mercoledì 13 febbraio 2019

L' ITALIA NAZIONALISTA: DALLA FRANCIA A ISTRIA E DALMAZIA - A proposito dei recenti "incidenti diplomatici" con Slovenia e Croazia un articolo di Limes On Line


Pubblicato su Limes On Line il 12 febbraio 2019
ITALIA E NAZIONALISMO
Il ministro della Giustizia francese ha annunciato che l’Italia ha presentato richiesta formale di estradizione di uno dei latitanti di estrema sinistra riparato Oltralpe durante gli anni di piombo. Nel frattempo, il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani si è scusato per i commenti sull’Istria e la Dalmazia italiane pronunciati a una commemorazione dei martiri delle foibe, sostenendo che le sue parole non equivalevano a una rivendicazione territoriale. Slovenia e Croazia avevano accusato il politico italiano di revisionismo storico.
Perché conta: Il filo rosso fra i due avvenimenti è il crescente ricorso al nazionalismo da parte dei politici italiani, al governo ma non solo. La richiesta di estradizione approfondisce lo scontro con Parigi a pochi giorni dal richiamo dell’ambasciatore francese in Italia e costituisce un nuovo capitolo di una querelle che ci divide da decenni. Il richiamo alle comunità italiane in Istria e Dalmazia si inserisce in una lunga storia di usi strumentali della memoria. Nessuno dei due fatti fa parte di una strategia geopolitica: serve ad aumentare consensi elettorali. Ma è il segnale della diffusione nella società di sentimenti nazionalisti, che peraltro contribuisce a surriscaldare i rapporti con i vicini.

L' ITALIA DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE 
Cessate le ostilità, l’allargamento a nord-est del nostro paese fu possibile in base agli accordi internazionali sottoscritti nel dopoguerra: il trattato di Saint-Germain del 1919, che ci assegnò Trentino e Alto Adige, e il trattato di Rapallo del 1920, che fissò il confine con il Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni.

Nel numero Quanto vale l’Italia :

Per togliere all’impero asburgico la componente italiana e arrivare a Trieste e a Trento si combatté fino alla prima guerra mondiale. Vienna fu forzata a gestire i rimasugli dell’impero ottomano a sud di Zagabria. Come potenza vincitrice nella Grande guerra, ovvero nella quarta guerra d’indipendenza, Roma abbracciò con gioia il principio di autodeterminazione dei popoli proposto da Woodrow Wilson – ed entusiasticamente sostenuto da Lenin in altri lidi – per sminuzzare il vecchio rivale asburgico, per qualche decennio perfino alleato nella Triplice Alleanza, specchio della carenza di orientamento strategico e della brama di riposizionamento in quello che fu il grande lago di Venezia. Quello sminuzzamento poteva essere interpretato da Wilson come la realizzazione dei princìpi di libertà e democrazia a stelle e strisce per disfarsi di strutture monarchiche incompatibili con il destino manifesto della futura potenza egemone dell’Occidente, mentre per l’Italia era il modo migliore per tentare d’applicare il principio del divide et impera in una regione di per sé caratterizzata da storiche diversità culturali, politiche ed economiche. A cento anni dalla fine della prima guerra mondiale è oramai lampante che l’Italia non ha saputo affermarsi nell’entroterra del lago veneziano e nelle antiche regioni romane del Norico e della Pannonia.
Fu l’esplodere del primo conflitto mondiale a mostrare la strategica urgenza di dominare le Alpi Retiche. Solo allora il governo italiano comprese che per ottenere tale risultato doveva rompere con l’Austria-Ungheria, padrona delle Alpi orientali. Nella primavera del 1915 il Regno d’Italia abbandonò gli Imperi centrali in favore della Triplice intesa e il ministro degli Esteri Sidney Sonnino ottenne dai nuovi alleati la promessa di annessione del Tirolo cisalpino, scolpita nell’articolo 4 del patto di Londra. Quanto riconosciuto al termine della guerra dal trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919), nonostante la vittoria mutilata. La Venezia Tridentina, dizione coniata nel secolo precedente dal glottologo Graziadio Isaia Ascoli, diveniva ufficialmente italiana. Il Regno si spingeva perfino oltre lo spartiacque alpino attraverso il possesso del Comune di San Candido, presso le sorgenti del fiume Drava, affluente del Danubio.
Durante il ventennio fascista, Roma provò a trasformare in strategica l’acquisizione territoriale. Benito Mussolini decise la forzata e dolorosa assimilazione dei germanofoni dell’Alto Adige. Obiettivo ultimo era controllare la regione e la popolazione che vi abitava, ponendo un concreto diaframma tra la transalpina area germanica e il resto del paese.

Carta di Laura Canali, in esclusiva a colori su Limesonline.

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