venerdì 7 luglio 2017

G20 di Amburgo: Il debutto dell’egemonia tedesca - SUMMIT BALCANI A TRIESTE: affermazione che i Balcani Occidentali sono area d' influenza tedesca. - Articolo di Limes


A pochi giorni di distanza si svolgeranno il G20 di Amburgo e il Summit sui Balcani Occidentali a Trieste, nell' ambito del cosiddetto "Processo di Berlino" che punta all' infrastrutturazione dei balcani in direzione di una integrazione europea.

Sul primo pubblichiamo un articolo appena uscito sull' edizione nazionale di Limes On Line mentre sul secondo da Trieste ci spingiamo in un pronostico: si vedrà la netta affermazione che i Balcani Occidentali sono da considerarsi "area d' influenza" tedesca con la Germania che cercherà di contrastare altre pretese egemoniche.
Naturalmente dietro una facciata di grande cordialità e diplomazia.


Del resto è risaputo che la disgregazione della ex-Jugoslavia è stata accelerata dall' appoggio e riconoscimento della Germania a Slovenia e Croazia (clicca QUI) e che l' intera area era considerata facente parte dell' "area del marco" con la valuta tedesca che aveva una sorta di "doppia circolazione".

Trieste come è noto ed evidente dalla stessa mappa è esattamente sulla linea di faglia fra area a diretta egemonia tedesca (Mitteleuropa) e periferia Sud.
Forze attrattive divergenti si esercitano sulla nostra città e soprattutto sul Porto Franco Internazionale  richiamato a nuova vita dal recentissimo Decreto Attuativo e candidato a terminal marittimo della Nuova Via della Seta e snodo intermodale nave-treno.


La situazione è complessa ma molto interessante e gravida di sviluppi geoeconomici e geopolitici. anche per Trieste.

Ecco l' articolo odierno di Limes sul G20:



Il debutto dell’egemonia tedesca
di Matteo Scotto

Al G20 di Amburgo culmina un percorso durato oltre settant’anni: Berlino ha preso coscienza di sé ed è pronta a esercitare il suo ruolo di guida, non solo dell’Europa. Grazie anche a Trump e Macron.
I paragoni con il Secondo e Terzo Reich sono privi di senso.


Molti stenteranno a crederlo e soprattutto a dirlo (tedeschi in primis), ma il Wendepunktil punto di svolta, è finalmente arrivato.

Al vertice del G20 di Amburgo, la Germania giunge alla tappa nodale di un percorso, solcato da conseguenze inattese e durato più di settant’anni, che l’ha portata, uscita dal tunnel della Machtvergessenheit (oblio del potere), a prender coscienza di sé. Quindi ad attrezzarsi, più per debolezza d’altri che per volontà propria, da grande potenza che mira a sufficienti mezzi economici, militari e culturali in grado di esercitare un’influenza su scala globale. Lo stesso travagliato percorso per cui si era guadagnata il titolo dell’Economist di “egemone riluttante”, che esprimeva la ritrosia tedesca nell’esercitare il proprio ruolo di leadership.

Le parole della cancelliera Angela Merkel dopo il G7 di Taormina, “noi europei dobbiamo prendere veramente in mano il nostro destino”, insieme alla scomparsa di Helmut Kohl, ultimo cancelliere ancora in vita del secolo breve sembrano essere lì apposta per marcare tale mutamento.

La Westbindung, il legame indissolubile di Berlino con un certo Occidente, unitario e novecentesco – imposto in larga misura dagli Stati Uniti (in minor misura da Francia e Regno Unito) nella seconda metà del XX secolo – ha cambiato definitivamente veste.

Ciò non vuol dire che la Germania smetterà di essere e guardare a ovest, suo punto di partenza e arrivo. Vi guarderà a pieno titolo dal centro (Mittellage) e da qui si muoverà su base multilaterale nello scacchiere globale. Pertanto, l’Unione Europea sarà l’unica piattaforma possibile e irrinunciabile da cui e con cui disegnare siffatta strategia. Un cambiamento di paradigma che convalida la pluralità dell’Occidente, con nuovi modelli di “essere occidentali” che rifuggono la dicotomia est-ovest ereditata dal XX secolo.


Sarebbe fuorviante parlare di ritorno. La Germania, salvo e in modo più limitato nel regno di Federico II di Prussia (il monarca filosofo, detto “il Grande”), non è mai stata una potenza egemone nello stesso modo in cui oggi si appresta a fare.

Qui sta la grande novità del presente. Il peso della damnatio del secolo scorso ha condotto, dentro e fuori dal mondo tedesco, a svariate e talvolta confuse interpretazioni del ruolo della Germania tra egemonia e equilibrio.

La Germania del Novecento, tra Secondo e Terzo Reich, con la parentesi della Repubblica di Weimar, non era una potenza egemone, come solo Francia e Stati Uniti nella storia lo sono stati; ciò denota l’originalità della Germania di oggi.

Con egemonia va inteso un primato su altre entità statuali (o sovrastatuali) non già prettamente attivo, in grado di esercitare hard power, bensì anche e soprattutto passivo, che includa un soft power in grado di condizionare di riflesso altri attori.

Due erano le precondizioni affinché maturasse il momento propizio.

In primo luogo, l’elezione di un presidente degli Stati Uniti nei cui confronti fosse possibile mettersi apertamente di traverso, senza destare le preoccupazioni della comunità internazionale – cosa che con Obama, nonostante le incomprensioni, non era possibile fare. L’elezione di Donald Trump e la sua idea di mondo, in antitesi con la nozione di progresso plasmata da un Occidente tutto europeo, non potevano essere a tal proposito più adatte allo scopo.

Secondariamente, era quanto mai necessario un riallineamento dell’asse franco-tedesco, facilmente pronosticabile grazie all’elezione di Emmanuel Macron all’Eliseo. La Germania ha bisogno della Francia per non essere sola in Europa, per condividerne la guida e le responsabilità che essa comporta, in ultimo legittimando tale ruolo e collimando, almeno sulla carta, l’interesse europeo con quello tedesco.

Ecco dunque i pianeti allineati per permettere alla cancelliera Merkel di superare i confini europei e di impegnarsi su tre fronti fondamentali per una grande potenza contemporanea: Russia, Cina, Africa. Teatri o attori da cui partono i vettori che determineranno, chi in un modo chi nell’altro, le sorti del mondo degli anni a venire. Alla luce della relazione speciale con la Russia che stenta a sfibrarsi nonostante la crisi ucraina, l’impegno in Africa con il piano Merkel e dei rapporti non solo economici con la Cina, Berlino ha dimostrato proattivamente di voler giocare nella categoria dei grandi.

Restano alcune questioni aperte. Anzitutto in Europa, dove alcuni paesi mal digeriscono il ruolo di perno della Germania, a sua volta dubbiosa su come conciliare solidarietà e responsabilità nella gestione dell’Ue. Berlino dovrà far capire ai partner europei con chiarezza, tra egemonia e equilibrio, dove vuol stare. Dando prova di quell’arte della diplomazia che è solo, appunto, delle grandi potenze.


1 commento:

  1. Di una egemonia Tedesca, che guarda alla Mitteleuropa e tesse rapporti economici con Russia e Cina....noi qua a Trieste abbiamo solo che da guadagnarci, sia come porto che come no tax area e come centro finanziario...sarebbe una Nuova Vita...rinascerebbe la Trieste emporiale !!!!

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