esserci abbastanza spazio per loro in Europa. Non sarà facile. Sarà molto complicato, ma credo che le migrazioni siano assolutamente gestibili se verranno finalmente considerate un problema europeo.
LIMES Altezza Imperiale, lei pensa di poter un giorno tornare sul trono di imperatore d’Austria-Ungheria? Altrimenti toccherà forse a un suo figlio o nipote? O aspira al rango d’imperatore d’Europa?
CARLO Accidenti, sono davvero dispiaciuto d’aver perso la mia palla di cristallo alcuni giorni addietro e di non riuscire quindi a pronosticare il futuro! Quello che posso dire è di non vedere alcuna delle opzioni elencate dietro l’angolo. Pertanto non me ne occupo. Credo ci siano questioni assai più urgenti da gestire su scala europea o ai livelli a me più vicini, quali quelli della promozione della nostra identità e del nostro patrimonio culturale. Tuttavia, sono solito ripetere che le persone in politica troppo spesso usano due parole che non dovrebbero mai essere utilizzate: sempre e mai. Sono due parole che appartengono solo alle religioni e non hanno nulla da spartire con la politica. Certamente noi non sappiamo cosa ci riserva il futuro e cosa porterà alle future generazioni. Pertanto per me è assolutamente inutile speculare su tali questioni. D’altra parte, ovviamente, noi siamo un’eminente Famiglia politica e intendiamo rimanere tale.


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