giovedì 13 luglio 2017

IL VERTICE DI TRIESTE E FRONTEX NON POSSONO SODDISFARE L' ITALIA - PERCHE' L' ITALIA HA PERSO I BALCANI - Articoli di LimesOnLine


FRONTEX, ITALIA E MIGRANTI
Il vertice di Frontex su Triton si è chiuso con la promessa di costituire un gruppo di lavoro per identificare cosa può essere rivisto a livello operativo della missione. Non sono stati fissati modi e tempi di una revisione che, una volta completata, andrebbe sottoposta all’approvazione degli stessi governi che sinora hanno lasciato la gestione dei migranti all’Italia.
La questione è anche stata al centro del trilaterale di Trieste fra Gentiloni, Merkel e Macron, che hanno ribadito la necessità della coesione tra membri Ue sul dossier migranti. Nella sostanza non è però stata data alcuna soddisfazione alle richieste precipue di Roma, su tutte l’apertura dei porti di altri paesi membri allo sbarco dei migranti. Anzi, il presidente francese ha ribadito la sostanziale differenza tra profughi di guerra e “migranti economici”, confermando il No di Parigi all’apertura dei propri scali marittimi.
Come ha affermato il presidente del Consiglio italiano, che pure si è detto soddisfatto dello spirito solidale verso Roma, quest’ultima non può considerare sufficienti i risultati raggiunti. 

DIALOGO UE-BALCANI
Ieri a Trieste è andato in scena il vertice sui Balcani Occidentalicon l’obiettivo di porre le basi per l’integrazione economica dell’area e dunque creare le condizioni affinché la regione balcanica, sottoposta alla pressione geopolitica di Mosca e Ankara, si consolidi nell’area d’influenza dell’Occidente. Ma le spinte centrifughe, a partire dalla ritrosia di Albania e Kosovo circa la costituzione di un’area integrata facente inevitabilmente perno sulla Serbia, al pari delle lacune nei requisiti democratici, complicano l’integrazione e diluiscono le possibilità della loro entrata nell’Ue nel prossimo futuro, come ha dichiarato il commissario europeo Johannes Hahn.
A proposito di Italia e Balcani: come li abbiamo persi? Ha scritto su Limes Paolo Quercia:
Sul campo abbiamo perso posizioni commerciali, passando da primo a secondo partner (dopo la Germania) in molti paesi.
La presenza bancaria si è buona parte ritirata e South Stream, dopo i fatti ucraini, è stato definito un investimento non strategico.
Il soft power italiano si è in parte eroso e ora che tornano gli scricchiolii geopolitici non abbiamo alcuna strategia significativa per mettere in sicurezza l’area.
La creazione di una euroregione adriatico-ionica è stata una buona iniziativa, ma con tutto il rispetto per camere di commercio, università, municipalità ed enti locali non sostituisce una politica estera regionale (a meno che non vogliamo intendere con questo termine una politica esterna delle regioni italiane).
Ora i Balcani appaiono nuovamente una fonte di problemi e di pericoli: c’è il rischio di un ritorno dei conflitti come conseguenza della nuova competizione geopolitica tra interessi tedeschi, turchi, russi e americani; c’è un jihadismo che avanza, prodotto di una radicalizzazione degli islam balcanici e delle diaspore balcaniche in Europa (Nord-Est italiano compreso); c’è il latente rischio di una nuova crisi migratoria, di un secondo flusso dalla Turchia attraverso l’Albania e il basso Adriatico.
Ma come hanno fatto i Balcani a ritrasformarsi da paradiso delle imprese italiane in fonte di vecchie e nuove minacce?



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